Ancora Axelrod sul podio dell’Auditorium per un
altro appuntamento di quelli (in senso nobile) pesanti. Dopo il colossale Heldenleben
straussiano della scorsa settimana, ecco la monumentale Seconda mahleriana.
Concerto dedicato alla memoria di Claudio
il Grande, autentico alfiere della renaissance
mahleriana (iniziando proprio dalla Auferstehung)
qui a Milano, alla Scala, come nel mondo intero.
Più interessante può essere sapere come l’ha diretta Axelrod: per me in
modo assolutamente convincente. Intanto per il pieno rispetto dei tempi: lui,
che pure fu allievo di Lenny Bernstein,
evidentemente non ne condivide gli… eccessi, e ciò gli fa onore. Poi per la
squisita leggerezza con cui ha proposto l’Andante moderato, prosciugandone al
massimo i suoni fino a ridurlo quasi ad un quartetto. E la magistrale resa
dell’aspetto parodistico della Predica di SantAntonio.
Una piccola libertà se l’è presa in Urlicht,
facendo imbracciare a Santaniello un violinetto di strada (proprio quello che
Mahler prescriverà, accordato più in alto del normale, per il secondo movimento
della sua quarta) ad accompagnare la
seconda strofa del Lied: una trovata tutto sommato abbastanza intelligente,
dato il contesto.
Impeccabile anche il Finale, impreziosito dalla prestazione del coro di Erina Gambarini, meraviglioso
nell’incipit sulla soglia dell’udibilità dell’Auferstehung.
Onorevoli le prestazioni delle due soliste, la veterana dell’Auditorium Maria Josè Montiel (con cui Axelrod ha
condiviso… un bicchiere d’acqua, smile!)
e la siberiana Eteri Gvazava.
Successo trionfale con minuti e minuti di applausi per i ragazzi, per i quali
ormai gli elogi si sprecano, e ripetute chiamate per i protagonisti.
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