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13 maggio, 2011

Stagione dell’OrchestraVerdi - 34


Per il concerto n°34 della stagione, ecco una strana coppia: Rossini&Menotti. L'omaggio al creatore del Festival dei due mondi è doveroso almeno per due motivi: il centenario della nascita ed anche il sodalizio che lega l'Orchestra a Spoleto, dove è ospite frequente.


Menotti è stato un esempio fulgido di come si potesse – e si potrebbe – anche ai giorni nostri comporre musica piacevole per l'orecchio impiegando in primo luogo la propria felice ispirazione, al cui servizio poi mettere la tecnica e la tecnologia musicale. Insomma, l'esatto contrario di ciò che – soprattutto dalla metà del secolo scorso – hanno fatto le cosiddette avanguardie, prevalentemente impegnate a trovare surrogati tecnologici o fonologici al vuoto di ispirazione. Purtroppo Menotti ha fatto la fine di tutti quegli onesti riformatori che sono stati regolarmente emarginati da più o meno mascherate dittature: forse sarebbe tempo di restituirgli ciò che si merita. Ed è quanto, nel suo piccolo, ha fatto questo programma de laVerdi.


Il Concerto per violino (1952) è scritto nella classica forma tripartita (Allegro-Adagio–Allegro) e non sfigura affatto rispetto ad altre composizioni del novecento storico (Prokofiev, Shostakovich, per dire). Qui un'esecuzione del grande Ruggiero Ricci. Ad offrircelo è il nostro Luca Santaniello, che per l'occasione ha lasciato la sua sedia di Konzertmeister a Danilo Giust (che normalmente siede alla sua sinistra): bravissimo nel mettere in risalto i passaggi virtuosistici del concerto, ma anche quelli più intimistici, in specie nell'Adagio. Gran trionfo per lui, che regala un bis insieme ai colleghi della sua sezione (più l'arpa della brava Elena Piva) eseguendo – proprio come si deve e dovrebbe! - l'Intermezzo di Cavalleria.


La Suite dal balletto Sebastian (1944) è un altro esempio della grande ispirazione che anima la musica di Menotti: qui siamo praticamente a teatro (dove il nostro ha lasciato alcune vere perle) e la Suite concentra in sette numeri le principali vicende di questa specie di favola veneziana che ha per protagonista un Sebastiano laico che fa però la stessa fine del Santo. Qui un'esecuzione a Spoleto. Da incorniciare la Barcarole (n°2) e la conclusiva Pavane.

Ad incastonare le due opere di Menotti, tre sinfonie rossiniane, che Francesco Maria Colombo ha diretto da par suo, con piglio e autorevolezza. Strepitoso il finale della Gazza Ladra dove – nelle 36 battute del Più mosso, prima dei due accordi conclusivi – ai violini è stato chiesto un forsennato sprint degno del miglior Cipollini (smile!) Ma le sinfonie del genio di Pesaro sono anche grandi palestre per autentici solisti. E così Luca Stocco ha modo di scatenarsi nelle tremende volate dell'oboe della Scala di seta; infine, nel conclusivo Guglielmo Tell, dapprima Mario Grigolato con il suo pacchetto di violoncelli e poi Antonio Palumbo con il suo corno inglese si guadagnano meritatissime lodi.

Insomma, una serata di grande musica, che prelude al prossimo ritorno ai concertoni: con Mozart e Bruckner.
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