Quello che è
un po’ il vice di Zhang Xian, il
Direttore principale John Axelrod, ci
accompagnerà per le prossime due tappe della stagione de laVerdi. Ieri ha diretto la prima delle tre repliche del concerto che mette una vicino all’altra due composizioni che
più distanti non potrebbero essere. E distanti non solo e non tanto per data
(quasi un secolo, vi pare poco?) ma per approccio, forma e contenuto. Parlo di Richard Strauss e della sua Ein
Heldenleben e del Beethoven
dell’Eroica.
Si dirà: ma
come, c’è di mezzo l’eroe in tutte e
due, poffarbacco! E addirittura Strauss pensava in origine di titolare il suo
pezzo proprio Eroica. Ed entrambe
sono in MI bemolle e iniziano con
le note della triade maggiore! E vi
spadroneggiano i corni (come ci ricorda qui uno dei quattro moschettieri de laVerdi, ieri per l’occasione… raddoppiati). Quindi devono per
forza essere indissolubilmente legate l’una all’altra…
Beh,
effettivamente un legame puntuale c’è, come scopriremo; per il resto personalmente
ho l’idea che l’eroe autobiografico dell’opera 40 del birraio (per ascendenza
materna) bavarese assomigli assai più al protagonista della sua opera 35, che
non a colui cui pensò il genio di Bonn nel comporre la sua Terza. E forse involontariamente fu lo stesso Strauss ad avallare
questa interpretazione, sostenendo che DonQuixote
si poteva capire solo attraverso Ein Heldenleben (?!) Per la verità lo Strauss che
si autocelebra qui é un donchisciotte tutt’altro che sprovveduto e vanesio,
anzi molto concreto e pragmatico: certo, se ci domandassimo che posto avrebbe
nella storia della musica se tutta la sua produzione si fosse chiusa in quel
1898… non credo lo metteremmo in posizione troppo elevata; ma in che posizione
metteremmo il Beethoven del 1804?
Strauss ebbe
da subito molti ammiratori incondizionati, sia fra gli intellettuali del tempo
(Romain Rolland, tanto per fare un
nome) che fra i musicisti, primo fra tutti il dedicatario del poema sinfonico,
il (futuro) celebre Willem Mengelberg,
di 7 anni più giovane di lui, ma che già da 3 era Direttore del Concertgebouw! Ovviamente non gli
mancavano i detrattori, e contro di essi si scagliò musicalmente proprio con
l’Heldenleben, mimando la sua titanica lotta contro quei viscidi vermi di
critici che si permettevano di irridere al suo genio! Uno dei quali critici,
per tutta risposta, uscendo dopo la prima
del nuovo (e praticamente ultimo) Tondichtung,
sentenziò senza mezzi termini: Das ist
kein Heldenleben, sonder ein Hundeleben! (tradotto: altro che vita d’eroe,
questa è una vita da cani!)
Ma lo stesso
Mahler, che pure si farà (invano) in quattro in favore della Salome, nel 1901
giudicava il poema sinfonico del suo collega-amico-competitore astruso e banale. Un paio d’anni dopo il
compositore olandese Alphons Diepenbrock,
alludendo alle finalità venali dell’attività
compositiva del bavarese, sentenziò che gli eroi del DonQuixote e di Ein
Heldenleben gli sembravano piuttosto dei filistei, collegati col cielo
attraverso un telefono interurbano (!)
Detto ciò e
col senno di molto poi, si può godere
con misurata condiscendenza di questo lavoro magari pretenzioso, dove un
compositore 34enne ancora velleitario (la Salome,
tanto per dire, arriverà non prima di 7 anni…) si auto-celebra addirittura
ricapitolando musicalmente le sue opere precedenti, in sostanza i poemi
sinfonici più quel mezzo aborto che ha nome Guntram
e un Lied. Ma, appunto, ci fu un poi,
e che poi!
___
Il
poema sinfonico si articola in sei sezioni, che Strauss in origine aveva
numerato e fornito di sottotitoli esplicativi. Numeri e titoli sono poi stati
rimossi, ma val la pena ricordarli, poiché ci aiutano ad orientarci nella
comprensione del brano:
1.
L’eroe
2. I
nemici dell’eroe
3. La
musa dell’eroe
4. Il
campo di battaglia dell’eroe
5. Le
pacifiche opere dell’eroe
6. Il
congedo dell’eroe dal mondo e il suo compimento.
