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09 aprile, 2010

Stagione dell’OrchestraVerdi - 26

Oleg Caetani (figlio d'arte, per tramite di Igor Markevitch) è ospite de laVerdi, con programma tutto gallico.

Si comincia con i quattro preludi dalla Carmen. Grande musica, davvero. Che Caetani esegue in ordine precisamente inverso, rispetto all'opera. Evidentemente per lasciare da ultimi la corrida e il Toreador, su cui si chiude in gloria e gran fracasso (sacrificando quindi l'ultima, drammatica sezione del Preludio Atto I). Insomma, è stato come percorrere quella straordinaria opera col fastREW sul videoregistratore!

Entra ora la bella argentina-franco-tedesca Sol Gabetta (in un lungo – e largo, per far posto allo strumento - color verde islam) per cimentarsi con il primo, e di gran lunga più famoso, Concerto per Violoncello di Saint-Saëns. Un'opera che rompe con gli schemi formali tradizionali per portarsi – lisztianamente - su una forma ciclica, tutta pervasa dal tema principale, subito esposto dal violoncello, in LA minore:




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Tema che viene poi ripreso e riciclato e rimuginato dall'orchestra e dal solista in diverse tonalità (FA maggiore e poi MI, ancora in RE e quindi in FA) prima di ripresentarsi in SIb (al termine dell'intermedio Allegretto con moto, in quella tonalità) poi in MI maggiore (per l'ultima volta nel solista) e quindi, dopo un altro passaggio più lento, in LA minore e FA maggiore in orchestra. Dopodichè lascia il posto ad altro, prima che si arrivi alla coda finale, con la brillante chiusa in LA maggiore.

Non mancano ovviamente molte difficoltà virtuosistiche (corde doppie, armonici) che la Gabetta supera sempre con grande brillantezza e sicurezza. E alla fine ci concede un grande bis lèttone, dove al suono dello strumento si accompagna anche la sua voce da soprano!

Dopo l'intervallo, il lungo (perché completo) balletto Daphnis et Chloé di Ravel. Dico, oggi (ma forse sempre) nessuno esegue in concerto, al completo, neanche un balletto di Ciajkovski (non per niente sono state inventate le suites). In effetti, al confronto, la Suite n°2 (che abbiamo ascoltato di recente alla Scala con Mehta) ha il pregio, oltre che della molto minor durata, della maggior concentrazione e, in ultima analisi, della miglior adattabilità ad un'esecuzione in concerto e senza balletto. E qui, per di più, anche senza il coro (che nell'originale interviene spesso, cantando – pur senza parole - sia a bocca chiusa che aperta) il che toglie ulteriormente spessore e pathos all'Opera.

In ogni caso, Caetani e i professori ce la mettono tutta per farci digerire la colonna sonora in assenza… del film (che è oltretutto abbastanza complesso, come trama). Bravi a tutti e applausi più che meritati per l'abnegazione, pari a quella del pubblico che – a differenza della recente Turangalila di Messiaen – ha contato pochissime defezioni durante i 60 minuti o giù di lì dell'esecuzione.

Il prossimo appuntamento sarà invero terribile!

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