Concerto di quelli davvero corposi, quello propostoci da Xian Zhang ieri sera in un Auditorium gremito.
Si apre con la Suite da L'amore delle tre melarance di Prokofiev, un'opera in un prologo e 4 atti, dai contenuti surreali e fiabeschi. La suite – in 6 brani - ne raccoglie il meglio dei passaggi orchestrali.
1. Gli strampalati: tratto dal prologo, dove i fautori di tragedia, commedia, dramma e farsa discutono – mirabilmente supportati dalla musica che si fa davvero in quattro - su quale sia la forma migliore, e poi sono messi a tacere dagli Strampalati, (o Originali, o Ridicoli, come si trova in diverse traduzioni) che assieme ad un araldo annunciano al pubblico lo spettacolo (Le tre melarance, appunto).
2. Il mago Celio e la fata Morgana giocano a carte: è in pratica una buona parte del secondo quadro del primo atto, quando il mago e la fata – in una scena precisamente infernale - giocano a carte avendo come protettori il re di fiori e il re di picche. Impressionanti gli accordi di ottoni e violini che sottolineano le carte giocate dai due.
3. Marcia: è questo il brano certamente più famoso ed eseguito, spesso anche da solisti al pianoforte o al violino.
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Compare nel primo quadro del secondo atto, dopo l'inconcludente intervento dei comici, allorquando Truffaldino in pratica costringe il principe ipocondriaco a seguirlo alla festa nel palazzo reale. Funge così da interludio e da introduzione al secondo quadro, iniziando assai piano (da lontano) e poi arricchendosi sempre più di forza e colore. Tornerà brevemente anche verso la fine del terzo atto e nel secondo quadro del quarto, quasi fosse un leit-motiv che rappresenta l'autorità regale.
4. Scherzo: è un interludio in 6/8 che compare alla fine del secondo quadro del terzo atto, dopo che il principe e Truffaldino hanno trafugato le tre melarance eludendo la guardia della cuoca della maga Creonta.
5. Il principe e la principessa: siamo nel terzo atto, terzo quadro, allorquando il principe – dopo che Truffaldino ha fatto morire di sete le principesse Linette e Nicolette, aprendo le due melarance in cui erano imprigionate - libera dalla terza melarancia la principessa Ninetta e la salva abbeverandola con dell'acqua procuratagli pietosamente dagli Strampalati.
6. La fuga: è quella dei cattivoni Smeraldina, Leandro e Clarissa, protetti dalla fata Morgana, proprio immediatamente prima dell'apoteosi finale.
In tutto non sono neanche 20 minuti (rispetto ai 100 dell'opera) ma è grande musica, come quasi tutto Prokofiev, del resto. Xian Zhang dosa assai bene gli ingredienti orchestrali, e ce la rende in modo efficace e coinvolgente.
Arriva adesso il pianista turco Hüseyin Sermet per interpretare il celeberrimo quarto concerto di Beethoven.
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Un'interpretazione di tutto rilievo, tenendo conto dell'estrema complessità di questo concerto, forse il più difficile dei 5 del genio di Bonn. Nell'Allegro moderato mi sembra che l'orchestra – almeno all'inizio – fosse un pochino svagata e non abbia supportato a dovere il pianista, poi le cose sono migliorate. Ottima l'esecuzione della cadenza (la prima delle due scritte da Beethoven). Pregevole l'Andante con moto, e in particolare il passaggio che prepara la chiusa, quelle otto spettrali battute dove il pianoforte solo, sul trillo del DO, suona biscrome discendenti alternate alle due crome SOL#-LA. Il Rondò viene eseguito con molta leggerezza, senza inutili enfasi e qui l'orchestra, archi in testa, è molto efficace nei tutti che contrappuntano il solista. Gran successo per il bravo Sermet, che oltre a suonare è anche un pedagogo e compositore! E ci concede un bel bis beethoveniano.
Si chiude infine con Rachmaninov, e la sua pretenziosa seconda sinfonia, già ascoltata di recente alla Scala con Pappano. Orchestra ipertrofica, disposta (come per Prokofiev) con le viole sul proscenio e i violoncelli in secondo piano.
Uno dei (pochi) passi veramente interessanti di questa composizione è il tema dello scherzo, esposto dai corni, che dà modo a Ceccarelli e compagni di mettere in mostra tutta la loro bravura:
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Alla Zhang va il merito di non aver calcato la mano sulle decadenti sdolcinature del russo, proponendoci un'interpretazione asciutta e tutto sommato digeribile, in specie nell'Adagio, dove hanno modo di mettersi in luce le parti soliste di violino, clarinetto, oboe e corno inglese.
Il pubblico – salvo i pochi che se la sono svignata fra un movimento e l'altro - apprezza assai, con lunghi applausi e numerose chiamate, che vengono premiate dall'Orchestra con un bis inaspettato (sono già le 11!): la marcia – ascoltata due ore e mezzo prima – dalle Melarance.
Tutto-Beethoven ci aspetta fra una settimana.
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