Cominciamo
con una curiosità (solo una coincidenza?) Le prime 5 note ascendenti del tema
dell’eroe con cui si apre la prima
sezione, suonate guarda caso dai corni
(insieme ai violoncelli, per la verità, e in parte anche a contrabbassi e
viole) sono precisamente identiche a quelle con cui si fa udire nel corno, dalla
battuta 17 del Preludio del Rheingold,
il tema dell’alba del mondo:
Sono la
fondamentale MIb e i suoi armonici naturali (SIb-MIb-SOL-SIb). Wagner poi
procede lungo la triade (MIb) mentre Strauss zompa, prima di Wagner,
direttamente al SOL per poi prendere la sua propria strada.
Un
messaggio criptico? Un simpatico sberleffo per papà Franz che quelle note dell’odiato Richard (ma perché aveva
dato proprio quel nome a suo figlio?) era stato tante volte costretto suo
malgrado a suonare? Il nostro che si colloca subito al centro dell’universo? Un
mettere le mani avanti in vista dei disinvolti affronti alle sacre regole che
stanno per manifestarsi? Forse a noi questi dettagli non dicono nulla, ma a
fine ‘800 dovevano avere l’effetto di certi odierni proclami politici di Grillo
(smile!)
Va da
sé che un eroe che si rispetti deve avere almeno tre temi (se non addirittura
quattro) nel suo… guardaroba, e così Strauss indossa subito anche gli altri due
per mostrarceli in passerella. Il secondo tema, proprio ubriacante, è
presentato impiegando il trucchetto dell’enarmonia:
così il MIb d’ordinanza si trasforma in RE#, mediante del SI maggiore esposto
da flauti e violini primi; sotto-sotto però violini secondi e oboi già presentano
un altro motivo (che gli analisti aggregano al secondo tema, ma che potrebbe
benissimo definirsi come terzo, visti gli sviluppi che avrà in seguito) che dal
SI, salendo alla mediante minore, vira al RE maggiore. E subito ecco i
clarinetti in SIb (con il corno inglese e le viole) slanciarsi nel terzo (o
quarto?) tema, in una tonalità ancora diversa e lontana, LAb maggiore, chiuso
da una figurazione marziale che tornerà più avanti (motivo della vittoria!) con
grande protervia:
Beh,
bisogna ammettere che ormai il futuro portabandiera della musica teutonica
sapeva usare alla perfezione tutti gli attrezzi del mestiere. E ce lo conferma
subito, sottoponendo i tre temi eroici a sviluppi e modulazioni continue, in
un’orgia sonora che pare per la verità l’evocazione di una (donchisciottesca?) sbornia
di qualcuno cui il successo ha dato alla testa. La sezione si chiude con un
poderoso accordo sulla dominante SIb:
qualcosa di importante deve seguirne, per forza…
È la seconda
sezione dell’opera, che ci presenta i nemici dell’eroe; sono impersonati da due figurazioni
rispettivamente del flauto (cui tengono bordone oboe, corno inglese e poi
l’impertinente clarinetto piccolo) e delle due tube (tenore e bassa):
La
prima sembra con tutta evidenza l’evocazione di atteggiamenti meschini, di
qualcuno che cicaleccia nell’ombra alle spalle dell’eroe; la seconda ricorda
manifestamente Fafner, cioè l’ignavia
fatta persona! Ecco: sono i critici (quelli
che considerano la sua una vita da cani…) capaci solo di sparlare e casomai di
invidiare, come dimostra la comparsa del tema dell’eroe, storpiato e parodiato,
nel corno inglese.
Questa azione
denigratrice si prolunga al punto da provocare vistosi effetti sulla
personalità dell’eroe, che ne viene apparentemente fiaccata: il suo tema
principale torna infatti in tempo piuttosto strascicato e in modo minore,
seguito da motivi che paiono quasi dei lamenti, caratterizzati da intervalli di
seconda minore e da un paio di incisi che ricordano nientemeno che Amfortas (ohi, che dolore!) I nemici
ringalluzziscono e gli girano il coltello nella piaga, tutto sembra perduto, ma
ecco che l’eroe tira fuori le sue risorse più nascoste, il suo tema riprende
poco a poco vigore, si oppone sempre più validamente all’azione demolitrice di
quelle specie di vermi che vorrebbero mangiarselo e, con un eccezionale colpo
di reni, se ne libera vittoriosamente, come ci testimonia la sezione conclusiva
del suo terzo tema, che letteralmente esplode nei fiati, adesso nel pieno del
MIb:
Scampato
il pericolo, nella terza sezione il nostro eroe ci presenta colei che ispira le
sue imprese. Che sia per caso una certa Pauline?
