intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

29 aprile, 2008

Bayreuth: qualcosa si muove (?)

Oggi si è riunito lo Stiftungsrat, il Consiglio di Amministrazione del Festival wagneriano.

Ha preso atto del contenuto di una lettera del direttore-a-vita Wolfgang Wagner (88 anni) che si dice pronto a lasciare entro il 31 agosto 2008 (alla chiusura del Festival di quest’anno).

Nella lettera non si fa menzione di condizioni di sorta, ma non occorre essere troppo intelligenti per capire che la condizione c’è, e perfettamente chiara: che al posto del vecchio marpione siano nominate le sue due figlie: Kathi, la prediletta (30enne, figlia della seconda moglie Gudrun, recentemente scomparsa) ed Eva, figlia di primo letto (63enne, oggi direttore musicale del festival di Aix).

Non è detto che Nike, nipote di Wolfgang (figlia del di lui fratello Wieland, morto nel 1966) se ne stia zitta e buona come nulla fosse. È anche lei una concorrente al posto, ed ha già presentato una sua vision sul futuro del Festival.

Persino Gottfried, figlio di Wolfgang e da tempo bandito da Bayreuth (si è stabilito qui in Italia) non è detto che non voglia dire la sua, magari solo per rompere un po’ le palle e togliersi qualche sassolino dalle scarpe...

Bayreuth dal lontano 1973 non è più proprietà della famiglia Wagner; vive grazie a ingenti contributi pubblici e al mecenatismo di aziende e privati. Che alla guida ci debba per forza essere un (o una) Wagner comincia a non andar giù a molta gente.

La prossima riunione del Consiglio è prevista per il 1° Settembre: prima di allora non c’è dubbio che la saga vivrà nuove puntate.

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Breve storia del Festival

Il festival ha 132 anni, essendo stato inaugurato da Wagner nel 1876, con la prima edizione completa del Ring.

Dopo 6 anni di “riposo”, il Festival riprese nel 1882 con Parsifal.

Morto Wagner (Venezia, 1883) la direzione passò alla moglie Cosima Liszt, che lo diresse in prima persona dal 1886 fino al 1908 (13 stagioni) e poi per interposto Siegfried (figlio suo e di Richard) fino al 1930 (10 stagioni).

Morto Siegfried, la di lui moglie Winifred (intimissima di Hitler) prese il comando e diresse il Festival fino al 1944 (12 stagioni).

Dopo la guerra e la denazificazione la direzione fu affidata ai due fratelli Wieland e Wolfgang (1951-1966).

Scomparso a soli 49 anni Wieland, la direzione passò a Wolfgang, che dal 1967 è da solo alla testa del Festival.

Nel 1973 viene costituita la Fondazione Richard Wagner, cha acquisisce la proprietà materiale del Teatro e annesse residenze, mantenendo nel proprio statuto l’obiettivo di operare per la diffusione delle opere di Wagner.

Nel 1987 Wolfgang ottiene un contratto a vita per la direzione del Festival.

Dal 1999 inizia l’interminabile - e tuttora aperto - capitolo della successione al vecchio Wolfgang: tutte le donne della famiglia (figlie, nipoti, mogli) si candidano. Nel 2001 lo Stiftungsrat decide per Eva, figlia maggiore di Wolfgang (che nel frattempo aveva sposato la seconda moglie Gudrun e da lei avuto Kathi). Wolfgang rifiuta tassativamente di farsi da parte.

Nel 2007 la piccola Kathi fa il suo esordio a Bayreuth come regista dei Meistersinger. È chiaro a tutti che Wolfgang e Gudrun intendono portarla alla guida del Festival. A novembre 2007 Gudrun muore, lasciando Wolfgang in brache di tela. Per scongiurare guai peggiori, il vecchio decide di riprendere a bordo Eva e propone la coppia Kathi-Eva alla sua successione. Il resto è cronaca di oggi.

