Ieri
sera la Scala
ha aperto la stagione in abbonamento (cioè quella riservata al pubblico che
bada al sodo e non alle apparenze…) con la Ledi Macbet (scritto come
si pronuncia, in russo così come in italiano). Come
sia finita è ormai noto a tutti e non ci resta che augurare al Direttore una
pronta ripresa fisica e quindi un sollecito ritorno sul podio.
Data
l’incompletezza della recita, mi limito a confermare il giudizio assolutamente
positivo sulla prestazione musicale di tutti, cantanti e soprattutto Coro e
Orchestra, senza entrare in particolari.
Approfitto
invece della malaugurata circostanza per approfondire il discorso riguardo alla
regia di Barkhatov, sulla quale, nel mio breve intervento a caldo dopo visione
TV, avevo espresso un giudizio sostanzialmente positivo, giudizio che mi sento
(in parte almeno) di ridimensionare dopo la (sia pur parziale, ma per me sufficiente)
esperienza live che, rispetto a quella televisiva, priva lo spettatore
di molti dettagli (primi piani e inquadrature particolari) utili a seguire
meglio il racconto così come presentatoci dal regista.
Mi
riferisco in particolare all’idea-base di raccontare le vicende narrate nel
soggetto originale come vissute a posteriori da un osservatore esterno, la
Polizia che indaga su un caso di omicidio. Idea che il regista non può non aver
maturato dal racconto di Leskov, che ispirò il libretto a Shostakovich
(+Preis): tale racconto si basa a sua volta su una vicenda giudiziaria dei suoi
tempi (Leskov lavorò anche nel tribunale della sua città, Orël, capoluogo della
provincia in cui si trova proprio Mcensk) che ebbe per protagonista una giovane
che ammazzò il suocero.
Quindi
nulla da eccepire sull’idea portante del regista; peccato che sia un’idea
magari facilmente realizzabile a livello cinematografico, con abili montaggi o
diavolerie assortite, ma che in uno spettacolo live, dove c’è una trama
testualmente e musicalmente rigida è infinitamente più ardua da gestire
compiutamente, senza rischiare di far perdere allo spettatore il filo del
discorso, o senza dover presupporre che tutto il pubblico conosca per filo e
per segno ogni particolare della trama dell’opera.
Nel
nostro caso il racconto del regista, trattandosi di un’inchiesta giudiziaria, ovviamente
non può che partire da dopo che il misfatto (nella fattispecie
l’uccisione di Zinovy, che è l’unico delitto su cui viene aperto un fascicolo –
la morte di Boris essendo stata subito archiviata come disgrazia) è stato
accertato con la scoperta del cadavere da parte dell’Ubriacone, che ne avverte
la Polizia. Ma ciò avviene nel terzo atto dell’opera, a mesi di distanza dal
punto di partenza della vicenda e a quasi due ore di distanza dall’apertura del
sipario!
E
allora, il povero Barkhatov cosa avrebbe dovuto fare? Far iniziare l’opera con
la Scena 8 (scoperta del crimine) e poi a seguire la 5 (ricostruzione delle
circostanze in cui il crimine è avvenuto) e così rinculando, per chiarire tutti
i precedenti (scoprendo di passaggio anche il primo omicidio) il tutto a forza
di flash-back? Mammamia, altro che de-strutturazione del soggetto, sarebbe
stato come sconvolgere la normale sequenza delle tracce di un DVD!
In
realtà, ciò che ci viene presentato (testo e musica) è ovviamente la
successione dei fatti in modo temporalmente rettilineo, come previsto dalla
partitura, ma per così dire inquinata dalla saltuaria presenza
(indebita, nel soggetto originale) delle attività inquisitorie della Polizia.
Lo spettatore dovrebbe, fin dall’alzata del sipario, dove compare l’Ufficiale
di Polizia, comprendere che tutto ciò che vedrà fino al terzo atto (scoperta
del cadavere di Zinovy e arresto di Katerina e Sergei) altro non è che un
lunghissimo flash-back! Solo a quel momento si riannoderanno tutti i
fili rimasti pendenti! E la cosa non è per nulla scontata, almeno per quella
parte di pubblico non bene informato dei fatti…
Allora,
per chiarire meglio ciò che lo spettatore vede e i relativi interrogativi ed
enigmi che possono insorgere nella sua mente, faccio ora una sinossi abbastanza
dettagliata dei primi tre atti dell’opera così come appare nella messinscena di
Barkhatov, per trarne qualche plausibile considerazione.
