Secondo
appuntamento stagionale all’Auditorium (ieri sera affollato, ma... non troppo) con
Robert Trevino, il giovane texano
trapiantato (per ora) presso i Baschi, che ci propone la sua visione della Sesta mahleriana. Che è la
più controversa delle nove (dieci... undici?) sinfonie del boemo, a cominciare
proprio dalle... controversie con se stesso in cui il compositore si trovò a
dibattersi, prima, durante e dopo la presentazione dell’opera (Essen, venerdi
27 maggio, 1906).
Ho espresso molti anni fa alcune personali
valutazioni
sulla Sesta, che ripropongo ai curiosi. In Auditorium la
sinfonia aveva risuonato l’ultima volta più di 4 anni orsono, e in
quell’occasione avevo riportato, oltre ad alcuni miei commenti, il giudizio di uno dei
mahleriani più autorevoli, il compianto Ugo
Duse. (Mi scuso in anticipo per i vari link,
presenti in quei post, che si risolvono in... nulla, ma questo è il web, bellezza!) Come allora, anche stavolta
non ci sono brani introduttivi al concerto, ed è un bene, poichè questa è una
sinfonia che (come altre di Mahler: 2-3-8-9) merita un trattamento speciale e
una serata tutta per sè. (Peraltro non fu così alla prima di Essen, dove la nuova sinfonia fu preceduta - per... prepararne
adeguatamente l’atmosfera! - dalla mozartiana Maurerische Trauermusik, diretta da Strauss.)
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Trevino opta per la (tradizionale anche
se discussa) versione-Ratz per quanto concerne la sequenza dei movimenti (e
pure la terza martellata) quindi suona lo Scherzo
in seconda posizione, prima dell’Andante.
A mio (e non solo mio) modesto avviso ciò comporta una certa assimilazione
della Sesta alla Quinta (due blocchi pesanti ai margini, che incastonano un delicato
intermezzo); e anche un cedimento agli elementi extra-musicali da sempre - più o
meno a ragione - sospettati essere alla base del lavoro: l’eroe Gustav, Alma,
le piccole Putzi-Gucki, il lungo sguardo retrospettivo in attesa della catastrofe
e questa che arriva ad abbattere l’eroe.
E la sua interpretazione parrebbe
proprio indicare l’adesione personale, si direbbe quasi autobiografica, al lato
melodrammatico della partitura: attacco eroico, secondo tema assai espressivo;
scherzo a forti contrasti, andante strappalacrime e finale invero a fosche tinte
ma con sprazzi intimistici al limite del lezioso. Qualche perdonabile libertà
in agogiche e dinamiche non toglie nulla alla qualità e alla coerenza assoluta
della sua lettura (sulla quale si può magari non concordare).
Orchestra in gran spolvero e successo
clamoroso, con applausi ritmati all’indirizzo del Direttore. Serata da
ricordare.
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