24 aprile, 2008

OGM: un male? Anche se c’è di mezzo Bach? O Mozart?

Il miso non è molto di casa da noi, mentre in oriente è come la maionese dalle nostre parti.

Ingegnosi giapponesini hanno coinvolto Johann Sebastian in un’operazione temeraria: ottenere un miso speciale (si vende a peso d’oro) grazie alla musica del grande genio.

Similmente han fatto altri occhio-mandorlati per la birra, fermentata in presenza di Mozart.

Si sapeva da tempo che le vacche migliorano la produttività se esposte a Beethoven (mentre Cage rende infertili anche i conigli...) ma queste recenti scoperte del sollevante promettono mirabilie: pare che i soliti cinesini stiano sperimentando il wagneriano tema del Tarnhelm per trasformare in Ferrari - da esportare come originali sui nostri mercati - tutte le vecchie Trabant che i fratelli comunisti della DDR gli avevano rifilato dopo la caduta del muro.

23 aprile, 2008

Mahler-Strauß... strips

Matthew Guerrieri, musicista professionista e acuto blogger, dimostra di essere anche un eccellente cartoonist. In particolare ha pubblicato alcune strips sulla coppia Mahler-Strauss, che non sono davvero male: 1. qui i due sono alle prese con i critici (la strip chiude con Mahler che canta il suo famoso Lied di addio al mondo, mentre scorre il tema straussiano di Tod und Verklärung...) 2. questa ci mostra la complicata nascita della Terza di Mahler (con i bimbi che cantano il bimm-bamm) 3. qui invece una sottile ironia sulla “conversione” di Mahler e su un critico motorizzato (che sia per caso Hanslick?) 4. infine la migliore di tutte: una gara a chi le spara (anzi, le compone) più grosse (Zarathustra, Titan-III, Rosenkavalier, Heldenleben) e le mogli interessate a motivi non propriamente musicali...
In mezzo c’è un poster dei due easy-rider.

16 aprile, 2008

Ridiamoci sopra, ma la realtà supera la fantasia

Questa arriva dall’America, che non è propriamente la patria dell’humor... ma non è male.

Una nuova produzione del Ring - Dialogo fra il regista R e il kapellmeister K

R, impaziente: è ora che ci mettiamo daccordo una volta per tutte; perchè ormai mancano solo due settimane alla prima del Siegfried.

K, lamentandosi: tu la fai facile, anche se devo ammettere che è stata un’idea geniale quella di iniziare il ciclo con il Secondo Atto di Siegfried, invece di quella noiosa scena sul fondo del Reno: con quelle acque poi, che oggi sono diventate così melmose... Soltanto, non sono completamente convinto che il drago debba uscire dall’ingresso del grattacielo della “Food & Drug Administration”. Ma il mio compito è molto più gravoso del tuo...

Il regista R non era proprio nell’umore per dar retta alle depressioni del maestro K, e lo interruppe così: siamo almeno daccordo che il Walhall è una Torre di Controllo? Che ne dici di Wotan comandante e Loge capo dei Controllori di Volo? Mi sembra una conseguenza logica. Invece non sono ancora convinto che le Figlie del Reno debbano apparire come Hostess: temo che sia una cosa troppo banalmente realistica.

Sì sì, per te è tutto facile, riprese a mugugnare il maestro K.

Vedi - spiegò seriosamente il regista R - deve esserci un nesso credibile fra la Torre di Controllo e il temporaneo nascondiglio di Hunding, in quelle gole infernali dell’Afghanistan orientale. In fin dei conti, essendo un simbolo di Al-Qaeda... tu puoi trasporre il ritorno di Hunding in FA bemolle minore staccato. Con gli ottavini che suonano istericamente. È facile, è non e mai stato fatto prima! Onestamente, non capisco come fai a dire che è facile per me, quando invece ci sono complesse...