Beh, possiamo starne certi, già a giudicare dalle indicazioni agogiche apposte
sulla parte del violino solista che rappresenta la donna, le quali testimoniano
di una personalità non propriamente accomodante… Poi, la piena e definitiva
conferma l’avremo 5 anni più tardi, con la Sinfonia
Domestica, dove comparirà anche il pargoletto Franz, che ai tempi della composizione di Ein Heldenleben muoveva i
primi passi, e del quale il fresco papà evidentemente non considerava opportuna
la presentazione in uno scenario… eroico, invero poco adatto ad accogliere
prosaiche pappe e pannolini (smile!)
Notiamo
la terzina alla terza battuta: ci
ricorda proprio l’incipit del tema dei nemici! Ohibò, Strauss si cresce una
serpe in seno, una nemica in casa? Beh, non è proprio così, ma sappiamo che il
buon Richard dovette sudare le proverbiali sette camicie prima di convincere la
ritrosa Pauline a convolare a giuste nozze. Anzi, più che sette, le camicie sembrerebbero…
13! Basta all’uopo osservare che il tema
virile (all’inizio non è altro che un frammento di quello principale
dell’eroe, salita da dominante a tonica) prima di esplodere in tutta la sua
ricchezza (la vogliamo chiamare… la capitolazione di Pauline?) in SOLb maggiore,
compare ben 12 volte, nelle seguenti tonalità maggiori: SI, LA, SIb, MI, SIb (6
volte, di cui la prima tripla) MI e FA e sempre viene interrotto dai motivi della donna,
tendenzialmente posti a tonalità stridenti con quelle degli approcci dell’uomo
(!) e caratterizzati sul pentagramma dalle seguenti indicazioni agogiche: languendo farisaicamente, lieto, frivolo, dolce,
piuttosto sentimentale, insolente, molto brusco, giocando, amabile, iracondo, dolce
e amorevole.
Allora,
quelle tre note nemiche possono benissimo rappresentare lo scetticismo e il
rifiuto di Pauline a farsi accalappiare dall’eroico Richard. Ma una volta risolta la faccenda (e lo sarà per
tutta una lunghissima vita!) ecco che le cose cambieranno radicalmente, come
vedremo bene fra poco.
Val la
pena intanto osservare come alla terza interruzione del tema virile, il violino
solista (la musa) introduca (in SOLb, un semitono sopra il FA del tema virile)
un motivo (l’agogica qui è voll Sehnsucht,
pieno anelito, e subito piuttosto sentimentale) che poi verrà
straordinariamente sviluppato – precisamente in SOLb - nella parte culminante
di questa sezione del poema sinfonico, di fatto una scena d’amore (la prima
notte?) in piena regola:
Si noti
come in questa nuova apparizione il tema sia introdotto dall’oboe (l’eroe) e
ripreso dal violino (la musa) È come se l’uomo raccogliesse l’anelito espresso
in precedenza dalla donna, innescandone tutta la carica sentimentale; insomma,
qui si certifica la piena unione fra i due, a dispetto del caratterino di
Pauline! E la tonalità di SOLb maggiore è quella in cui poco prima era
finalmente esploso (anche nel violino solista!) il tema virile:
Tema subito
dopo caratterizzato da una specie di affermazione categorica, che ritroveremo
amplificata più avanti, esposta da quasi tutti gli strumenti:
Tema virile
che poi si sviluppa ulteriormente, seguito dall’altro, in LA maggiore, della
musa, che dopo la fugace apparizione all’inizio della sezione, si sviluppa a
sua volta, mutando da impertinente che era prima
del matrimonio ad accorato e quasi servizievole:
Esso
sfocia nella ripresa in grande stile del tema dell’anelito (la Sehnsucht)
esposto, come detto, da oboe e poi violino solista, quindi una seconda volta da
clarinetto e violino, tema che si innalza sempre più, accompagnato da
ubriacanti glissando delle due arpe,
fino a sfociare in una nuova sezione, che sarà di importanza capitale:
L’inciso
iniziale, ancora una volta, fa parte del tema della musa, che è anche l’incipit
di quello del nemici. Qui però è applicato al rapporto di coppia, come dire: in
passato saremo stati a volte in disaccordo, ma adesso siamo uniti (tutto in
SOLb maggiore!) e siamo pronti a scalare insieme le vette più alte. Ora una
cadenza, sempre nella stessa tonalità, ci fa udire prima clarinetto con oboe e
secondi violini, poi corno con fagotti e primi violini esporre un dolce e
sognante motivo, contrappuntato dal tema della musa nelle viole, e ci conduce
al ritorno del tema principale dell’eroe (corni 3-4 e archi bassi) dopodiché
tutto sembra acquetarsi, sulla reiterazione del languido inciso a terzina del
tema della musa.
