Per occupare il tempo fra la seconda e
l’ultima giornata del Ring,
la Scala si è nuovamente trasformata in sala cinematografica, dove è stato
proiettato il monumentale (8 ore!) Wagner di Tony Palmer. Il regista in persona si è
scomodato per introdurlo, più che altro raccontando aneddoti sulla produzione,
in puro british humor. I dieci episodi in cui si
suddivide il film sono stati raggruppati in tre tempi, con due intervalli.
Un’opera assai pretenziosa che impegna
un cast (soprattutto ) britannico di prim’ordine, con Burton-Redgrave
(Richard-Cosima) e il trio di sir
(Laurence Olivier, John Gielgud e Ralph Richardson): quindi recitazione a dir
poco superlativa.
Film quasi esclusivamente incentrato
sulle vicende biografiche di Wagner, mostrate in dettaglio a partire dagli anni
di Dresda, con qualche flash-back sulla fuga dalla Russia, fino alla morte a
Venezia, e con largo spazio ovviamente dedicato a Ludwig di Baviera.
Abbastanza poco invece sugli aspetti
relativi all’estetica wagneriana e ai contenuti delle sue opere. Molta sua
musica, ovviamente, a far da colonna sonora.
Una ricostruzione, mi pare, abbastanza
fedele delle controverse attitudini del musicista: fondamentalmente un
mangia-pane-a-tradimento, oltre che incallito antisemita, ma che si sentiva (e
non a torto) investito di una nobile missione, quella di servire l’Arte con la
A maiuscola e in definitiva di fare del bene all’umanità, che perciò non poteva
negarli nulla…
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In attesa di Götterdämmerung ci si può divertire al gioco di prendere Wagner in
castagna… con qualche domanda impertinente.
Perché le Norne ci raccontano di Wotan
che cede un occhio per bere alla fonte
della sapienza (sotto l’Yggdrasil) mentre abbiamo sempre saputo che Wotan
cedette un occhio per avere in moglie Fricka?
Perché Brünnhilde, che conosce alla
perfezione la natura dell’Anello, la maledizione che matematicamente colpisce
chi lo possiede o lo desidera e la vitale importanza che avrebbe (per
l’universo intero) la sua restituzione alle acque, non invita l’ignaro Siegfried
a liberarsene, e invece lo accetta in dono e poi se lo tiene testardamente per
sé, invece di riconsegnarlo alle Figlie del Reno (cosa che farà solo quando
sarà troppo tardi…)?
Perché Hagen afferma che Siegfried ha
sottomesso i Nibelunghi, quando il ragazzo non sa nemmeno chi siano?
Qual è il potere farmacologico del
filtro preparato da Hagen (e che Gutrune fa bere a Siegfried)? Come mai
Siegfried a volte ricorda bene e altre volte ricorda male (oppure dimentica) fatti
e persone senza alcuna logica, che non sia quella funzionale all’Autore per
portare avanti il suo dramma?
Visto che il Tarnhelm di Alberich è già stato utilizzato con successo da Fafner,
perché mai non potrebbe esserlo ugualmente da parte di Gunther (ad esempio per aiutarlo
ad attraversare il fuoco senza problemi)? Ciò consentirebbe di evitare tutta la
pericolosa manfrina della sostituzione con Siegfried, e tutte le conseguenze
che ne derivano.
Perchè mai Siegfried, arrivando sulla
rupe di Brünnhilde per sequestrarla, sotto le mentite spoglie di Gunther, suona
col corno il suo proprio inconfondibile tema? E subito dopo, come mai, pur
ricordando benissimo di aver preso l’Anello dalla caverna di Fafner, non lo
riconosce quando Brünnhilde glielo oppone per difendersi e non si domanda come
mai sia al dito della donna? E ancora:
come mai Siegfried, che opera sotto le spoglie di Gunther, dopo aver
sequestrato per lui Brünnhilde ed averle strappato l’Anello, affermando che
appartiene di diritto al ghibicungo, invece di consegnarlo al sodale insieme alla
preda, se lo tiene al dito, innescando così tutto il putiferio che porterà alla
drammatica conclusione del Ring?
Brünnhilde è stata derubata
dell’anello da Siegfried travestito da Gunther e la mattina dopo passa diverso
tempo in barca (per tornare a Gibichheim) con il vero Gunther: perché mai non
si accorge che costui non ha più l’anello strappatole la sera prima?
E altre piccole contraddizioni si
potrebbero elencare. Quali le cause possibili? Certamente la bizzarra genesi
del Ring, con i testi scritti quasi a ritroso, e i conseguenti problemi di
coerenza fra essi; poi, l’impresa non facile di dover correttamente riannodare
nell’ultima giornata l’enorme numero di fili
pendenti che le precedenti opere hanno generato; oltre al fondamentale
problema derivante dalla necessità (per Wagner) di quasi stravolgere il
significato della Siegfrieds Tod al
momento di farne una cosa sostanzialmente e profondamente diversa (dal punto di
vista estetico, ma non solo) da ciò che era stato originariamente concepito a
partire dal farraginoso Nibelungenlied.
Insomma, tutto ciò ha comportato
fatalmente l’emergere di piccole o grandi sfasature e/o incongruenze, che solo
la straordinaria qualità della musica fa passare in secondo piano. Perciò
meglio dimenticarsi di quelle, e prepararsi a godere di questa…
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