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07 luglio, 2017

Le 9 di Beethoven secondo Flor e laVerdi


Ieri sera l’Auditorium ha ospitato il primo dei cinque concerti con i quali il nuovo (ma amico di vecchia data) Direttore Musicale de laVerdi, Claus Peter Flor, ha aperto il ciclo delle 9 sinfonie di Beethoven

Ciclo strutturato secondo un criterio quasi-cronologico, nel senso che la sequenza di presentazione delle sinfonie rispetta quasi fedelmente quella della loro composizione e dell’originale presentazione al pubblico. Fa eccezione solamente la n°2, che è stata accorpata alla n°8 nel penultimo concerto (in compagnia, a mo’ di riempitivo, delle due Romanze). Una soluzione di compromesso che ha il pregio di accostare (almeno per i primi 3 appuntamenti) una sinfonia meno (apparentemente) impegnativa ad una di quelle davvero toste. Unica controindicazione il brusco passaggio dalla 1 alla 3, che crea un gran contrasto, ma ci fa perdere l’apprezzamento dell’evoluzione beethoveniana intervenuta fra la 1 e la 2.
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Da qualche anno, quando si parla di Sinfonie di Beethoven si fa spesso riferimento all’edizione impiegata per l’esecuzione. Ciò perchè da 20 anni (più o meno) a questa parte sono comparse almeno due nuove edizioni critiche delle sinfonie beethoveniane: una, uscita negli anni 1997-99, è distribuita da Bärenreiter e curata da Jonathan Del Mar (figlio d’arte, del celebre musicologo Norman). Essa si contrappone a una nuova revisione - opera di Clive Brown e Peter Hauschild che aggiorna quella ormai storica e tradizionale di Breitkopf del 1862, che è stata – insieme a quelle successive di Peters, da essa derivate - universalmente impiegata in passato (ma lo è ancor oggi, e forse in maggioranza). Devo dire che si tratta di problemi che possono interessare più il filologo che l’ascoltatore, dato che il risultato delle ricerche (per carità, meritorie) dei musicologi si traduce più che altro nella precisazione (o anche correzione, talvolta) di particolari minimi che difficilmente sono rilevabili anche ad un ascolto attento. Ecco un esempio relativo alla prime battute dell’Op.21 (da sinistra: Peters/Breitkopf storica – Bärenreiter – Del Mar, clickare per ingrandire):


Come si nota, si tratta di sfumature quasi impercettibili e/o di avalli dell’edizione Breitkopf (a sua volta derivata dalle parti originariamente pubblicate nel 1801 da Hoffmeister&Kühnel). Non è raro che le differenze fra diverse edizioni riguardino problemi di volta-pagina per le parti, magari legati a contestati da-capo (esemplare lo Scherzo della 5a)!

Persino se si ascolta un’esecuzione fatta con la vecchia edizione Breitkopf leggendo la nuova partitura Bärenreiter (e viceversa) si fatica a percepire le differenze fra le due edizioni. Per questo sono personalmente convinto che all’ascolto ci sia assai più differenza fra due diverse interpretazioni della stessa edizione che fra due diverse edizioni critiche della stessa sinfonia: in sostanza, gli interventi che il Direttore fa normalmente sulla partitura (si pensi solo alla personale interpretazione dell’agogica e delle dinamiche) sono spesso e volentieri ben più evidenti (all’ascolto) delle differenze fra una nota staccata o meno, o fra un crescendo e una forchettina, come minuziosamente rilevati dall’editore critico.
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Tornando al ciclo di Flor, la prima serata ha visto un Auditorium assai affollato, chiaro segnale dell’interesse del pubblico per il nuovo Direttore Musicale (oltre che, ovviamente, per Beethoven).

Devo dire che è stato un esordio positivo sotto tutti gli aspetti: Orchestra (disposta alla tedesca, con i secondi violini di Gianfranco Ricci al proscenio) affiatata e capace di esprimere sonorità settecentesche nella prima e (pre)romantiche nell’eroica.

A Flor mi sentirei di (bonariamente) rimproverare solo un tempo un tantino accelerato nella seconda parte dell’Andante della prima; per il resto mi è parsa, la sua, una lettura rigorosa, nello spirito e nella lettera (rispettati, per dire, tutti i da-capo). Meritati gli applausi per lui, che si sono ripetuti poi calorosamente nel foyer-bar, in occasione di un simpatico brindisi di benvenuto.

Domenica, 4a e 5a. 

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