Sbotta il maestro K: ehi, visto che mi hai obbligato a eliminare i corni nella scena dell’Annuncio, adesso sono io nelle peste per trovare una tessitura orchestrale adatta. I controfagotti e il tamburo militare da soli non bastano proprio. Ah, com’era facile ai vecchi tempi, quando ancora non erano cadute le ultime barriere, prima che Mertens a Monaco decidesse che, per dare al Ring una forma presentabile al giorno d’oggi, bisognava intervenire anche sulla partitura, non solo sul testo!

Stranamente, il regista R si fece silenzioso.

E il maestro K continuò: se ci pensi bene, associare sempre la tuba al drago e l’ottavino al fuoco, come si faceva ai vecchi tempi, era davvero noioso. Tuttavia ci tocca la responsabilità di non scompigliare troppo le intenzioni originali di Wagner, mentre ne rinnoviamo il messaggio per i contemporanei.

Ormai il maestro K era un fiume in piena: Guarda solo il Götterdämmerung: a Zurigo hanno già rappresentato la Sala dei Ghibicunghi davanti ad una Centrale Nucleare, a BuenosAires era Wall Street, e a Detroit hanno usato vere Cadillac nere per la Marcia Funebre. Ma i Ghibicunghi come banchieri capitalisti sono totalmente passati di moda! Solo quando Furtmingler osò finalmente sostituire il motivo dell’avidità con il canto di quelle fanciulle-fiore della British Airways si ebbe una vera innovazione sul fronte musicale. E guarda come il pubblico si è velocemente adattato a nuove dimensioni, nuove idee, basta con quei vecchi riferimenti fra leit-motive caricati di simbologie!

Concluse il maestro K: ciò che intendo dire è che la mia responsabilità per la partitura è molto più grande della tua pura e semplice fedeltà al testo. Chi se ne frega, al giorno d’oggi, di sapere se Hagen è veramente figlio di Hunding e non, come si è sempre creduto...

Irritato, il regista R interruppe: perchè devi sempre cercare di minimizzare le mie responsabilità? Come oggi sappiamo bene, Wagner voleva che i suoi testi fossero duttili. L’anno prossimo faremo tutto in modo completamente diverso! Andiamo! È chiaro che la mia responsabilità di ricreare il Ring per il pubblico di oggi è molto più vasta della tua re-instrumentazione o magari della trasposizione dell’Addio di Wotan ad una progressione da SI bemolle minore ad un vero, infuocato DO maggiore da scuola di Darmstadt. Mi auguro che alla fine tu te ne renda conto!

OK, OK, acconsentì il maestro K: tu puoi tenerti la tua Torre di Controllo. Ma almeno fammi avere in tempo i blip del radar, in modo che il mio oboista possa provare la transizione da staccato a legato quando la passerella dei passeggeri viene deposta alla fine del Rheingold.

R: Ma certo, mentre parliamo il mio assistente sta già lavorando sul simbolismo del blip. Quindi procediamo. Le Valchirie come paracadutiste le hanno già fatte a Bayreuth, che ne dici se invece gli facciamo dirottare l’aeroplano di Wotan? Come? Non è abbastanza originale? Capisco... R si sentì davvero insultato.

K: Senti, io devo lavorare sulla musica della scena del Nibelheim. Capisco che mostrare Nibelheim come un terminal affollato di un aeroporto è una bella allegoria, ma i tuoi continui annunci dell’altoparlante disturbano troppo i miei orchestrali. Devo trovare una strumentazione più forte e precisa.

Fai quello che devi fare, osservò il regista R. Per quel che mi riguarda, finalmente ho trovato la soluzione per le Tre Norne: negozieranno il legname del Frassino del Mondo come futures alla Borsa di Chicago. Con ciò possiamo finalmente procedere!

Il Mormorìo della Foresta mi è sempre sembrato eccessivamente romantico - annunciò eccitato il maestro K. Facendolo suonare ai tre Alpenhorn all’unisono avrà un effetto molto più arcano...

