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da stellantis a stallantis

24 dicembre, 2012

Orchestraverdi – concerto n.15 (prologo in... Goethe)


laVerdi, ormai da anni, festeggia Capodanno con quel monumento musicale che va sotto il nome di Nona. A rompere la monotonia (si scherza…) ci ha pensato Zhang Xian, e così lo faccio anch’io, scrivendo di questo concerto prima delle sue quattro repliche.

Dato che siamo ormai in pieno bicentenario wagneriano, mi sono riletto quanto Wagner scrisse a proposito della nona, per la quale il genio di Lipsia letteralmente stravedeva, considerando le innovazioni che Beethoven vi aveva introdotto (l’impiego del testo e delle voci, in particolare) come una conferma della bontà delle innovazioni che lui stesso fantasticava – nei suoi trent’anni - per il teatro musicale.

In occasione della Domenica delle Palme del 1846, a Wagner, che era Kapellmeister alla corte di Dresda, fu dato l’incarico di organizzare il consueto concerto di beneficienza (a favore di una cassa mutua per vedove e orfani). Invece che al solito Oratorio, lui subito pensò alla nona, a dispetto del fatto che da quelle parti (a suo dire) l’ultima sinfonia di Beethoven fosse praticamente stata bandita dalle sale da concerto, perché considerata una specie di… pagliacciata ineseguibile, composta da un uomo ormai completamente uscito di senno.     

E così Wagner, contro tutto e tutti, preparò l’esecuzione in modo quasi scientifico, occupandosi di orchestra e cori, ma anche degli aspetti, come dire, di marketing dell’evento: invase – more-silvio – le prime pagine del principale quotidiano locale per sponsorizzare e magnificare la sinfonia; della quale scrisse anche un dettagliato programma-di-sala, Faust-oriented (vedi sotto).

Durante le prove e studiando la partitura si accorse (bontà sua) di alcuni madornali errori di orchestrazione commessi da Beethoven. Uno di questi riguardava il passaggio dello Scherzo (da battuta 93) dove i legni espongono, in DO maggiore, il secondo tema, mentre gli archi insistono sulla martellante figurazione trocaica delle ottave di DO ribattuti:


Come si può osservare, tutti gli strumenti sono notati in fortissimo (FF) il che, data la preponderanza degli archi, secondo Wagner finiva per rendere inudibile la linea melodica principale dei legni. Il nostro decise quindi: a) di raddoppiare (per quel passaggio) i legni stessi e b) di chiedere agli archi di suonare semplicemente forte invece di fortissimo.    

Altro passaggio critico, nel Finale, il fugato in 6/8 che segue la perorazione del tenore accompagnato dal coro (…wie ein Held zum Siegen) nella sezione Alla marcia, che Beethoven prescrive Allegro assai vivace: Wagner lo presenta come un autentico rompicapo per il direttore e per venirne… a capo lo fece eseguire in tempo vivacissimo e con il più gran dispiego di forza, quasi fosse un gioioso e battagliero assalto.

Ancora Wagner riservò speciale attenzione  al recitativo di violoncelli e contrabbassi che apre il Finale e a cui dedicò nientemeno che dodici prove speciali! In modo da ottenere il fraseggio più spontaneo e la più efficace espressione di tenerezza ed insieme di energia.

Un’altra grande preoccupazione di Wagner riguardò la composizione del Coro: così lui rinforzò quello in organico del Teatro con innesti di voci da altri cori cittadini, e in particolare da un coro di voci bianche di una scuola e da quello di ragazzi di un Seminario, mettendo insieme circa 300 esecutori! Fece innumerevoli prove del passaggio Seid unschlungen, Millionen! chiedendo ai bassi di gridarlo col più grande trasporto.

Infine fece riallestire completamente le pedane di orchestra e coro, disponendo quest’ultimo ad anfiteatro, ad incastonare gli strumentisti, posti al centro del palco.
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Per chiarire i contenuti dell’opera a spettatori che molto probabilmente la udivano per la prima volta, oltre ad averne sentito parlar male, Wagner stese un programma di sala ispirandosi a versi del Faust di Goethe. Ne faccio qui un bigino

Il minaccioso tema del primo movimento (nel quale secondo Wagner si evoca la lotta dell’anima contro le forze che si oppongono alla felicità terrena) viene interpretato con il verso (Faust I – Studio-2) con cui Faust impreca contro tutto ciò che impedisce all’uomo di raggiungere la felicità:

Entbehren sollst du! sollst entbehren!
Tu te ne asterrai! Tu ne farai senza!

