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22 luglio, 2014

Il Conte Ory. E la Contessa? Oryna

 

Un Piermarini scandalosamente semideserto ha accolto ier sera – prima di chiudere per ferie - l’ultima recita del penultimo capolavoro teatrale del sommo Gioachino.

 

Una serata nella più aurea mediocrità, dalla quale sono emersi - a mio modestissimo parere, e non più in alto che col naso – il protagonista Colin Lee (che non ha fatto troppo rimpiangere il forfettario JDF) e due dei comprimari: il Raimbaud di Stéphane Degout e la Ragonde di Marina De Liso.

Gli altri, una frana: a cominciare dalla Aleksandra Kurzak, una gran bella gnocca perfettamente integrata nella pièce di avanspettacolo messa su da Laurent Pelly, ma il cui canto (sguaiatezze negli acuti e totale approssimazione nei virtuosismi) non può esser degno di Rossini (e a ben vedere di alcun altro serio compositore di opere liriche). Del tutto meritata la salva di dissensi che l’ha accolta alla singola finale. Dissensi indirizzati anche al Kapellmeister Donato Renzetti (chiamato a sua volta a rimpiazzare il titolare Stefano Montanari) forse perché in fatto di miracoli non si è dimostrato più efficace di Ory (smile!)

Roberto Tagliavini (Gouverneur), José Maria Lo Monaco (Isolier) e Rosanna Savoia (Alice) sono tutti affetti dalla stessa malattia: quando devono cantare nella cosiddetta ottava bassa fanno la figura del pesce in acquario: e siccome in Rossini ci sono ad ogni piè sospinto passaggi che attraversano il rigo da cima a fondo, il risultato è che la metà del testo risulti inudibile, come succede quando un altoparlante funziona a singhiozzo.

Gli altri e il coro di Casoni su livelli accettabili.

Quanto alla regìa, Pelly ha prodotto una cosa che fatica a raggiungere le altezze del …vecchio Teatro Smeraldo (oggi purtroppo riconvertito a mangiatoia). L’eremita in cui Ory si traveste nel primo atto era una cosa fra Toro Seduto e Ras Kaylù; meglio la suora del second’atto, però che il terzetto finale venga degradato a scena threesome with dp (chiedere spiegazione agli esperti di porno) supera ogni immaginazione.  

Se tanto mi dà tanto, quando gli chiederanno di mettere in scena un’opera di Gluck, lui sceglierà… Ifigonia in Culide (stra-smile!) Che poi il pubblico si diverta con Rossini ridotto al più sbracato degli avanspettacoli non deve fare alcuna meraviglia, visto che nello stesso tempio – e per limitarci a questa stagione – si è usato Verdi come colonna sonora per accompagnare scene di produzione di lasagne e minestroni.

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