Penso che per il nostro Ring possiamo sicuramente mantenere la definizione di Bühnenfestspiel - disse il regista R. Dopotutto, Wagner sapeva bene ciò che faceva.

15 aprile, 2008

Il Ring come se l’era immaginato Wagner: cos’è mai un anno di ritardo?

Tempo fa aveva creato un certo scalpore un’iniziativa bizzarra di Wilhelm Keitel, intenzionato ad inscenare il Ring di Wagner in un teatro di legno, appositamente costruito ad Altrhein, sulla riva del mitico fiume, e da darsi alle fiamme per rappresentare nel modo più realistico immaginabile la chiusa di Götterdämmerung.

La data prevista era la prima metà di settembre, 2008.

Oggi, sul sito di Keitel, compare un annuncio che avverte della rischedulazione dell’evento a settembre 2009. Ogni altro dettaglio è stato rimosso dal sito.

Che i 10M€ (tale era il preventivo) siano alla base del rinvio, magari insieme ad una misera raccolta di adesioni (600€ a serata, prezzo minimo) non è difficile da immaginare.

Di questo passo ci si avvicina al fatidico 2013, data magari più plausibile, oltre che tecnicamente, anche finanziariamente.

Come dicono dalle mie parti: stay tuned!

13 aprile, 2008

La nostra razione quotidiana di Regietheater

Oggi tocca a Johann Kresnik deliziare gli spettatori di Erfurt con un fantastico Ballo in Maschera.

Come si può notare... le maschere ci sono.

Per il resto, che gli frega a Kresnik di cosa c’è nell’Opera di Verdi? Secondo lui è tutta una faccenda di potere, mica di gelosia... e così , il nostro vetero-comunista non perde occasione per fare la sua requisitoria contro il mostro amerikano, lasciando intendere che l’11 settembre 2001 (nel cui post- lui ambienta il Ballo) fu una - tutto sommato meritata - punizione.
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C’è qualcuno che pensa che Verdi avrebbe potuto autorizzare una simile scempiaggine?

12 aprile, 2008

L’”affaire” Bayreuth - grosse novità?

Siamo arrivati ad una nuova puntata della Wagnerssaga, che si presenta assai interessante (?!)

Il prossimo 29 aprile si riunisce a Monaco lo Stiftungsrat, il consiglio di amministrazione della Fondazione che governa il Festival di Bayreuth, per prendere decisioni (ma sarà davvero la volta buona?) sulla successione del vecchio (e da tempo ormai rincoglionito) Wolfgang, nipotino 88enne di Richard, alla guida dei Bayreuther Festspiele.


Da parecchi anni ormai, Wolfgang (soprannominato Fafner, per il suo signorile distacco dagli aspetti economici della sua carica) prestava solo il suo nome ad una gestione che era di fatto in mano alla seconda moglie Gudrun (sua ex-segretaria) cui ultimamente si era associata la di loro figlia Kathi, oggi quasi 30enne (fidanzata con l’heldentenor Endrik Wottrich, visto in Scala di recente nei panni del berghiano Tambourmajor) che nel 2007 ha inaugurato il Festival con la regia dei Meistersinger (scuola Eurotrash, tanto per chiarire).

Mamma Gudrun aveva fatto di tutto per educare la piccola Kathi al ruolo di Festspielleiterin, probabilmente sognando di farla insediare - una volta maturata a dovere - in vista del fatidico 2013, quando Bayreuth diventerà il centro del mondo (non solo musicale) per i 200 anni dalla nascita del genio di Lipsia (e muoverà una montagna di quattrini più alta dell’Everest). Peccato che, proprio sul più bello, il destino cinico e baro abbia giocato un brutto scherzo alla furbastra Gudrun: entrata in ospedale a fine novembre 2007 per una piccola operazione di routine, ne è uscita a bordo di un carro funebre.

