Ieri sera il Teatro Manzoni di Bologna ha ospitato – in esemplare unico! – la sterminata Terza Sinfonia di Gustav Mahler, diretta da Asher Fisch. Con l'Orchestra e i Cori (di femmine e piccoli) del Comunale, si è esibita Veronica Simeoni.
Mahler aveva steso delle note programmatiche – poi ritirate dalla circolazione, ma di tanto in tanto ricomparse qua e là – per introdurre ciascun movimento della sinfonia, orientando l'ascoltatore a coglierne lo spirito. A parte l'iniziale Risveglio di Pan, irrompe l'estate, che a mala pena dà l'idea del gigantesco, complesso ed interminabile movimento che apre l'Opera, gli altri cinque sottotitoli hanno in comune Quel che mi racconta… E cos'è precisamente ciò di cui Mahler è in ascolto? I fiori di campo, Gli animali del bosco, La notte, Le campane del mattino e L'amore.
Comunque, rimossi i titoli (altri ancora ne aveva indicati informalmente) Mahler ha lasciato esplicitamente in vigore la suddivisione dell'intera sinfonia in due parti: l'una costituita dal primo, ipertrofico movimento (che da solo occupa un terzo della durata totale) l'altra dai restanti cinque. (Qualcosa di simile il boemo farà per la sua ottava, con la giustapposizione del Veni Creator alle ultime scene del Faust.)
L'inizio è appunto un movimento (in struttura quasi da fantasia, più che da classica forma-sonata) che propone le più svariate idee, dalle frasi monumentali e solenni degli ottoni, agli squilli di trombetta, alle marcette da Prater di Vienna, con interventi del clarinetto in MIb (tipico delle bande). Insomma, un minestrone, ma di quelli proprio saporiti!
Segue il Menuetto: sembrerebbe una presa in giro, dato che siamo a cavallo fra '800 e '900! Ma poi si sviluppa con grande libertà (tempi di 3/8 e 2/4) e anche con momenti di fracasso, certo assai lontani dall'imparruccato Haydn!
Il terzo movimento è introdotto da un tema preso da un lied del Wunderhorn. Al trio compare la cornetta da postiglione (dislocata dietro le quinte, dovendosi udire da lontano) che intona una melodia che in certi tratti richiama (in tempo lento e ritmo languido) una Jota Aragonesa:
A un certo punto la trombetta in orchestra emette uno squillo che sembra ricordarci quello famoso del secondo atto del Fidelio, poi il movimento chiude con un crescendo di tutta l'orchestra.
Nel quarto movimento arriva il contralto a cantare versi del nietzschiano Zarathustra, ma a un certo momento, nei violini, sentiamo comparire nientemeno (!) che La Paloma:
Poi è la volta dei piccoli e del coro femminile a cimentarsi con i versi di un altro lied del Wunderhorn. Il contralto interloquisce con incisi di cui ci si dovrà ricordare nel Das Himmlische Leben che chiuderà la quarta sinfonia, e che in origine pare dovesse fare da finale a questa (ma sarebbe stato davvero troppo…)
Questo Adagio anticipa in qualche modo quello della futura nona sinfonia: certo qui siamo ancora dei giovani di belle speranze, la vita – posizione, famiglia, opere – è ancora (quasi) tutta davanti… là invece vi si sentirà la fine vicina e vi si accumuleranno ricordi di cose grandi e di grandi disfatte. Ma insomma, il Mahler che troviamo qui è già (e sempre, potremmo dire) lui. Anche quando cita esplicitamente un inciso dell'Otello (prima scena, la tempesta):
Effettivamente, in questa sinfonia c'è ampia materia probatoria per tutti coloro che denigrano Mahler, riconoscendogli come unico merito quello di essere un gran scopiazzatore; insomma, di scrivere della Kapellmeister-Musik, musica che un direttore d'orchestra compone assemblando idee, motivi, temi, ritmi e quant'altro (altrui) gli rimane in testa di tutto ciò che interpreta ogni giorno salendo sul podio.
Alla fine applausi convinti (inquinati da un paio di ululati di disapprovazione? ma per che cosa o chi?) e simpatica passerella dei ragazzi, ragazzini e piccoli della Rossi che scendono in platea a ricevere il meritato riconoscimento. Ancora diverse chiamate per Fisch e ulteriori ovazioni per tutti.
Brava Bologna a darci di queste emozioni!
2 commenti:
Ugo Duse, il grande stuidioso mahleriano e mio insegnante di Storia della Musica all´università di Venezia, amava tantissimo la Terza mentre invece criticava parecchio la Seconda.
@mozart2006
Aver studiato con Duse dev'essere stata una bella esperienza!
A giudicare da quanto ha scritto nel suo libro su Mahler direi che le critiche alla seconda tutto sommato non sono poi distruttive. Certo, non fu pensata da subito in modo coerente e completo, ma costruita via via a pezzi. In fondo sono due opere gigantesche che hanno anche molto in comune.
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