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11 maggio, 2018

laVerdi 17-18 – Concerto n°26

                                           
É proprio destino che il venerabile Vladimir Fedoseyev (in passato spesso di casa in Auditorium) resti ancora una volta tabù (i suoi quasi 86 anni gli creano qualche problema...) Così il concerto di questa settimana è stato affidato in fretta e furia al pur bravo Maxim Rysanov, alla sua terza comparsa con laVerdi. Questa volta il violista-direttore non ha diretto a mani nude, ma impugnando un... lapis (chissà se prima o poi arriverà alla bacchetta!) 

Si è cominciato con la Sinfonietta di Prokofiev, un autentico gioiellino, già udito qui per la prima volta circa tre anni fa, con esito (almeno per me) francamente scarsino (taccio del peccatore). Invece Rysanov ce la propone in tutta la sua freschezza, un brano pieno di leggerezza, di serenità e di humor (buona parte della partitura è in tempo di 6/8... non so se mi spiego). Così il pubblico (non certo oceanico, devo dire) gradisce assai. 
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Conrad Tao, che non viene da Shanghai ma dall’Illinois, torna in Auditorium dopo 18 mesi (allora suonò il più celebre concerto russo) per proporci il Terzo di Prokofiev. Lui oggi non ha ancora 24 anni ma è già un vulcano di... produttività, non limitandosi a suonare, ma anche a comporre e ad organizzare festival ed eventi musicali.

La sua tecnica è trascendentale e questo pezzo - dove il solista è chiamato più a svolgere esercizi di virtuosismo che a proporre atmosfere romantiche... - gli consente di metterla proprio tutta in luce. Se qualcuno volesse fare lo scettico, dubitando delle sue capacità di espressione e considerandolo solo un efficiente robot, ecco che il ragazzo lo smentisce con questo scarlattiano bis, davvero ispirato.
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Si chiude con il Quartetto n°8 di Shostakovich trascritto (fedelissimamente) per orchestra d’archi dal compianto Rudolf Barshai (che fu per anni ospite de laVerdi) e ri-nominato Sinfonia da camera. (Qui alcune mie considerazioni estetico... politiche sul brano, in occasione della sua più recente apparizione su queste scene).

Bravissimo Rysanov (che come solista di viola deve saper bene cosa sia un quartetto!) a trovare un eccellente equilibrio fra le due contrastanti esigenze: rendere fruibile al meglio la scarna ma purissima sonorità di un brano composto per pochi strumenti in un ambiente le cui vastità obbligano all’ipetrofico rinforzo delle voci.

Successo pieno per un programma che merita un pubblico più... vasto!

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