Senonchè,
quasi stessero guardando dal buco della serratura, ecco i nemici, i critici
rifarsi vivi con le loro maldicenze e destare nell’eroe (ma anche nella sua donna)
la decisione di dare battaglia, non
prima di un ultimo abbandono amoroso (negli archi).
E la
battaglia è protagonista della quarta sezione dell’opera. Da una
parte quindi non più un donchisciotte solitario, o al massimo scortato da un
obeso scudiero, ma la coppia, ormai
affiatatissima, come ci testimonia il contrappunto dei due temi, dell’eroe e
della sua Dulcinea-Pauline, che scendono in campo fianco a fianco contro i
nemici. I quali da parte loro sono ormai usciti allo scoperto, non si limitano
più al chiacchiericcio pettegolo dietro le spalle, ma gridano ai quattro venti
i loro insulti e le loro critiche, mobilitando tutte le risorse disponibili!
Sono
squilli di trombetta, crudi e dissonanti, a chiamare la battaglia. Ad essa si
preparano i nostri due eroi, i cui
temi (o gruppi tematici, nel caso dell’eroe) sembrano cercare la massima
concentrazione in vista dello scontro. Che è aperto da una colossale rullata di
tamburi (piccolo militare, grande a tracolla e gran cassa) su cui la prima
tromba staglia perentoriamente le note del tema dei nemici, divenuto qui
protervo e smaccato, quanto invece è raggiante, aereo e davvero eroico il tema
della musa che, insieme a quello poderoso dell’eroe, nei corni e poi nei
tromboni, gli si oppone: potenza dell’espressività musicale, che da un’unica
cellula è in grado di sviluppare letteralmente dei mondi diversi!
La
parte principale della sezione è occupata dal contrasto fra i temi eroici (in
archi, quello della musa, nei corni tipicamente quelli dell’eroe) e il tema dei
nemici (nella tromba, col sostegno di un autentico putiferio negli
strumentini). La battaglia alla fine si conclude come vuole il lieto fine: il
motivo della vittoria si impone una prima volta, poi si ripete, ma preceduto e
poi contrappuntato da quello della musa, adesso dilatatosi al massimo grado,
soprattutto nei tre corni. Qui solo due righi che mostrano la compresenza dei
due temi:
La
coppia eroe-musa ha fatto piazza pulita di tutti gli avversari e adesso un
perentorio ritorno (variato) di quell’inciso che aveva caratterizzato
l’esplosione del tema virile nella
sezione precedente suggella la vittoria:
Il tema principale dell’eroe è adesso padrone del campo e di dispiega con grandiosità, imboccando poi una cadenza che lo lega mirabilmente alla seconda sezione di quello della Sehnsucht, che a sua volta si dilata a dismisura, prima di tornare all’intreccio fra il tema dell’eroe e quello della musa. Il quale connubio sfocia in un nuovo motivo, in SI maggiore, che chiuderà la sezione con successive ondate:
Il tema principale dell’eroe è adesso padrone del campo e di dispiega con grandiosità, imboccando poi una cadenza che lo lega mirabilmente alla seconda sezione di quello della Sehnsucht, che a sua volta si dilata a dismisura, prima di tornare all’intreccio fra il tema dell’eroe e quello della musa. Il quale connubio sfocia in un nuovo motivo, in SI maggiore, che chiuderà la sezione con successive ondate:
Segue
ora la parte più smaccatamente pubblicitaria del businessman Richard Strauss: già, perché nella quinta sezione del poema
sinfonico il nostro ci sciorina un vero e proprio campionario illustrato della sua mercanzia, una specie di playlist ante-litteram di motivi tratti
da sue opere precedenti.
Sono
gli spettacolari corni di DonJuan ad
introdurre il… catalogo, subito seguiti da un altro motivo dello stesso poema,
contrappuntato da uno di Zarathustra.
