Aldo
Ceccato
continua la sua presentazione a ritroso
delle Sinfonie di Dvorak: siamo
arrivati al sesto appuntamento, quindi alla… Quarta.
Le prime quattro sinfonie erano state
dall’Autore tenute nel cassetto e nemmeno destinate alla pubblicazione
(avvenuta postuma) perché considerate poco più che degli studi, primi tentativi
di affrontare un genere impegnativo come quello sinfonico. Probabilmente influì
su questa decisione anche l’esempio di Brahms, che solo dopo infiniti
tergiversare si era deciso al gran passo. E infatti ben quattro delle ultime
cinque sinfonie di Dvorak verranno composte dopo l’esordio sulla scena
sinfonica dell’amico e protettore amburghese.
Questa Quarta però mostra ancora e chiaramente l’influsso wagneriano e
bruckneriano (che poi si disperderà, proprio in conseguenza del rafforzarsi del sodalizio di
Dvorak con l’anti-Wagner-Bruckner istituzionale) e anche un certo tasso di enfasi
e di affettazione. Ne è prova lampante l’impiego dei timpani, una sorta di obbligato:
salvo pochi momenti di quiete (soprattutto nel secondo movimento) non fanno che
imperversare in modo invadente, tanto che lo strumentista addetto è
probabilmente il più impegnato fra tutti i suoi colleghi!
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L’iniziale Allegro in RE minore, in 3/4, è strettamente strutturato in forma-sonata. Su un sommesso pedale
degli archi, sospeso fra tonica e sensibile, i legni espongono un’introduzione
marziale (che dal RE minore fa una divagazione al FA maggiore) prima di dare
spazio al tema principale (Grandioso)
canonicamente di piglio maschio ed eroico:
Tema che sfocia in una
conclusione simile a quella dell’introduzione, ma qui in LA maggiore Da dove si
modula verso il secondo tema che, sempre nel rispetto delle regole codificate
fin dai tempi di Haydn, è elegiaco e cantabile, in SIb maggiore:
Il tema svaria al FA maggiore,
poi viene reiterato con maggiore cipiglio (e un’ottava più in alto, come da
consuetudine!) in SIb e chiude modulando abbastanza arditamente sul MI,
dominante di LA. A proposito di regole, l’esposizione
prevede anche il segno di da-capo per
il classico ritornello: in questo caso il LA serve a preparare il ritorno al RE
minore per la ripetizione. Al secondo passaggio, inizio dello sviluppo, riudiamo l’inciso marziale
dell’introduzione che dal MI si sposta a DO#, poi a FA#, per modulare
ulteriormente al SI maggiore (!) dove ritroviamo direttamente il secondo tema,
che nello sviluppo la fa da padrone, contrapponendosi, più che al primo tema,
al motivo marziale dell’introduzione. Nella ricapitolazione riudiamo il primo tema assai sviluppato e modulante
(soprattutto su LA) e il secondo che ricompare canonicamente trasposto nel modo
maggiore della tonalità d’impianto. È ancora il primo tema a riprendere i
sopravvento e a chiudere enfaticamente, dopo un ritorno dell’inciso marziale,
il movimento.
L’Andante sostenuto e molto cantabile si apre con… Tannhäuser
(contrappuntato da Bruckner!) È comunque il movimento più ispirato della
sinfonia, con le sue atmosfere cullanti, che sfociano nella bellissima cadenza
finale.
Lo Scherzo (Allegro feroce,
RE minore) è il movimento che ha reso (relativamente famosa) la Sinfonia, ma è
anche il più enfatico ed affettato: è il 6/4 ma dopo l’esposizione iniziale:
il tema torna in RE maggiore con un ritmo binario, marziale, e con gli schianti sul tempo debole, invero pacchiani.
Il Trio (DO maggiore, 2/4) ha un tema se possibile ancora più dozzinale e fracassone:
Poi ha un ripiegamento più intimistico, prima di sfociare nella ripresa dello Scherzo (RE minore) che sbocca poi in un crescendo fino alla Coda che è percorsa ancora enfaticamente dal tema del Trio, ora in RE maggiore, prima di incupirsi nuovamente fino allo schianto conclusivo in RE minore.
il tema torna in RE maggiore con un ritmo binario, marziale, e con gli schianti sul tempo debole, invero pacchiani.
Il Trio (DO maggiore, 2/4) ha un tema se possibile ancora più dozzinale e fracassone:
Poi ha un ripiegamento più intimistico, prima di sfociare nella ripresa dello Scherzo (RE minore) che sbocca poi in un crescendo fino alla Coda che è percorsa ancora enfaticamente dal tema del Trio, ora in RE maggiore, prima di incupirsi nuovamente fino allo schianto conclusivo in RE minore.
Il finale è un Allegro con brio
(2/4) in RE minore, che si apre con un tema ancora duro e marziale. Il secondo,
in RE maggiore, è invece assai cantabile e sereno:
La chiusa richiama vagamente quella della Fantastica di Berlioz.
La chiusa richiama vagamente quella della Fantastica di Berlioz.
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Vibrante ma non pacchiana l’esecuzione
di Ceccato, che mi pare aver smussato gli aspetti più… plateali dell’opera,
mettendone in evidenza più i tratti boemi che quelli germanici. Bravi tutti i ragazzi, con la rediviva Viviana ai timpani giustamente chiamata per prima da Ceccato all'applauso singolo.
Adesso l’atmosfera trascolora
lentamente da Dvorak (complice una variazione al programma originario, che prevedeva
il suo concerto per violoncello, poi cancellato)
a Brahms, del quale vengono eseguite
otto Danze
ungheresi: dapprima cinque (17-21) orchestrate da Dvorak e per chiudere
le tre più famose (la 1 orchestrata dallo stesso Brahms e le 5 e 6 da Martin Schmeling). Qui una storica e
trascinante esecuzione di Antal
Dorati.
Ceccato si permette (a quasi 80 anni
tutto gli è concesso, soprattutto con musica come questa!) di fare il gigione:
nella n°6 raggiunge l’apice con un’estremizzazione dei tempi (sostenuto-vivace) davvero al limite
della macchietta, e dando gli attacchi con urletti da circo. Ma il pubblico va
giustamente in delirio. Così la n°1 viene ripetuta come bis, prima che il Maestro gridi un viva la musica! che manda tutti a casa felici e contenti.
Il penultimo concerto sarà diretto dal
redivivo (e Direttore Principale Ospite
di fresca nomina) Gaetano d’Espinosa.
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Con l’occasione allego un paio di documenti
riguardanti Dvorak, pubblicati tempo fa su Musica&Dossier:
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