Kathi, tuttora un pesciolino fuor d’acqua, aveva nel frattempo annunciato, per dare peso alla sua candidatura, un’alleanza con Christian Thielemann (il novello Furtwängler) e Peter Ruzicka (ex-factotum a Salzburg). Insomma, una specie di riedizione di triumvirati di hitleriana memoria...

La sorellastra Eva (figlia di Wolfgang e della di lui prima moglie) oggi 63enne, che vede la piccola Kathi come una fastidiosa zanzara da spiaccicare al muro, era stata nominata come erede del padre dallo Stiftungsrat già nel 2001, ma il vecchio drago (imbeccato indubitabilmente da Gudrun, che a sua volta avrebbe volentieri fatto stendere Eva sotto uno schiacciasassi) se ne era sempre sbattuto i coglioni: lui, dal 1973, gode dello status di Festspielleiter-a-vita e nessuno poteva detronizzarlo con una decisione notarile.

Del grande circo barnum fanno anche parte Nike (pure lei 63enne, figlia di Wieland, il fratello buono di Wolfgang) e Gottfried, figlio di Wolfgang e fratello di Eva, che da un sacco di tempo sta in Italia, dopo che il padre lo scacciò da Wahnfried, avendo lui osato porgli domande imbarazzanti sui suoi legami con zio Wolf (tale Hitler, per la cronaca...)

Adesso però si sta - forse - arrivando al redde-rationem: Wolfgang è ormai in stato da interdizione e, mancata Gudrun, nessuno resta più alla guida del tempio. La piccola Kathi da sola, o con gli amici, non può dare alcuna fiducia a chi è responsabile (la Stiftung) di decidere a chi affidare la gestione dei 16 milioni di € che costituiscono il bilancio del tempio (gran parte denaro del contribuente, si noti bene!) Quindi il 29 aprile prossimo tutti aspettano una decisione storica... ed allora ecco il colpo-di-teatro (proprio nella miglior tradizione del dramma wagneriano)! Wolfgang Wagner annuncia che le due figlie (Eva e Kathi) si candidano a guidare insieme il Festival!

Ma guarda un po’ cosa non può fare il potere! Dovesse rinascere, nonno Richard - un maestro in materia - potrebbe scriverci un altro Ring!
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13 aprile: la situazione precipita e gli avvenimenti si accavallano.

Nike annuncia di aver già presentato il suo piano per il futuro di Bayreuth insieme alla cugina Eva.

Vuoi vedere che Fafner, invece di mangiarsi Siegfried, sta esponendo il cuore alla sua Nothung?
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(continua... dopo il 29 aprile... o forse prima)

11 aprile, 2008

Herbie in chiaro-scuro

Estimatori (innumerevoli) e detrattori (pochi) sono concordi su un punto: la sua impronta non si cancellerà tanto presto, nè tanto facilmente. Non fosse altro che per la montagna di registrazioni che ci ha lasciato, e che continueranno a fare testo - e scuola - anche quando al mondo non ci sarà più alcun testimone auricolare delle sue interpretazioni.
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La sua adesione al Nazionalsocialismo - si discuterà all’infinito se fosse di carattere furbescamente utilitaristico, o frutto di intima convinzione - resterà tuttavia come una macchia perenne sulla sua gigantesca figura. Separare il piano artistico - sommo - da quello umano - invero miserevole, e non solo per via della doppia tessera NSDAP, ma anche per l’amoralità dell’impiego sfacciato e mondano della sua propria immagine - è doveroso se si vuol cercare di godere della sua arte.


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Proprio come per apprezzare Wagner bisogna attenersi esclusivamente a ciò che il genio di Lipsia ci ha lasciato scritto in partitura, sforzandosi di dimenticare tutto quanto il resto. E a proposito di Wagner, è quasi un luogo comune citare - a mò di suprema sintesi del pensiero interpretativo karajaniano - il Ring registrato per la DGG negli anni 1966-1970. Davvero un approccio che definire rivoluzionario - rispetto alla tradizione ed alla prassi interpretativa da Wagner stesso avviata e dai suoi cosiddetti bidelli perpetuata - è ancora poco.