Nonostante l’uomo lotti con tutte le sue forze, lo scenario di totale assenza di gioia continua a prevalere, ben rappresentato dalla tremenda esternazione di Faust (Faust I – Studio-2):

Nur mit Entsetzen wach ich morgens auf,
Ich möchte bittre Tränen weinen,
Den Tag zu sehn, der mir in seinem Lauf
Nicht einen Wunsch erfüllen wird, nicht einen,
Der selbst die Ahnung jeder Lust
Mit eigensinnigem Krittel mindert,
Die Schöpfung meiner regen Brust
Mit tausend Lebensfratzen hindert.
Auch muß ich, wenn die Nacht sich niedersenkt,
Mich ängstlich auf das Lager strecken;
Auch da wird keine Rast geschenkt,
Mich werden wilde Träume schrecken.
Io mi desto con terrore il mattino, e
provo una triste voglia di piangere veggendo apparire il giorno, — il quale nel suo corso non adempirà nessuno de' miei desiderj, non uno!
Anzi mi scemerà con capricciose sofisticherie insino al presentimento del piacere, e con le mille sue sconce necessità spegnerà nel mio vigile petto ogni virtù di creare. E quando cade la
notte, ecco io devo tornare triste e miserabile al mio covile; ed ivi pur nessun riposo mi sarà conceduto e fieri sogni mi spaventeranno.

Alla fine del movimento questa totale assenza di gioia pervade con terribile maestà il mondo intero, quel mondo che Dio ha però creato per la Gioia!

Il secondo movimento, con il suo ritmo ossessionante, ci trasporta in una specie di orgiastica esaltazione, alla ricerca di una sconosciuta felicità. Goethe rappresenta questa tensione con le parole di Faust (Faust I – Studio-2):

von Freud' ist nicht die Rede.
Dem Taumel weih ich mich, dem
schmerzlichsten Genuß,
Laß in den Tiefen der Sinnlichkeit
Uns glühende Leidenschaften stillen!
In undurchdrungnen Zauberhüllen
Sei jedes Wunder gleich bereit!
Stürzen wir uns in das Rauschen der Zeit,
Ins Rollen der Begebenheit!
Da mag denn Schmerz und Genuß,
Gelingen und Verdruß
Miteinander wechseln, wie es kann;
Nur rastlos betätigt sich der Mann.
io non miro già a darmi buon tempo.
Io voglio l'ebbrezza, — la vertigine;
voglio le voluttà che generano tormento;
Saziamo le nostre ardenti passioni nel golfo delle sensualità; e l'inferno prepari i portenti che sa con le arcane sue arti operare; battiamoci dove più incalza la corrente del tempo; voliamo
con la ruota della fortuna, e dolore e piacere, conseguimento e sazietà si avvicendino quanto sanno senza riposo. L'uomo non dimostra la sua natura fuorché in un perpetuo affaccendarsi.

Poi la sezione centrale dello Scherzo ci porta in uno scenario di gioia, per quanto semplice e modesta, ben rappresentato dalle parole di Mefistofele (Faust I – La cantina di Auerbach a Lipsia):

Dem Volke hier wird jeder Tag ein Fest.
Mit wenig Witz und viel Behagen
Dreht jeder sich im engen Zirkeltanz,
Per costoro ogni dì è festa; e con poco cervello e grande ilarità ballano in giro entro un piccolo cerchio,

Ma noi non siamo disposti ad accontentarci di questa gaiezza un po’ banale, e subito il nostro sguardo si incupisce e torniamo alla ricerca di quella beatitudine che però ci resta irraggiungibile; così, alla fine del movimento, veniamo riportati alla precedente scena di gaiezza, che però subito gettiamo lontano da noi.

Ah, con quale differenza la musica del terzo movimento arriva al nostro cuore! E come acqueta celestialmente la nostra collera, trasformandola in delicata malinconia! È come se si risvegliassero in noi ricordi di purissima gioia di giorni passati (Faust I – Notte):

Sonst stürzte sich der Himmelsliebe Kuß
Auf mich herab in ernster Sabbatstille;
Da klang so ahnungsvoll des Glockentones Fülle,
Und ein Gebet war brünstiger Genuß;
Un tempo, nell'austero riposo della domenica, scendeva sino a me il bacio del divino amore. Dalla piena armonia delle squille mi uscivano non so che incogniti
presentimenti, e nell'orazione era un
ardente diletto.

