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20 maggio, 2011

Stagione dell’OrchestraVerdi - 35



Il gran finale di stagione si apre con un concerto di quelli davvero classici: Mozart e Bruckner. Sul podio e prima anche alla tastiera il 61enne Christian Zacharias.

Il Concerto K595 di Mozart è una delle ultime sue composizioni (1791, anno della morte) e ha una struttura piuttosto esile, almeno dal punto di vista dell'organico: via clarinetti (e questa non è una novità) trombe e timpani. Insomma, una cosuccia apparentemente leggera, che invece contiene tutta la genialità del grande Teofilo, che ci introduce arditissime e innovative modulazioni e che si permette (non è la prima volta) anche di auto-citarsi. Così, proprio all'inizio, incastonato fra le due sezioni del tema principale, appare per due volte un inciso (che cade da tonica a mediante, passando per la dominante) che viene da lontano: circa 10 anni prima lo ritroviamo infatti nel finale della Haffner, che a sua volta lo ricordava dal Ratto:
Più vicina è invece la Jupiter, di cui sentiamo un chiaro ricordo del Finale:
Anche il tema esposto subito dal pianoforte all'inizio del Larghetto è qualcosa che Mozart ci ha già fatto sentire, precisamente nel finale della Sinfonia Linz, prima che anche Beethoven lo impiegasse in una sua minore sonatina per pianoforte:
E una sua iniziale cellula viene anche riproposta nell'Allegro conclusivo.

Zacharias impiega una sezione d'archi poco più che cameristica e ci porge questo gioiellino con grazia e leggerezza tutta settecentesca, ben supportato dall'orchestra, che mostra un invidiabile amalgama fra archi e fiati. Non mancano alla fine diverse chiamate per Zacharias, che concede un bis, ancora mozartiano.

Ecco poi la monumentale Wagners-symphonie di Anton Bruckner. Continuamente rivista, aggiustata, assestata e ripulita per quasi una vita (18 anni, mentre nel frattempo il nostro aveva già composto quasi tutte le sue restanti sinfonie, nona esclusa!) e sulla quale misero come al solito le mani i suoi discepoli (non sempre disinteressati).

Sinfonia impiantata in RE minore, come la nona beethoveniana e come altre due dell'organista di SanktFlorian: la giovanile numero zero (Bruckner era notoriamente affetto da comptomanìa, e c'è anche una meno-uno, se è per quello!) e la conclusiva ed incompiuta nona. RE minore, tradizionalmente tonalità di malinconia e tristezza, che lascia però il campo – proprio come in Beethoven – al Finale in RE maggiore, la tonalità degli Hallelujah! e dei trionfi.

Sul significato dell'impatto della tonalità (intesa come altezza del suono) sull'orecchio umano e addirittura sui concetti rappresentati dalle diverse tonalità si son scritte enciclopedie. Ad esempio Christian Schubart nel 1806 scrisse nelle sue Ideen zu einer Aesthetik der Tonkunst che il SIb minore è la tonalità del suicidio (quindi Ciajkovski, col suo giovanile concerto per piano, aveva già imboccato la strada giusta, smile!) Ma la valenza scientifica di ciò è assai labile, se si prende come base il temperamento equabile e se oltretutto si considera che il diapason standard, dai tempi di Bruckner (ma più ancora di Beethoven) è salito di svariati hertz (da 422 a 435, oggi a 440, corrispondenti ad un innalzamento di quasi un semitono). Quindi il SIb minore del suicidio di Schubart oggi sarebbe un LA minore, che secondo lui rappresenterebbe però la delicatezza di carattere

Per ottenere oggi il supposto effetto eroico che Beethoven consegnò al MIb della sua Eroica, dovremmo farla suonare in RE. E il suo quarto Concerto per piano - essendo in SOL maggiore - secondo il solito Schubart esprimerebbe piacevoli emozioni dell'animo; ma se glie lo suonassimo con il SOL di oggi, è come se Schubart lo ascoltasse nel suo LA bemolle, che per lui era indice di sepolcri, morte e putrefazione!

Insomma, vien da pensare che il tutto altro non sia che frutto di convenzioni. Diverso il discorso sui modi, ciascuno dei quali implica invece una particolare struttura melodica (e armonica) della narrativa musicale che – magari indipendentemente dalla tonalità – può produrre e produce di sicuro effetti specifici e diversi sulla cervice umana (celebre è rimasta la droga instillata nei soldati, mandati a battaglia, dall'ascolto di melodie in modo frigio).

Tornando a bomba, anzi a… tromba, il tema principale della sinfonia, che tornerà poi, ciclicamente e in modo maggiore, alla fine dell'opera, richiama vagamente Wagner, che bonariamente dichiarò a Bruckner di averlo apprezzato assai (è già molto che avesse letto la prima pagina della partitura):
E altre influenze wagneriane si intravedono in tutta la sinfonia. Qui Zacharias – che dirige senza bacchetta – è bravissimo, secondo me, nello scolpire i diversi blocchi sonori che costituiscono questa specie di cattedrale: le enormi colonne degli ottoni che reggono le nervature e le arcate di legni e archi.

Anche l'Adagio lascia intravedere atmosfere wagneriane, in certi passaggi degli archi. Emozionante poi quello – un vero Höhepunkt - che precede l'epilogo, dove le trombe in ff, e nel generale fff del resto dell'orchestra, espongono la loro maestosa perorazione, in SOLb:
Qui Caruana, Vallet e Ghidotti sono stati davvero spettacolosi.

Ecco poi lo Scherzo, che anche un asino riconoscerebbe essere di Bruckner, tanto ne è spiccato e quasi smaccato il DNA. Ancora gli ottoni strepitosi in quelle discese di due ottave (DO-DO) che chiudono la sezione principale.

Arriva infine il gigantesco Allegro, dove fa capolino anche Loge, con il suo caratteristico cromatismo… infuocato. Forse il tema più interessante di tutta la sinfonia è quello in FA# maggiore, che viene composto come risultante di due linee melodiche, affidate ai violini primi e secondi (un po' come succederà al tema del finale della Patetica ciajkovskiana):
È la batteria degli ottoni – come spesso accade in Bruckner – a dover vedere ancora i sorci verdi, con colossali passaggi in corale che mettono a dura prova la compattezza della sezione. Ma Amatulli, Rizzotto e compagni sono in stato di grazia e il trio delle trombette chiude alla grande con la riproposizione del tema iniziale della sinfonia, qui in un trionfante RE maggiore, sostenuto e ribadito dall'intera orchestra, fino all'unisono conclusivo.

Inutile aggiungere del trionfo per tutti e per Zacharias (cui Bruckner avrebbe sicuramente offerto una birra, smile!)

Prossimamente un bel viaggetto in Russia, con Oleg Caetani.
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