Il tema dell’eroe torna qui, quasi a voler chiedere: visto di cosa sono stato
capace?
Ma dopo
una languida cadenza delle due arpe, chi si rivede (anzi, si risente)? I
nemici, i Fafner nelle tube! Che sembrano sbadigliare borbottando: ma è tutto
qui quel che hai nella tua bisaccia, eroe da strapazzo?
E
allora l’eroe ha uno scatto, dapprima sembra frustrato, forse deciso a mandar
tutti a quel paese: lo sentiamo da frammenti di un tema, già comparso nelle
esternazioni (5a e 8a) della musa nella terza sezione, di cui non abbiamo
parlato a suo tempo, per dargli spazio più avanti, quando tornerà in un ruolo
fondamentale. Anticipiamone però almeno il nome: è il tema del ritiro.
Ma è
solo un attimo di scoramento, perché subito il nostro eroe risponde ai critici con
la calma di chi si sente sicuro (il suo terzo tema, che si libra nei fiati
cullato dalle arpe) sciorinando a più riprese il resto della sua produzione: Tod und Verklärung, DonQuixote, ancora DonJuan,
Macbeth, Till, temi da Guntram e
una citazione di Traum durch die Dämmerung, un Lied di cui udiamo (in clarinetto
basso, tuba tenore e viole e nella stessa tonalità di FA# maggiore) l’incipit
della seconda strofa, Durch Dämmergrau in der
Liebe Land,
un testo richiamato qui non casualmente, stanti i riferimenti del Lied alla…
donna più bella!
Mirabile
l’abilità di Strauss di far dialogare questi frammenti, che si contrappuntano
quasi naturalmente, accompagnati a ritorni del tema dell’eroe e a quello della
virilità, prima che l’esposizione dell’album sonoro si concluda con il motivo
della musa, ampio, nei violini, a contrappuntare i corni di Zarathustra.
La sesta sezione, quella conclusiva, è introdotta da una cadenza che sembra rappresentare l’attesa del nostro eroe per gli effetti di quella specie di arringa con la quale ha creduto di poter convincere i critici con una montagna di argomenti più che concreti. Ma costoro possono mai farsi convincere? Indovinate qual è la loro reazione di fronte all’impressionante mole di opere che l’eroe gli ha sciorinato in faccia: sempre esattamente la stessa, scuotimenti di testa (quella sbifida terzina…) e poi sbadigli à la Fafner di sufficienza e di indifferenza!
E allora l’eroe sembra davvero perdere la pazienza: tornano, per tre battute, frammenti del tema del ritiro, poi sono pezzi del tema dell’eroe (lo spezzone discendente, soprattutto) ad occupare le successive 38 battute, assumendo una forma invero arrabbiata, invadendo con la loro collera tutte le sezioni dell’orchestra. Dopo questo sfogo, l’eroe pare proprio disgustato ed abbattuto: il suo tema sembra quasi afflosciarsi a poco a poco, fino a morire sotto lugubri rintocchi dei timpani.
La sesta sezione, quella conclusiva, è introdotta da una cadenza che sembra rappresentare l’attesa del nostro eroe per gli effetti di quella specie di arringa con la quale ha creduto di poter convincere i critici con una montagna di argomenti più che concreti. Ma costoro possono mai farsi convincere? Indovinate qual è la loro reazione di fronte all’impressionante mole di opere che l’eroe gli ha sciorinato in faccia: sempre esattamente la stessa, scuotimenti di testa (quella sbifida terzina…) e poi sbadigli à la Fafner di sufficienza e di indifferenza!
E allora l’eroe sembra davvero perdere la pazienza: tornano, per tre battute, frammenti del tema del ritiro, poi sono pezzi del tema dell’eroe (lo spezzone discendente, soprattutto) ad occupare le successive 38 battute, assumendo una forma invero arrabbiata, invadendo con la loro collera tutte le sezioni dell’orchestra. Dopo questo sfogo, l’eroe pare proprio disgustato ed abbattuto: il suo tema sembra quasi afflosciarsi a poco a poco, fino a morire sotto lugubri rintocchi dei timpani.
Poi, sbollita la rabbia, torna il sereno: sono 24
battute dominate da una melopea del corno inglese, che espone la sezione
ascendente del tema principale dell’eroe e poi si sofferma su una lunga serie
di terzine bucoliche (Rossini, Berlioz, Wagner…) mentre i violini anticipano il
tema del ritiro, con una inflessione
che ricorda il tristaniano Ach, Isolde!
