Ancora
Zubin Mehta sul podio scaligero per la
seconda delle tre esecuzioni della mastodontica Terza di Mahler.
La quale tenne a battesimo, nell’ormai lontano 1982, sotto la bacchetta del suo
fondatore Claudio Abbado, la neonata Filarmonica della Scala, allora sponsorizzata
da Mediaset (precisamente dal colto Confalonieri, non già dal musicista da
strapazzo Berlusconi...) che irradiò in diretta il concerto su Canale5. Beh,
erano tempi in cui la cultura ancora trovava un minimo di spazio e attenzione anche nel
mondo del business, che oggi si dedica caso mai a guidare con TV e giornali la
macchina della politica.
La quale, applicando le prosaiche regole
del business, toglie risorse alla cultura, considerata centro di costo e non di
profitto. E, sempre seguendo questo principio, consente ogni deroga alle regole
di distanziamento in bar, ristoranti e luoghi pubblici consimili, riempie i
mezzi di trasporto all’80% (in realtà anche al 120%...) mentre impone a teatri
e sale cinematografiche - dove per definizione si sta seduti e composti a
godersi lo spettacolo - assurde limitazioni di capienza (10-20% al massimo). Così è bastata la
recente impennata di contagi (preoccupante, ma certo non imputabile ai teatri) per
tarpare le ali alla nascente stagione scaligera, il cui annuncio, programmato
per ieri mattina, è stato rinviato sine-die stante la minaccia di nuovi
lock-down. Non
solo, ma anche gli spettacoli già programmati dal 20 ottobre in avanti sono
sub-judice e rischiano l’annullamento. Invece: fermare campionati e coppe? Dico,
scherziamo?
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Bene (anzi... malissimo) torniamo a
Mahler-Mehta. Il venerabile Direttore indiano ha approcciato questa Terza con la stessa serenità da
grande-vecchio che aveva mostrato con Strauss, ma anche con Verdi: non è il
Mahler sesquipedale che troppo spesso
ci viene propinato (anche sulla base di ragioni non proprio peregrine, come
ho già ricordato tempo fa) ma un Mahler al quale è come fossero stati
aggiunti 10 anni di età, rispetto a quella che aveva nel 1894-96 quando compose
la sinfonia. Meno sanguigno, meno velleitario, ma forse più... umano, ecco.
Brave le coriste e le voci bianche di Casoni nel loro bimm-bamm; discreta la Daniela
Sindram (per me meglio in Arnim-Brentano
che in Nietzsche...); emozionante la
tromba - pareva arrivare dall’aldilà - del postiglione
Francesco Tamiati, tutti lungamente applauditi dopo questa autentica
maratona.
Ma il trionfatore è
stato ovviamente lui, il grande vecchio Zubin, che fatica a reggersi sulle
gambe, ma che ha la testa a posto più
di tanti giovani!
2 commenti:
Grazie infinite della tua recensione, tanto più preziosa in tempi di accessi severamente ridotti alla musica dal vivo! (avrei voluto esserci infatti a questo concerto).
Angelo
@Angelo
Troppo buono! Anche perchè la mia, più che una recensione, è una scarna cronaca...
Purtroppo temo ci aspettino tempi ancor peggiori!
Grazie ancora.
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