Continua la
sequenza dispari delle sinfonie mahleriane. Di scena questa settimana la Quinta,
e sul podio torna per l’occasione John
Axelrod.
Come
aperitivo il programma prevede la Suite
dalla Mahagonny (vicissitudini di una città… dagli altari alla
polvere) di Kurt Weill. Si tratta di sette
brevi estratti dall’opera (circa 20’) approntati 30 anni dopo la composizione
originale (che è del 29-30) da Wilhelm
Brückner-Rüggeberg, direttore d’orchestra
abbastanza noto a metà del ‘900 anche per avere diretto e inciso le opere della
coppia Brecht-Weill con Lotte Lenya.
Nel 1998 Mariss Jansons
ha inciso la suite con i Berliner.
La Suite
apre con l’Allegro giusto che
introduce l’irresistibile ascesa della città; ci sentiamo anche la famosa Alabama song (nel Moderato assai, N°2) che poi torna anche
nel finale, il Largo (senza voci,
ovviamente) che certifica, a mo’ di marcia funebre, il fallimento di questa
specie di LasVegas del malaffare.
Insomma, un
bel bigino dell’opera e una interessante
novità proposta da laVERDI, che Axelrod ha diretto in modo teso e vibrante e che
il pubblico ha accolto con calore.
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La Quinta
è ormai un altro dei cavalli di battaglia de laVERDI, che l’ha eseguita fin dai
tempi di Delman, per passare poi a Chailly e infine alla Xian e a Caetani. Axelrod si trova quindi a beneficiare di
una ricca dote di esperienza, alla quale lui aggiunge la sua personale
sensibilità, che gli viene anche dall’esempio di uno dei suoi maestri, Leonard Bernstein.
Peraltro il Maestro texano si guarda bene dal prendersi tutte quelle (eccessive, francamente) libertà che il
grande Lenny si poteva permettere! La
sua è una direzione rigorosissima sul piano di agogica e dinamica, proprio nello
spirito mahleriano: da incorniciare la prima parte, con i due movimenti funebri,
ma tutta l’esecuzione è stata davvero rimarchevole e i ragazzi si sono superati
(l’attacco in unisono dei 4 corni dello Scherzo
ha mostrato l’unica pecca tecnica dell’intera esecuzione) meritandosi alla fine
grandi ovazioni da un pubblico entusiasta.
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