Ed ecco arrivato finalmente il momento di parlare del ritiro, le dimissioni dell’eroe dal
mondo. Torniamo quindi per un attimo alla terza sezione del poema, al momento
del quinto (poi dell’ottavo) approccio del tema virile, dove
la risposta della musa ci anticipa il motivo che adesso diventa centrale:
Là era in LAb minore, qui è nel più puro e naturale
dei MIb, quello che è proprio dell’eroe
(notare le due battute segnate in rosso):
Ecco, ora attenzione a ciò che si ode nelle viole in
corrispondenza di quelle due battute del tema (e anticipato nella battuta
precedente dai violoncelli):
A proposito di Eroica!
Una scopiazzatura, che dico, proprio una fotocopia
di un frammento del prometeico tema del Finale!
Ma non è ancora finita, poiché anche dimettersi costa fatica, soprattutto se
l’opinione pubblica imperversa con le sue critiche e i suoi lazzi: sentiamo in
effetti un'autentica bufera abbattersi sull’eroe, con tuoni e fulmini e folate
di vento, mentre le sferzanti terzine dei nemici si fanno udire nelle trombe.
Il tema eroico sembra volersi ancora opporre ai
nemici con piglio dongiovannesco, ma
subito è la musa a placarlo, quando nei violini torna il suo tema che dal LA
maggiore scende progressivamente al MIb dell’eroe. Qui ascoltiamo una specie di
ninna-nanna, dolcissima, anche in corni, fagotti, clarinetti oboi e archi
bassi:
Torna poi il motivo che aveva caratterizzato la chiusura
della quarta sezione, adesso più tranquillo, nel primo corno, poi il violino solo
cadenza ancora sul MIb dove ripropone (sognando,
dice l’agogica) il primo frammento della seconda sezione del tema della Sensucht,
poi sono tutti gli archi, divisi, a supportare il corno che porta languidamente
alla conclusione: mentre il violino si tace, è la tromba, che tanto spesso aveva
dato voce ai nemici, ad intonare adesso, scalando con solenne dignità i primi armonici
di MIb, il tema dell’eroe, su cui chiudono, insieme ai tocchi delle percussioni,
tutti e soli i fiati.
___
Ecco, si potrebbe dire che in Ein
Heldenleben Strauss abbia anticipatamente descritto la sua intera parabola
esistenziale! Certo, purtroppo per lui in seguito le disgrazie non arrivarono
solo o tanto dall’atteggiamento dei critici: dovette passare attraverso due
guerre e il nazismo, soffrire (meritatamente?) la povertà materiale e le
umiliazioni della de-nazificazione, e il suo ultimo saluto all’Eroica fu la… marcia funebre (contrappasso alla sua spavalda decisione di escluderla a suo tempo dal poema!)
Ma la vita gli riservò comunque un finale non disprezzabile, a fianco di
Pauline, mano nella mano, Im Abendrot,
ad aspettare serenamente la Verklärung,
dopo l’ineluttabile Tod. E persino
alle sue esequie, mentre il suo corpo veniva trasformato in cenere, il suo
spirito potè ancora ascoltare le strepitose note del finale del Rosenkavalier!
___
Axelrod è partito, mi pare, un po’ con il freno a mano
tirato: le prime tre sezioni hanno peccato forse di mordente, compreso
l’esplodere (qui un filino moscio) del tema virile a coronamento della corte a…
Santaniello, per parte sua davvero
impeccabile nei panni della musa!
Poi le cose sono decisamente migliorate, specie la sezione delle
reminiscenze. Da incorniciare il finale, da emozione pura.
Dopo l’orgia sonora del poema straussiano, a Terza beethoveniana ci appare come una sinfonia di Haydn (smile!) Del resto un’impressione analoga
avrebbe avuto nel 1804 chi avesse ascoltato, dopo l’Eroica, che so, una sinfonietta di Johann Stamitz!
Però l’Eroica è sempre l’Eroica e l’unico pericolo che corre oggi è di essere suonata con
approccio per così dire routinario. Cosa
che per fortuna non fa Axelrod, che ce ne dà una lettura asciutta e senza fronzoli,
per restare in casa Verdi potrei dire…
à la Xian. La marcia funebre mi è parsa
spiccare in modo particolare, in certi momenti per tensione quasi espressionista.
Ovazioni per tutti e ripetute chiamate per il maestro texano, ormai milanese
d’adozione.
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