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29 giugno, 2013

Un po’ di Bayreuth a Milano (seconda pausa)


Per occupare il tempo fra la seconda e l’ultima giornata del Ring, la Scala si è nuovamente trasformata in sala cinematografica, dove è stato proiettato il monumentale (8 ore!) Wagner di Tony Palmer. Il regista in persona si è scomodato per introdurlo, più che altro raccontando aneddoti sulla produzione, in puro british humor. I dieci episodi in cui si suddivide il film sono stati raggruppati in tre tempi, con due intervalli.  

Un’opera assai pretenziosa che impegna un cast (soprattutto ) britannico di prim’ordine, con Burton-Redgrave (Richard-Cosima) e il trio di sir (Laurence Olivier, John Gielgud e Ralph Richardson): quindi recitazione a dir poco superlativa.

Film quasi esclusivamente incentrato sulle vicende biografiche di Wagner, mostrate in dettaglio a partire dagli anni di Dresda, con qualche flash-back sulla fuga dalla Russia, fino alla morte a Venezia, e con largo spazio ovviamente dedicato a Ludwig di Baviera.

Abbastanza poco invece sugli aspetti relativi all’estetica wagneriana e ai contenuti delle sue opere. Molta sua musica, ovviamente, a far da colonna sonora.

Una ricostruzione, mi pare, abbastanza fedele delle controverse attitudini del musicista: fondamentalmente un mangia-pane-a-tradimento, oltre che incallito antisemita, ma che si sentiva (e non a torto) investito di una nobile missione, quella di servire l’Arte con la A maiuscola e in definitiva di fare del bene all’umanità, che perciò non poteva negarli nulla…   
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In attesa di Götterdämmerung ci si può divertire al gioco di prendere Wagner in castagna… con qualche domanda impertinente.

Perché le Norne ci raccontano di Wotan che cede un occhio per bere alla fonte della sapienza (sotto l’Yggdrasil) mentre abbiamo sempre saputo che Wotan cedette un occhio per avere in moglie Fricka?

Perché Brünnhilde, che conosce alla perfezione la natura dell’Anello, la maledizione che matematicamente colpisce chi lo possiede o lo desidera e la vitale importanza che avrebbe (per l’universo intero) la sua restituzione alle acque, non invita l’ignaro Siegfried a liberarsene, e invece lo accetta in dono e poi se lo tiene testardamente per sé, invece di riconsegnarlo alle Figlie del Reno (cosa che farà solo quando sarà troppo tardi…)? 

Perché Hagen afferma che Siegfried ha sottomesso i Nibelunghi, quando il ragazzo non sa nemmeno chi siano?

Qual è il potere farmacologico del filtro preparato da Hagen (e che Gutrune fa bere a Siegfried)? Come mai Siegfried a volte ricorda bene e altre volte ricorda male (oppure dimentica) fatti e persone senza alcuna logica, che non sia quella funzionale all’Autore per portare avanti il suo dramma?

Visto che il Tarnhelm di Alberich è già stato utilizzato con successo da Fafner, perché mai non potrebbe esserlo ugualmente da parte di Gunther (ad esempio per aiutarlo ad attraversare il fuoco senza problemi)? Ciò consentirebbe di evitare tutta la pericolosa manfrina della sostituzione con Siegfried, e tutte le conseguenze che ne derivano.   

Perchè mai Siegfried, arrivando sulla rupe di Brünnhilde per sequestrarla, sotto le mentite spoglie di Gunther, suona col corno il suo proprio inconfondibile tema? E subito dopo, come mai, pur ricordando benissimo di aver preso l’Anello dalla caverna di Fafner, non lo riconosce quando Brünnhilde glielo oppone per difendersi e non si domanda come mai sia al dito della donna?  E ancora: come mai Siegfried, che opera sotto le spoglie di Gunther, dopo aver sequestrato per lui Brünnhilde ed averle strappato l’Anello, affermando che appartiene di diritto al ghibicungo, invece di consegnarlo al sodale insieme alla preda, se lo tiene al dito, innescando così tutto il putiferio che porterà alla drammatica conclusione del Ring?

Brünnhilde è stata derubata dell’anello da Siegfried travestito da Gunther e la mattina dopo passa diverso tempo in barca (per tornare a Gibichheim) con il vero Gunther: perché mai non si accorge che costui non ha più l’anello strappatole la sera prima?

E altre piccole contraddizioni si potrebbero elencare. Quali le cause possibili? Certamente la bizzarra genesi del Ring, con i testi scritti quasi a ritroso, e i conseguenti problemi di coerenza fra essi; poi, l’impresa non facile di dover correttamente riannodare nell’ultima giornata l’enorme numero di fili pendenti che le precedenti opere hanno generato; oltre al fondamentale problema derivante dalla necessità (per Wagner) di quasi stravolgere il significato della Siegfrieds Tod al momento di farne una cosa sostanzialmente e profondamente diversa (dal punto di vista estetico, ma non solo) da ciò che era stato originariamente concepito a partire dal farraginoso Nibelungenlied.

Insomma, tutto ciò ha comportato fatalmente l’emergere di piccole o grandi sfasature e/o incongruenze, che solo la straordinaria qualità della musica fa passare in secondo piano. Perciò meglio dimenticarsi di quelle, e prepararsi a godere di questa…

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