Prima
però è necessario spiegare che Barkhatov si serve, come supporto per il suo
racconto, di alcuni strumenti e/o accorgimenti. Innanzitutto, l’Ufficiale di
Polizia (così come i suoi collaboratori) rimane sempre rigorosamente muto
(canterà/parlerà solo nel terz’atto) e si limita ininterrottamente a fumare.
Invece il sospettato o testimone interrogato, a volte si esprime proprio cantando
come da partitura, mentre altre volte si esprime solo a gesti (quando deve fare
qualche commento o spiegare o fornire sue impressioni su fatti accaduti in
precedenza, tutte cose estranee al libretto) gesti che sta allo spettatore
decifrare correttamente. In più, durante gli interrogatori faccia-a-faccia fra
Ufficiale e testimoni-sospettati, vengono proiettate sullo schermo sovrastante
il proscenio delle immagini che forniscono qualche più o meno chiaro
riferimento all’oggetto di tali interrogatori. C’è da aggiungere che alcuni
interrogatori vengono utilizzati per dare contenuto scenico all’esecuzione di
Interludi, cosa che può avere effetti contrastanti…
Ecco,
vediamo ora di addentrarci nei dettagli. La prima scena che lo spettatore vede
– a sipario chiuso - mostra al proscenio un Ufficiale di Polizia che interroga
Katerina che porta in testa il velo da sposa. In più, ha le manette ai polsi, e
le prendono le impronte digitali, ergo dobbiamo pensare che sia sospettata di
un qualche reato. Ciò avviene mentre lei canta – rivolgendosi all’Ufficiale -
l’insopportabile noia che l’affligge, non avendo alcuno con cui condividere
l’esistenza, men che meno con il marito Zinovy, che la trascura e le nega i
piaceri della vita matrimoniale. Sullo schermo sovrastante appaiono immagini
che raffigurano i documenti di Katerina, le sue impronte e, fugacemente, proprio
mentre Katerina ne fa il nome, una cassaforte-cantinetta che contiene il
cadavere di Zinovy (come lo si scoprirà nel terz’atto) del quale compare una
fotografia. Ma ancora non lo abbiamo visto di persona… quindi allo spettatore
che sta magari guardando il testo cantato da Katerina sul suo display e non ha
badato bene alla foto che compare sul palco potrebbe sfuggire questo dettaglio
di importanza capitale.
Chi
conosce bene la trama dell’opera e si domanda del perché qui si inizi dalla
confessione di Katerina non può non concludere che la donna stia riferendosi
proprio all’omicidio del marito (che si vedrà solo alla fine del second’atto) e
al relativo movente. Il misfatto verrà scoperto solo nel terzo atto, quando si
vedrà – ormai saremo in presa diretta, non più in flash-back - l’arresto
e l’ammanettamento della donna dopo che la Polizia, avvertita dall’Ubriacone, avrà
scoperto il cadavere di Zinovy in quella cassaforte-cantinetta. A quel momento –
ecco un filo pendente che si riannoda - le verrà anche fatto indossare un
cappottone scuro, che è proprio quello che lei indossa ora. Chi non conosce
bene la storia, temo che per ora resterà piuttosto perplesso…
Subito
dopo ecco che Katerina si sposta in un salone da pranzo dove incontra il
suocero Boris che, come da libretto, la accusa di inadempienza ai doveri
coniugali. Ma lì sono presenti e testimoni numerose altre persone, alle quali
si aggiunge presto anche il marito Zinovy, che ascolta la requisitoria del
padre contro la moglie (!?) Ma soprattutto in un angolo scopriamo essere
presente anche la Polizia, che toglie le manette dai polsi di Katerina (che nel
frattempo si è tolta anche il velo nuziale) e ascolta le sue parole che
augurano a Boris - che le chiede di spargere il veleno contro i topi - di
meritarsi proprio di far la loro stessa fine. Come spieghiamo la presenza della
Polizia in una scena che mostra fatti di parecchi mesi antecedenti al misfatto
oggetto dell’indagine? Se abbiamo capito trattarsi di un flash-back, possiamo
immaginare che la scena sia parte della confessione di Katerina, che racconta,
proprio mostrandoli alla Polizia, gli antefatti al suo crimine, e comincia ad
introdurre anche elementi che riguardano il suo primo delitto, l’avvelenamento
di Boris.
