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19 aprile, 2010

Gatti alle prese con Bartok e Stravinski alla Scala

Come degno compendio all'apprezzata Lulu, Daniele Gatti ha ieri sera diretto la Filarmonica in un corposo concerto novecentesco, precisamente di quella prima metà del novecento ormai entrata stabilmente nel repertorio e nell'accettazione del pubblico, da potersi tranquillamente definire classica: Bartok e Stravinski. A riprova di ciò sta il fatto che nella presente stagione questo stesso Bartok è già stato eseguito dall'Orchestra Verdi (con Morlot) e che questo stesso Stravinski è già comparso, munito di balletto, alla Scala (con Harding).

Il Concerto bartokiano – in particolare nel secondo brano (Il gioco delle coppie) - dà modo a quasi tutti i fiati di mettersi in mostra come solisti, e di ciò approfittano i bravissimi scaligeri per sciorinare una prestazione maiuscola. Come fanno peraltro gli archi, le arpe e le percussioni. Difficoltà nemmeno paragonabile a quella dello Stravinski che deve arrivare, ma compito portato a termine con grande profitto.

Ecco poi Le Sacre. Molti di noi (non propriamente teen-agers) hanno avuto la fortuna di incontrare questo barbaro (in senso letterale) aggrovigliato di note al cinema, grazie al grande Walt che ce lo propinò – in modo non proprio rigoroso, e insieme a musica più civilizzata - in un cartone animato. Ecco, credo che uno dei modi per avvicinare i giovani, anzi i bambini dell'asilo (altrimenti è troppo tardi) alla musica seria (smile!) sarebbe di usare gli strumenti multimediali – oggi davvero stratosferici, rispetto a quelli dei tempi di Fantasia – per coinvolgerli emotivamente, ma anche razionalmente. Tutto sta ad inventare un modello di business sostenibile: possibile che tutte le teste d'uovo del marketing non ci arrivino?

Tornando a Stravinski, si direbbe che il nostro, nella Sagra, ci abbia voluto descrivere musicalmente – attraverso complesse operazioni di vivisezione degli intervalli sonori e del ritmo – non solo e non tanto i riti pagani e i macro-fenomeni naturali, ma anche i movimenti di quelle forze – invisibili all'occhio – che si scatenano all'interno della materia: molecole che vagano sospese in un gas, atomi, particelle elementari che ruotano vorticosamente, che si attraggono e si respingono, si scontrano, si dividono e si compongono. Sarà un caso, ma proprio in quello stesso 1913 in cui Stravinski dipingeva questa specie di affresco picassiano, Niels Bohr proponeva il suo modello atomico quantistico

Gatti impegna allo stremo i Filarmonici in questa autentica orgia sonora, dove si trovano pagine come questa:



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Roba da far rizzare i capelli in testa anche ai Kapellmeister (e ovviamente agli esecutori) più consumati: ma non per nulla porta il sottotitolo La danza del sacrificio! E del resto quel vecchio marpione che risponde al nome di Pierre Boulez ha dovuto candidamente ammettere di aver sudato le proverbiali sette camicie per digerire prima e poi dirigere questa tremenda partitura. Invece Gatti si è permesso di dirigerla a memoria! Cosa non da poco, visto che basta dare un'occhiata a Youtube per accertarsi che gente come Salonen, Gergiev, Haitink si tiene la partitura ben sotto il naso.

L'effetto che fa è sempre sconvolgente per tutti (per qualcuno magari ripugnante): perché non è musica intellettualoide, che magari ti dà sui nervi, ma senza provocarti dolore fisico; questa musica è un pugno (anzi, una gragnola di pugni) nello stomaco, e non si può non restarne anche fisicamente scossi. L'autentico urlo liberatorio che ha accolto la croma finale in fff sforzato aveva proprio il sapore di un basta, pietà! implorato da un pugile finito KO…

Superfluo dire del travolgente trionfo per tutti i protagonisti!

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