Questi ricordi ci restituiscono quel tenero anelito così mirabilmente evocato dal secondo tema (Faust I – Notte):

Ein unbegreiflich holdes Sehnen
Trieb mich, durch Wald und Wiesen hinzugehn,
Und unter tausend heißen Tränen
Fühlt ich mir eine Welt entstehn.
Un fervore incomprensibilmente santo m'invogliava d'uscir fuori a divagarmi per selve e per prati, ed ivi versando dirottissime lagrime io mi sentiva entrare in un mondo novello.

È l’aspirazione all’amore, che trova sua volta risposta nella riapparizione, ora più viva, del primo tema, che infonde speranza; è come se amore e speranza arrivassero mano-nella-mano per esercitare la loro forza di persuasione sul nostro spirito turbato (Faust I – Notte):

Was sucht ihr, mächtig und gelind,
Ihr Himmelstöne, mich am Staube?
Klingt dort umher, wo weiche Menschen sind.
Soavi, angeliche note, a che venite a cercarmi nelle dolorose mie tenebre? Fatevi udire là dove sono uomini meno indurati di me.

Il nostro cuore fremente sembra voler mettere da parte il loro conforto; ma la loro dolce potenza è più forte del nostro orgoglio: conquistati, ci buttiamo nelle braccia di questi dolci messaggeri di pura felicità (Faust I – Notte):

O tönet fort, ihr süßen Himmelslieder!
Die Träne quillt, die Erde hat mich wieder!
Oh! tornate a risonare, inni soavi e benedetti! Ecco, le mie lagrime scorrono, e la terra mi ripossiede.

Ecco, il cuore rimargina la sua ferita, riacquista forza e prende coraggio verso nobili decisioni, mentre ci si prepara al quasi trionfale passaggio verso la chiusa del movimento. Ancora l’esaltazione non si è liberata dei postumi della passata tempesta, ma ogni ritorno del dolore è contrastato dalla forza di quell’incanto, finchè la tempesta cessa definitivamente.

La transizione al quarto movimento, caratterizzata da una specie di urlo di dolore, è bene evocata dalle parole di Faust (Faust I – Studio-1 / Notte):

Aber ach! schon fühl ich, bei dem besten Willen,
Befriedigung nicht mehr aus dem Busen quillen.
Welch‘ holder Wahn! Doch ach, ein Wähner nur!
Wo fass ich dich, unendliche Natur?
Euch Brüste, wo? Ihr
Quellen alles Lebens,
An denen Himmel und Erde hängt,
Dahin die welke Brust sich drängt-
Ihr quellt, ihr tränkt, und schmacht ich so vergebens?
Ma, oimé! che col miglior volere del mondo, io sento già esaurita la contentezza del mio petto.

Che spettacolo! Ma, oimé, non altro che uno spettacolo! Dove mi spererò io di raggiungerti, infinita natura?
Dove cercherò voi sue mamme? Ubertose fonti di ogni vita, a voi il cielo e la terra stanno sospesi, come due lattanti; e a voi ingordamente anela l'esausto mio petto. Voi scaturite, voi inaffiate, ed io arderò sempre di sete indarno?

Qui Wagner fa una lunga digressione per giustificare l’impiego del testo e della voce umana in un genere musicale che per sua natura era sempre stato esclusivamente popolato da suoni di strumenti. È la crisi del mezzo espressivo che richiede, irresistibilmente, il ricorso alla voce. E l’entrata della voce è preparata mirabilmente dal lungo recitativo degli archi bassi, che sfocia in un tema propriamente cantabile (a differenza dei classici temi concisi, caratteristici del genere sinfonico, ndr); qui si raggiunge l’estremo confine dell’espressione di gioia attraverso il mezzo puramente strumentale: come un mare in tumulto, ondate sonore penetrano nelle nostre orecchie, finchè la voce non arriva a confrontarsi con gli strumenti, indirizzando loro il suo ispirato richiamo:

O Freunde, nicht diese Töne!
Sondern laßt uns angenehmere
anstimmen und freudenvollere.
O amici, non questi suoni!
ma intoniamone altri
più piacevoli, e più gioiosi.
  