E infatti,
mentre Boris e Zinovy discutono dei guai al mulino, vediamo la Polizia portare
Katerina in un ambiente attiguo dove la donna mostra all’Ufficiale, estraendola
da sotto una catasta di sacchi di farina, una busta che dobbiamo immaginare
contenga veleno per topi, a giudicare dalla polvere bianca che ne esce quando l’Ufficiale
la apre. Ma anche questo filo resterà pendente e si riannoderà solo al secondo
atto, quando vedremo Katerina nascondere quella busta in quel posto. Nel
frattempo, una barella con un imprecisato carico viene portata via, seguita da
Katerina e Polizia. Ora, chi conosce a menadito tutta la storia, potrà immaginare
trattarsi del cadavere di Zinovy, ma… uno spettatore impreparato come la
prende?
Ora
(assente la Polizia) vediamo Zinovy che si prepara a partire, accompagnato
dagli ipocriti saluti della servitù, cui si è aggiunto il nuovo assunto Sergei,
in abbigliamento da cameriere, che serve pasticcini. Il sipario si abbassa e
ricompare l’Ufficiale di Polizia che, durante il primo Interludio, raccoglie la
testimonianza contro Sergei cantata dalla cuoca Aksinya, testimonianza che nel
libretto ha però come destinataria Katerina (!?) Quindi interroga (ma solo a
gesti, visto che siamo fuori dal libretto…) proprio Sergei, anche lui già
ammanettato, evidentemente come individuo sospetto. Che qui indossa un cappotto
scuro, che lui indosserà (ma dovremmo dire: ha indossato!) nel terz’atto, al
momento del suo arresto durante la festa di matrimonio.
Sergei
che rivediamo subito in mezzo alla servitù nella successiva scena della baruffa
in cortile, con annesse molestie ad Aksinya, stupro incluso (ma non
esplicitamente mostrato). Poi arriva Katerina a fare il suo pistolotto
femminista e a sfidare ad una prova di forza Sergei; di seguito ecco Boris che
minaccia la nuora di raccontar tutto al marito e farla punire.
Il
secondo interludio viene ancora occupato dall’Ufficiale di Polizia al proscenio
che ascolta le testimonianze relative alla baruffa (solo a gesti, perché non
sono parte del libretto, quindi del tutto inventate) fatte dal Prete e
dall’Ubriacone che stazionano in permanenza nella casa. [Che rilevanza abbia
tutto ciò con l’indagine lo sa solo il regista… a meno che non si illuda con questa
trovata di aver dato valore aggiunto alla musica.]
La
terza scena è veramente tutta da… ridere: non in camera, ma in un ampio salone
da pranzo, dopo che Katerina ha esternato ancora la sua infelicità per non
essere desiderata come donna, prima di Sergei arriva… la Polizia! Che ammanetta
Katerina e le chiede – sempre solo a gesti, essendo tutto ciò parte
dell’invenzione registica - insieme al parimenti ammanettato Sergei arrivato
subito dopo, di mostrare la scena del loro primo incontro! Come inchiesta
giudiziaria è bizzarra per davvero! I due ci provano, ma ovviamente le manette
ai polsi li costringono a improbabili contorsioni da Kamasutra per mostrare
agli agenti come si erano svolti i… preliminari. Può essere che questo sia
l’escamotage che il regista ha trovato per mostrarci un coito in modalità castigata
(ma sul display del teatro compare comunque il warning riguardante scene
che urtano la sensibilità… hahaha!) Il che francamente manda un po’ in… vacca quella
che dovrebbe essere la scena più eccitante dell’opera. Ma la Polizia è di
manica larga e, prima di andarsene con le prove raccolte, toglie le manette ai
due giusto in tempo per lasciarli sfogare in una sveltina su un tavolo, mentre
si ode la voce di Boris (per inciso mai coinvolto nelle indagini, essendo…
morto da tempo!) con il sipario che cala sul primo atto.
Il
secondo atto si apre con un fugace interrogatorio, sempre tutto a gesti, fra
l’Ufficiale di Polizia e Sergei, ancora abbigliato con il cappotto che vedremo indossare
al momento dell’arresto: il contenuto dell’incontro è ancora una volta il
veleno per topi che Katerina metterà nel piatto di funghi per Boris, dopo la
scena della fustigazione, veleno del quale Sergei sembra affermare di non saper
nulla… lui da Boris stava ricevendo una manica di frustate. Seguono, nella
quarta scena, il soliloquio di Boris (qui però esternato in presenza degli
onnipresenti personaggi-caricatura, come il prete, l’Ubriacone e la guardia
giurata, e della cassaforte-cantinetta già apparsa in fotografia, con cadavere
di Zinovy incorporato, durante il primissimo interrogatorio di Katerina, altro
filo che comincia a riannodarsi) e la cattura di Sergei che sta uscendo dal
notturno appuntamento con Katerina.
