Dopo il prologo (fuori abbonamento) in Scala, laVerdi ha aperto ieri sera in un
Auditorium affollato la nuova stagione 13-14, la stagione dei suoi 20 anni.
Jader Bignamini, che si sta sempre più affermando
come Direttore dopo aver esordito molti anni fa nella seconda fila dei fiati
(al clarinetto piccolo) dirige un concerto interamente dedicato al musicista da cui l’Orchestra ha preso il
nome.
Programma
nutrito, che presenta brani da ben sette opere verdiane, scelte fra le meno rappresentate
(non dico meno conosciute): di esse viene eseguita la Sinfonia/Ouverture mentre
Lucia Aliberti ne canta diverse arie-cabalette.
La sequenza
dei brani percorre una specie di pendolo temporale, muovendo dal Regno del 1840 fino alla Forza del 1862 (passando per la Luisa del‘49, l’Attila del ’46 e l’Aroldo del ’57) per poi ripiegare (via Vespri, 1855) al pieno della galera (Foscari, 1844).
Parecchie di
queste arie nelle rispettive opere sono accompagnate da interventi più o meno
corposi di cori e/o di altri personaggi, che in un concerto faticano a trovare
posto. Così niente coro, niente Wurm, Attila, Godvino e Pisana: come spesso
accade in questi casi, si è ovviato al problema con tagli e/o passaggi lasciati
ai soli strumenti. Ma nulla di grave: in un’antologia la cosa è del tutto
sopportabile.
Lucia Aliberti, che tornava a
cantare con laVerdi dopo qualche anno,
ha ottenuto un caldo successo, a dispetto di una prestazione che – in assoluto
– non si può certamente definire indimenticabile. Il 50enne soprano siciliano,
da 30 anni sulle scene e dai multiformi interessi nel campo della musica, ha
mostrato grande sensibilità interpretativa, ma la voce è quella che è: calda e
flautata nei passaggi in mezzo-forte, si fa piuttosto dura e metallica in quelli a piena voce (vedi la Odabella) e fatica assai a passare nelle note più gravi.
Comunque, data
la particolare caratteristica della serata (per lei, una cosa a metà fra il
recital e la rimpatriata fra amici) il pubblico non le ha fatto mancare il
trionfo, impreziosito da ripetuti omaggi floreali. Così, chiuso il programma
ufficiale, ecco ben tre bis, dove
ancora Verdi (Si colmi il calice
della Lady e Libiamo di Violetta) ha
incastonato un simpatico omaggio a Lehar (Vilja,
oh Vilja della Glawari).
Bignamini ha diretto con
grande sicurezza e attenzione ai dettagli, trionfando nei pezzi forti (che l’Orchestra conosce a memoria, come la Forza e i Vespri)
ma sapendo cavare il meglio anche da quelli meno consueti (ad esempio l’Aroldo,
dove Alex Caruana si è distinto con la
sua tromba). Per il giovane Direttore un bel riscaldamento verdiano in vista del
suo prossimo impegno, proprio a casa del Cigno,
nel Simone.
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Questo
concerto verrà replicato oggi (venerdi) e domenica, come era regola fino alla
scorsa stagione. Da questa però il palinsesto cambia: 17 dei 38 concerti
verranno offerti in due sole serate (venerdi e domenica, con qualche eccezione)
anziché tre.
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Per completare
quest’orgia verdiana, allego un corposo documento su Verdi, scritto a quattro mani da Rodolfo
Celletti, Luca Ronconi, Marcello Conati e Giampiero Tintori, comparso sul numero di dicembre 1986 di Musica&Dossier.
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