Ora la luce trionfa sul caos, e possiamo avvertire chiaramente come la straziante ricerca di gioia trovi finalmente la sua benedizione nella più alta e durevole felicità:

Freude! Freude!
Freude, schöner Götterfunken
Tochter aus Elysium,
Wir betreten feuertrunken,
Himmlische, dein Heiligtum!
Deine Zauber binden wieder
Was die Mode streng geteilt;
Alle Menschen werden Brüder,
Wo dein sanfter Flügel weilt.
Wem der große Wurf gelungen,
Eines Freundes Freund zu sein;
Wer ein holdes Weib errungen,
Mische seinen Jubel ein!
Ja, wer auch nur eine Seele
Sein nennt auf dem Erdenrund!
Und wer's nie gekonnt, der stehle
Weinend sich aus diesem Bund!

Freude trinken alle Wesen
An den Brüsten der Natur;
Alle Guten, alle Bösen
Folgen ihrer Rosenspur.
Küsse gab sie uns und Reben,
Einen Freund, geprüft im Tod;
Wollust ward dem Wurm gegeben,
Und der
Cherub steht vor Gott.
Gioia! Gioia!
Gioia, bella scintilla divina,
figlia di
Elisio,
noi entriamo ebbri e frementi,
celeste, nel tuo tempio.
Il tuo fascino riunisce
ciò che la moda separò
ogni uomo s'affratella
dove la tua ala soave freme.
L'uomo a cui la sorte benevola,
concesse il dono di un amico,
chi ha ottenuto una donna leggiadra,
unisca il suo giubilo al nostro!
Sì, - chi anche una sola anima
possa dir sua nel mondo!
Chi invece non c'è riuscito,
lasci piangente e furtivo questa compagnia!

Gioia bevono tutti i viventi
dai seni della natura;
vanno i buoni e i malvagi
sul sentiero suo di rose!
Baci ci ha dato e uva, un amico,
provato fino alla morte!
La voluttà fu concessa al verme,
e il cherubino sta davanti a Dio!

Ora si avvicinano suoni di battaglia e ci pare di vedere schiere di giovani che marciano con gioioso cipiglio eroico, espresso dalle parole:

Froh, wie seine Sonnen fliegen
Durch des Himmels prächt'gen Plan,
Laufet, Brüder, eure Bahn,
Freudig, wie ein Held zum Siegen.
Lieti, come i suoi astri volano
attraverso la volta splendida del cielo,
percorrete, fratelli, la vostra strada,
gioiosi, come un eroe verso la vittoria.

Ciò porta ad una brillante contesa, in cui vediamo i giovani guadagnarsi, come vittoria, la gioia; è ancora Goethe ad evocarla (Faust II – Grande cortile nel Palazzo):

Nur der verdient sich Freiheit wie das Leben,
Der täglich sie erobern muß.
È solo degno della libertà e della vita colui che sa conquistare ogni giorno.

Questa vittoria, mai messa in discussione, sancisce il conseguimento definitivo della felicità, il cui sorriso di gioia viene nuovamente esposto dalle voci:

Freude, schöner Götterfunken
Tochter aus Elysium,
Wir betreten feuertrunken,
Himmlische, dein Heiligtum!
Deine Zauber binden wieder
Was die Mode streng geteilt;
Alle Menschen werden Brüder,
Wo dein sanfter Flügel weilt.
Gioia, bella scintilla divina,
figlia di
Elisio,
noi entriamo ebbri e frementi,
celeste, nel tuo tempio.
Il tuo fascino riunisce
ciò che la moda separò
ogni uomo s'affratella
dove la tua ala soave freme.

Ora un grido di fratellanza universale trabocca dal nostro petto ed elevati nello spirito abbracciamo l’intera umanità e insieme il Creatore della Natura, che nell’estasi crediamo di scorgere in uno squarcio fra le nubi:

Seid umschlungen, Millionen!
Diesen Kuß der ganzen Welt!
Brüder, über'm Sternenzelt
Muß ein lieber Vater wohnen.
Ihr stürzt nieder, Millionen?
Ahnest du den Schöpfer, Welt?
Such' ihn über'm Sternenzelt!
Über Sternen muß er wohnen.
Abbracciatevi, moltitudini!
Questo bacio vada al mondo intero!
Fratelli, sopra il cielo stellato
deve abitare un padre affettuoso.
Vi inginocchiate, moltitudini?
Intuisci il tuo creatore, mondo?
Cercalo sopra il cielo stellato!
Sopra le stelle deve abitare!