Poi
le ecco le frustate e la richiesta di Boris di avere i funghi per rifocillarsi.
A questo punto riemerge l’Ufficiale di Polizia che raccoglie – bustina di
veleno ben visibile - il proposito di Katerina di avvelenare il suocero, poi
scompare e si torna da Boris che mangia i funghi e comincia a star male. Si
cerca un prete, ma quello stanziale lì è sempre ubriaco; quindi il regista lo rimpiazza
con lo chèf, che raccoglie la confessione di Boris e ne constata la morte. Katerina
rimette la busta col veleno in mezzo ai sacchi di farina – da dove lo estrarrà per
consegnarlo all’Ufficiale durante la scena iniziale… ecco un altro filo che si
riannoda – poi finge il suo strazio per la morte di Boris, mentre lo chèf
filosofeggia citando Gogol. Riemerge ora l’Ufficiale di Polizia per ascoltare
dallo chèf la filosofica battuta sui ratti che muoiono e gli uomini che invece
passano a miglior vita. [Anche questo non sembrerebbe proprio un dettaglio
decisivo per l’inchiesta…]
Dopo
l’Interludio con Passacaglia, che accompagna le esequie del vecchio, ecco la
quinta scena, con Katerina e Sergei (finalmente!) a letto. Arriva il fantasma
di Boris, che cerca pure di ingropparsi la nuora, e infine, annunciato dalla
fanfaretta rossiniana, anche Zinovy, che il regista – arricchendo di suo il
testo del libretto - ci mostra arrapato mentre chiede alla moglie di spogliarsi
e, calati i calzoni, si avventa su di lei, ma viene poi finito da Sergei,
uscito dal classico armadio, con un colpo di candelabro pattino da hockey!
Prima che Sergei trascini in cantina il cadavere ricompare magicamente l’Ufficiale
di Polizia, che fa ripetere ai due assassini (su un manichino…) l’atto finale
dell’assassinio, per poter meglio descriverlo nel suo fascicolo di indagine, prima
di dileguarsi nel sottopalco! Il successivo trasporto in cantina è sostituito dallo
stipare un manichino in quella che prima era la cassaforte-cantinetta di Boris,
come raffigurata nella foto apparsa all’inizio, durante il primo interrogatorio
di Katerina (altro filo che si è riannodato completamente).
Qui
finisce il lunghissimo flash-back iniziato con la prima scena, in casa
di Boris, e si passa in modalità live. Come da libretto, l’atto terzo
inizia da dove è finito il secondo, cioè… vicino alla cassaforte-cantinetta
dove è nascosto il manichino cadavere di Zinovy. Mentre i due neo-sposi
si preparano ad andare in Chiesa, arriva l’Ubriacone che canta la sua splendida
aria, e poi scopre il cadavere, fuggendo verso il posto di Polizia, che ci
viene presentato nella sua tragicomica animazione durante l’esecuzione del
quarto Interludio. Qui ritroviamo finalmente nel suo ambiente naturale
l’Ufficiale di Polizia che avevamo conosciuto fin dal primo alzarsi del
sipario! E che nel seguito vedremo, in tempo reale, iniziare la sua
indagine… ammanettando Katerina appena sposata, con tanto di velo nuziale in
testa, proprio come ci era apparsa all’inizio dello spettacolo!
Ma
l’indagine è anche, contemporaneamente, chiusa, perché ne abbiamo
appunto seguito il lungo sviluppo per due ore abbondanti. Ciò che segue parla
solo di… Siberia.
Ecco,
domandiamoci: ma che valore aggiunto dà allo spettacolo questa posticcia, anche
se non del tutto inventata, sovrastruttura poliziesca? Penso che uno spettatore
minimamente informato dei fatti ci faccia semplicemente un’alzata di
spalle, catalogandola come un’ennesima quanto innocua trovata della serie famola
strana. Ad uno spettatore che si
avvicina per la prima volta a quest’opera, temo che più che altro confonda parecchio
le idee.
___
Bene,
terminato il tormentone esegetico su Barkhatov non mi resta che attendere, come
tutti gli altri spettatori di ieri sera, che il Teatro ci informi del follow-up.
Ma ciò che importa è che il Maestro torni più sano che mai sul podio - le ultime notizie sono incoraggianti - perché da lui ci
aspettiamo ancora anni e anni di arte!