Un gran temporale (più adatto per la
verità allo scenario della Walküre…) scatenatosi su Milano a metà pomeriggio –
proprio durante la consueta ed efficace presentazione di Elisabetta Fava - ha introdotto la seconda giornata del Ring scaligero.
Essendo stato dato lo scorso novembre,
nel quadro della quadriennale programmazione, del Siegfried si aveva un ricordo
ancora abbastanza a fuoco e la presenza dello stesso cast di allora (Uccellino
escluso) ha anche permesso di fare qualche confronto a distanza.
Ovviamente le bizzarrìe della regìa
sono rimaste tutte al loro posto e non mette conto rigirare il coltello nella
piaga. Meglio – a mio personale giudizio – le cose sono andate sul fronte della
musica, pur con qualche evidente scompenso.
Barenboim ha un filino
esagerato con i tempi, estremizzando lentezze e vivacità: già nella scena della
riforgiatura di Nothung e soprattutto poi nel viaggio di Siegfried attraverso
il fuoco, dove il tempo era proprio quello di uno che corre all’impazzata per
non… scottarsi (smile!) L’orchestra
ha avuto qualche sbandamento, come ad esempio nel Preludio del terzo atto, dove
per un po’ la voce di tube e fagotti è sembrata scomparire. Poi mi chiedo come
mai il corno di Siegfried (parlo del momento topico del second’atto) fosse
dislocato al Cordusio invece che in prossimità della scena: si vedeva Siegfried
soffiare poderosamente nel suo strumento al proscenio, mentre il suono pareva
arrivare dall’aldilà… Come già nella precedente edizione (sarà colpa di
Cassiers o di Barenboim?) l’interprete dell’Uccellino, invece che in alto (che
so, in uno dei palchi, oppure appesa a qualche trespolo) era dislocata in buca,
ottenendo l’effetto comico di un volatile che canta in un pozzo… Alla
conclusione del primo atto manca del tutto l’effetto-sorpresa della Nothung che
infrange l’incudine: qui per responsabilità soprattutto del regista, ma forse
un po’ anche del maestro, che scatena le trombe e poi tutta l’orchestra,
coprendo del tutto il RE dello Schwert
di Siegfried. Ma anche poco prima lo straordinario effetto delle linee di
Siegfried e Mime era stato rovinato dall’assurda postura richiesta al nano,
fatto appendere braccia e gambe ad una sbarra orizzontale: la sua voce proprio
non si sentiva.
Per il resto buone notizie: Ryan – a parte un paio di calate – ha confermato la sua capacità
di tenuta fino in fondo (forse ha dato tutto sapendo che nella Götterdämmerung
verrà sostituito!); la Theorin è
decisamente più in palla di quanto non fosse al suo debutto lo scorso novembre
(lo si era già notato fin dal recente Crepuscolo, oltre che dalla recentissima
Walküre); anche la Larsson è stata
un’Erda più accettabile, anche se non indimenticabile, rispetto a 7 mesi fa.
Note assolutamente positive per Kränzle, credo il migliore nel complesso (e di certo non mi aspetto di essere
smentito domani) ma anche per il solido veterano Stensvold, di sicuro il più convincente (tutto è relativo…) dei tre
Wotan passati di qui in altrettante serate. Così dicasi di Bronder, un Mime efficace nel canto e nella recitazione (a dispetto
di… Cassiers). Senza infamia, ma con poca lode Tsymbalyuk, un Fafner che non fa paura (smile!) Mari Eriksmoen
ha fatto bene la sua parte ornitologica, e non è certo colpa sua se doveva cantare
da una fossa invece che da una fronda.
In definitiva, che dire? Personalmente
l’emozione che provo ascoltando musica come questa potrebbe essere rovinata solo
da interpretazioni davvero sciagurate; in questo caso Wagner è stato messo in condizione
di fare in pieno il suo dovere!
Oggi riposo – per gli addetti – e maratona cinematografica
per i… paganti.
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