È come se una rivelazione ci avesse confermato nella fede che ogni essere umano è nato per la gioia! E così ci gridiamo l’un l’altra:

Seid umschlungen, Millionen!
Diesen Kuß der ganzen Welt!
Abbracciatevi, moltitudini!
Questo bacio vada al mondo intero!

E ancora:

Freude, schöner Götterfunken
Tochter aus Elysium,
Wir betreten feuertrunken,
Himmlische, dein Heiligtum.
Gioia, bella scintilla divina,
figlia di
Elisio,
noi entriamo ebbri e frementi,
celeste, nel tuo tempio.

Ora che Dio ha consacrato il nostro amore universale, osiamo assaporare la gioia più pura. Così, non solo negli spasimi del dolore, ma deliziati dalla verità che ci è stata rivelata, noi possiamo rispondere alla domanda:

Ihr stürzt nieder, Millionen?
Ahnest du den Schöpfer, Welt?
Vi inginocchiate, moltitudini?
Intuisci il tuo creatore, mondo?

con la risposta:

Such' ihn über'm Sternenzelt!
Brü
der, über'm Sternenzelt!
Über Sternen muß er wohnen.
Cercalo sopra il cielo stellato!
Fratelli, sopra il cielo stellato!
Sopra le stelle deve abitare!

Ora siamo nel pieno possesso della felicità, della riacquistata giovanile esuberanza, abbiamo ritrovato l’innocenza del cuore, e la gioia stende le sue ali sopra di noi:

Freude, Tochter aus Elysium,
 Deine Zauber binden wieder
Was die Mode streng geteilt;
Alle Menschen werden Brüder,
Wo dein sanfter Flügel weilt.
Gioia, figlia di Elisio,
 Il tuo fascino riunisce
ciò che la moda separò
ogni uomo s'affratella
dove la tua ala soave freme.

Passiamo dalla felicità al giubilo della gioia: stringiamo a noi il mondo intiero; grida e sorrisi riempiono l’aria, come tuoni dal cielo o rimbombo del mare, le cui incessanti maree portano vita alla terra e conservano dolce la vita, per la gioia dell’uomo, cui Dio consegnò la terra come casa della felicità:

Seid umschlungen, Millionen!
Diesen Kuß der ganzen Welt!
Brüder, über'm Sternenzelt
Muß ein lieber Vater wohnen.
Freude! Freude, schöner Götterfunken!
Abbracciatevi, moltitudini!
Questo bacio vada al mondo intero!
Fratelli, sopra il cielo stellato
deve abitare un padre affettuoso.
Gioia! Gioia, bella scintilla divina!

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Sì, d’accordo, Wagner era sempre enfatico e sopra-le-righe… ma fatto sta che riuscì ad essere assai convincente, se è vero che quel concerto delle Palme del 5 aprile 1846 registrò un tutto esaurito come poche volte era accaduto.

Ora, chiuso questo inFausto (soprattutto per via della bufala Maya, smile!) 2012, prepariamoci alla sbornia (già peraltro in corso) dei bicentenari associati.

Wagner sarà in calendario (oh, pardon professore… in agenda!) all'Auditorium – per interposto Bruckner - già il 3 gennaio, in occasione di un vero e proprio… concertone.

4 commenti:

mozart2006 ha detto...

Speriamo che il 2013 non ci porti le regie trash anche nella musica sinfonica...te l' immagini Guth che mette in scena la Nona, col prode Kaufann che intona il suo assolo sdraiato per terra in posizione fetale a simboleggiare la caducità della gioia umana?
Ciao!

daland ha detto...

@mozart2006
Beh, di sicuro il sub-in-conscio di Beethoven non poteva non avere idee deprimenti sulla gioia umana!
Tutta la sua musica è solo una parodia, basta conoscere un minimo di Freud per scoprirlo...

Ciao e auguri!

Alberto Luchetti ha detto...

Ma quando un uomo così "serioso" si mette a fare parodia siamo irrimediabilmente in qualcosa di "altro". Il finale (proprio le ultime 10 battute tutte pizzicate) dell'op.135 per esempio!

Tu citavi Goethe, tale quale, un disperato che inneggiava alla gioia. Arrivarci...

daland ha detto...

@Alberto
Ovviamente la mia risposta a mozart2006 era una battuta, consona alla sua!
Però che il nostro non avesse ultimamente tutte le... rotelline a posto sembrerebbe assodato. E anche su Goethe in effetti circolano voci inquietanti!
Ciao!