Un’apertura
in tono minore.
Così a Radio3 il commentatore stabile del ROF Giovanni Vitali ha sintetizzato l’esito della serata inaugurale del
Festival, che ripresentava dopo 21 anni Armida. In effetti
l’accoglienza del pubblico è parsa, a primo udito, piuttosto freddina: applausi
quasi di cortesia dopo i numeri
principali e alla conclusione, quasi con una gran fretta di andarsene. Al
termine del second’atto si è udito anche qualche chiaro buh, chissà se indirizzato alla nuova messinscena di Ronconi (e/o in particolare ai balletti
che chiudono quell’atto).
Dissensi misti ad applausi per la
protagonista Carmen Romeu, che a
qualcuno presente 21 anni orsono avrà fatto rimpiangere un’allora giovane e
rampante Renée Fleming. Il soprano spagnolo ha aperto il ROF 35 così come aveva
chiuso il 34 (Elena ne La Donna del Lago):
senza infamia e senza lode, a voler essere indulgenti.
Dei 4 tenori (due…
sdoppiati) han fatto cose discrete Dmitry Korchak (Gernando-Carlo) e Antonino Siragusa (Rinaldo); ordinaria prestazione
per gli altri due, Randall Bills (Goffredo-Ubaldo)
e Vassilis Kavayas (Eustazio). Discreto
il basso Carlo Lepore, pure lui sdoppiatosi
nei non proibitivi ruoli di Idraote e Astarotte.
Di incolore routine
mi è parsa la direzione di Carlo Rizzi, come pure la prestazione dell’Orchestra
e del Coro di Bologna.
Insomma, una serata
che di certo non sembra autorizzare le richieste di risorse che il patron Mariotti reclama, forte di dati (oggettivi?)
sull’indotto che il ROF porterebbe all’economia
della provincia.
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