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06 maggio, 2008

Muti a Chicago

La notizia ha colto tutti di sorpresa. Poichè, dopo la cacciata da LaScala e a 66 anni suonati, Muti sembrava deciso a seguire le orme di Barenboim (appena più giovane di lui): evitare incarichi che comportino attività di tipo organizzativo-amministrativo-pubblicitario per dedicarsi esclusivamente a fare musica, seguendo solo le proprie attitudini estetiche e i propri gusti e preferenze.

Invece, ecco che il Riccardo accetta di rimpiazzare - a Chicago, per 5 anni a partire dal 2010 - proprio quel Daniel che da lì aveva mosso il primo passo verso la libertà...

”Per l’ultima volta in vita mia”, si è affrettato a precisare Muti, che nel 2015 avrà 74 anni, e nel 2010, all’inizio del mandato, ne avrà 69, il più anziano direttore a prendere quell’incarico alla CSO (Fritz Reiner, a suo tempo, ne aveva 64 e Georg Solti 57...)

”Ho trovato una situazione che ha reso più dolce il mio cuore inaridito”.

Muti precisa anche che continuerà a risiedere a Ravenna, salvo passare a Chicago 3 mesi all’anno (il contratto prevede 10 concerti a stagione in loco, più tournée in US e all’estero). “Non è la quantità, ma la qualità che conta” ha aggiunto. Del resto al Maestro non mancano i mezzi per dimorare dove più gli aggrada, a seconda degli impegni (in questi giorni è nella sua villa di Anif, il paesino dov’è sepolto Karajan, a preparare per Salzburg il paisielliano Matrimonio inaspettato, proprio come il suo con la CSO!).

Fin qui la cronaca dei fatti. Passiamo ai commenti di provenienza yankee.

La stampa dell’establishment ha preso la cosa nel modo più positivo, ai limiti del trionfalismo. Gli aggettivi, i peana e gli evviva si sprecano:

- carismatico, esperto e dotato di gran talento,
- una delle poche eminenze del podio rimaste,
- uno degli ultimi leoni del fascino del podio,
- uno dei grandi direttori orchestrali ed operistici del mondo,
- poche persone sul pianeta sono dei giganti nel mondo della direzione, e lui è fra questi,
- ha un vasto repertorio, è assai stimato dagli orchestrali per la sua integrità musicale fuori dal comune, il suo orecchio impeccabile, la sua intelligenza indagatrice e l’intensa convinzione sul podio,
- darà lustro al profilo culturale della città,
- la sua presenza darà molto non solo all’orchestra, ma alla città di Chicago,
- acquisirlo è un tremendo successo per Chicago,
- averlo qui apporterà incalcolabili benefici all’esperienza musicale di tutti,
- è stata una gran cosa poter attirare qui un leader del suo calibro,
- una scelta che è andata al di là delle nostre speranze,
- la miglior polizza di assicurazione contro futuri disastri finanziari della CSO,
- un artista dalla coscienza civile e morale,
- una figura impetuosa con fluenti riccioli corvini, ma che impone un approccio rigoroso alla partitura,
- un italiano carismatico che può cavar fuori il meglio dai musicisti,
- lui infonde insieme entusiasmo e sostanza,
- un leader che è all’altezza della statura dell’orchestra,
- ci siamo letteralmente innamorati di lui come persona,
- è davvero un privilegio poter dire: lavorerò con quest’uomo...


Passiamo ora a qualche blogger di rilievo internazionale:

A.C.Douglas, dopo aver tratto un sospiro di sollievo per la sua Philadelphia Orchestra, che a suo avviso ha scampato un bel pericolo, ricorda come Muti - nei 12 anni in cui ne fu alla testa, fra il 1980 e il 1992 - abbia in pratica distrutto il suono caratteristico (la firma) di quell’orchestra, trasformandola in una ipertrofica banda da opera italiana. E aggiunge che Muti manca totalmente dell’affinità con tutta la musica da concerto austro-tedesca del 1800 - primi del 1900, da Beethoven in poi. Il suo ciclo beethoveniano con la PO è privo di carattere, noioso da sbadigliare; i suoi Brahms, Mahler, Schubert e Schumann sono insipidi...

Bryant Manning è lapidario: dopo averlo visto alla prova il settembre scorso nella Terza di Prokofiev, giura che Muti camperà fino ai 100 anni!

Il britannico Pliable si limita ad un ricordo prosaico: a Philadelphia nel 1980 per fare delle incisioni (lavorava per la EMI), una sera cercò invano di trovare un taxi per Muti. Il quale commentò: “La Deutsche Grammophon mi avrebbe messo a disposizione una limousine”. Sul piano artistico, un commento criptico: “...delle interpretazioni di Muti mi colpisce massimamente la circonferenza, poco il cerchio...” (?)

In Italia?

Davvero simpatico il titolo di BLOGregular (Riccardo Bears) che richiama la famosa squadra di football della futura patria di Muti. (però bears può anche significare sopporta...)

Alessandro Romanelli (L’Orecchio di Dioniso) fa gli auguri a Muti, non senza ricordare (un poco campanilisticamente) che il Riccardo è passato anche da Molfetta.

La milanese d’america Opera Chic si limita all’annuncio con tono da breaking news: nei commenti si va dall’entusiasmo alla messa in guardia di Muti dall’idra CSO...

3 commenti:

mozart2006 ha detto...

I miei migliori auguri al maestro Muti.Non sono peró sicuro che la CSO abbia fatto un buon affare,in quanto ritengo Muti un eccellente direttore operistico che nel campo sinfonico é sempre stato,salvo poche eccezioni,assolutamente irrilevante dal punto di vista interpretativo.

Alessandro Romanelli ha detto...

Gentile "Proslambanomenos"(ma è per caso greco...italianizzato?) non è assolutamente campanilistico affermare che Muti non sia solo "passato da Molfetta", ma ci sia vissuto per un quarto della vita. E'infatti nato a Napoli solo perchè la mamma del maestro voleva che nascesse nella sua città d'origine.

daland ha detto...

Alessandro Romanelli,
per carità il mio riferimento al campanilismo non nascondeva alcun appunto critico: il campanilismo, anzi, è o dovrebbe essere una qualità positiva. Io sono il primo a decantare le qualità di miei conterranei, come il filosofo Emanuele Severino o Papa Paolo VI, o il fu governatore Guido Carli!

A proposito di origini, io sono bresciano e vivo a Sesto san Giovanni, Proslambanomenos è il titolo - alquanto pretenzioso, lo ammetto - del blog. Il mio nick è Daland, in omaggio alla mia passione wagneriana e ad una certa affinità che trovo con le caratteristiche - non proprio edificanti, ahimè - di quel norvegese...