Decisamente, questa nuova opera che la
Scala ha commissionato a Claus Guth ha
un soggetto intelligente, interessante, di una sconvolgente attualità e di
un’assoluta modernità; e per di più è messo in scena in maniera superlativa.
Salta però subito all’orecchio che le
parole e la musica di questo mirabile dramma del terzo millennio siano copiate
– ma proprio alla lettera, incredibile! – da quelle di un’opera semi-sconosciuta
(il cui soggetto sta peraltro agli antipodi rispetto a questo di Guth) di tale Richard Wagner: un vecchio rudere, un
residuato bellico di quasi due secoli fa, un’opera romantica (hahaha!) dissepolta da metri di polvere che la
ricoprivano in un qualche scantinato di un qualche museo tedesco. Un testo
ridicolo e inutilizzabile anche come coadiuvante soporifero per bambini
ingenui, e una musica stomachevole, al cui confronto Papaveri e Papere pare Gruppen
di Stockhausen…
Peccato davvero perchè, con un testo e
una musica adeguati, questo soggetto di Guth avrebbe tutte le carte in regola
per diventare un autentico capolavoro: possibile che non si riesca a trovare un
librettista e un compositore in grado di rivestirlo con qualcosa di meno
imbarazzante, in modo da farne un’opera immortale?
1 commento:
Hai ragione. Un allestimento orribile e credo di averlo scritto chiaramente, ciao!
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