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01 ottobre, 2020

Mehta illustra Strauss alla Scala

Ieri sera il venerabile Zubin Mehta ha offerto la seconda delle tre serate del concerto straussiano di questa stagione d’autunno della Scala. In programma due opere che sono quasi un testa-coda (anzi: un coda-testa, data la sequenza di presentazione) della produzione del compositore bavarese.

Non posso immaginare cosa abbia guidato Mehta nella scelta (e sequenza esecutiva) dei due titoli... a me piace vederci lo Strauss che - a 84 anni - si accomiata dal mondo, mano nella mano con Pauline (Im Abendrot); e poi, come in un flashback a 50 anni prima, lo Strauss 34enne che aveva prefigurato - con le ultime note di Ein Heldenleben - proprio la conclusione della sua avventura artistica. Sì, perchè il poema sinfonico si chiude con la visione del pensionamento dell’eroe vittorioso in compagnia della sua musa. Inoltre, così come nel Tondichtung si rinverdiscono le memorie delle precedenti imprese dell’eroe, nel Lied da vonEichendorff Strauss guarda ancor più indietro (60 anni) all’idealista morente che, nell’aldilà, raggiunge la pienezza del suo ideale.   
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Ormai abbiamo fatto il callo alla (purtroppo infelice, ma le regole anti-Covid così vogliono) disposizione dell’orchestra, confinata nel fondo dell’orrida caverna del palcoscenico del Piermarini, e davvero non si vede l’ora che le cose tornino verso la normalità... ma temo ahinoi che ciò resti solo una pia illusione.

Tocca alla bella nordica Camilla Nylund (i suoi 52 anni li porta davvero bene!) di proporci in apertura le stupefacenti note dei Vier letzte Lieder, sui quali mi sono un pò dilungato quasi tre anni orsono.

Lei è una delle principali specialiste del repertorio (soprattutto operistico) wagneriano e straussiano e anche qui non ha smentito la sua fama. Voce ben impostata, acuti sempre fermi e morbidi, grande espressività. Un poco carente sulle note gravi (il REb del terzo Lied lo ha carpito a stento); a proposito di Beim Schlafengehen anche lei (come praticamente tutte) non ha nemmeno provato a percorrere in apnea l’interminabile legato sul tausendfach, prendendo fiato a metà percorso. Subito prima, mirabile l’assolo di violino di Laura Marzadori, la terza spalla dei Filarmonici (ma terza solo per l’anagrafe, chè qui e poi ancor più nel massacrante passaggio solistico del poema sinfonico ha dimostrato di non temere confronti con alcuno).  

Mehta ha avuto qualche problema con i fogli della partitura: all’attacco del secondo e del terzo Lied lo si è visto sfogliare avanti e indietro le pagine, quasi a cercare il bandolo della matassa, e anche la Camilla lo ha guardato con stupore misto a preoccupazione. Poi lui si è rifatto con il poema sinfonico, lasciando direttamente la partitura in camerino!
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A seguire appunto l’autobiografico Ein Heldenleben, un vero e proprio romanzo dove Strauss sembra condensare non soltanto i (circa) 15 anni di carriera artistica che aveva alle spalle nel 1898, ma addirittura prefigurare il futuro, fino al... tramonto (!) Ecco una mia sommaria analisi dei sei capitoli del romanzo, pubblicata qui parecchi anni fa...

Mehta ha tenuto un approccio assai sostenuto, tempi sempre comodi e niente enfasi o gratuiti fracassi, nemmeno nella scena della battaglia (qui però c’è lo zampino della forzata disposizione dell’orchestra, dove soprattutto i fiati faticano a farsi sentire in sala). Devo supporre che il Maestro abbia interpretato l’opera dello Strauss giovane eroe spavaldo con lo spirito dello Strauss disincantato del 1948? Chissà...

Alla fine gli applausi sono fioccati copiosi per tutti, con speciale menzione per il corno di Danilo Stagni (protagonista con la Marzadori dei passaggi solistici, ma in precedenza anche della la chiusa di September, che è sempre cosa... sbudellante). Ripetute chiamate per Mehta, che esce facendosi sorreggere dalla bella e bionda Laura.

C’è ancora una replica... chi può non si perda l’occasione.

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