Tralasciando speculazioni extramusicali sul perchè e il percome Karajan abbia preso tale iniziativa, a quel tempo davvero temeraria e destabilizzante (ad esempio se essa non gli sia per caso scaturita proprio dalla necessità quasi patologica di distanziarsi da un personale, vergognoso ed inconfessabile passato) qui interessa ragionare sul risultato artistico raggiunto e insieme sul contributo di conoscenza del Ring (e di Wagner più in generale) che quell’interpretazione ha prodotto.

Sul primo versante, si arriva ad affermare “...In quei pochi minuti mi sembra di trovare la risposta a domande che non conosco, e mi sento meno vulnerabile.” Sull’altro, c’è chi ha giustamente osservato che Karajan “...ci ha permesso di scoprire dettagli di cui non ci si era mai accorti prima.”

Verissimo, Karajan davvero riuscì a farci sentire un Wagner quale mai si era ascoltato. Dopodichè ciascuno esprimerà il suo personale giudizio (positivo o negativo) sul risultato complessivo dell’operazione.

09 aprile, 2008

Il Fidelio di Abbado (e di Kraus?)

Apriamo e chiudiamo subito il conto con la regia: Kraus, al suo debutto in Opera, ha proceduto secondo un clichè ormai consolidato: quello secondo il quale il regista parte dalle sue proprie idee (non già da quelle dell’Autore, chè sarebbe approccio troppo facile e banale) e poi aggiusta l’ambientazione del dramma in funzione di quelle. Non per nulla aveva dichiarato: “Le idee di Beethoven non sono morte, la conquista della libertà e dei diritti restano problemi attuali. Però è cambiata la speranza in un mondo migliore. È una speranza che non può morire e tuttavia nel nostro tempo è diventata più fievole...” (Verrebbe da chiedergli con quale metro ha misurato la speranza che aleggiava nel mondo del 1805, per stabilire che fosse meno fievole di oggi...)

Quindi il suo Fidelio non è quello che Beethoven mise a punto tanto faticosamente con Sonnleithner e Treitschke, e nemmeno è la Leonore di Bouilly, che tutto sommato il Fidelio prende assai fedelmente a modello. No, Kraus ci presenta il suo Konzept andando a raccogliere elementi dalla storia del post-rivoluzione francese e dalla biografia di quel bizzarro visionario - mezzo rivoluzionario e mezzo reazionario - che fu appunto Bouilly.

Da tutto ciò ricava, e ci propina, un minestrone indecifrabile, dove non esistono sapori distinguibili da altri, e dove tutto è cinicamente uguale a tutto il resto. Che le figure di Rocco e Marzelline non siano quelle di eroi ed eroine, ma di persone che lavorano in un carcere per caso, o perchè non hanno altro modo per sbarcare il lunario, lo sappiamo bene; ma che Fidelio - che si trova lì per ben più nobili ragioni - sia anche lui esattamente come loro (insieme a Marzelline prepara con la più grande indifferenza la ghigliottina su cui sistema poi un condannato, con la testa sotto la lama) è cosa difficile da digerire, obiettivamente.

Pizarro, in compenso, ci viene presentato come un povero handicappato (arriva in carrozzella) che si regge con le grucce... quasi a giustificare con questa menomazione infertagli dalla natura la sua protervia e la sua sete di potere e far nascere in noi un senso di comprensione, se non proprio di simpatia (meno male che ci pensa Dohmen a chiarirci, a suon di musica, la vera personalità del gouverneur).

La ghigliottina. Può anche non essere fuori posto all’inizio, date le circostanze in cui l’opera fu composta (Fidelio entra in scena recandone la pesante lama, portata a far molare, invece delle meno raccapriccianti catene previste in partitura) ma la sua riproposizione finale (al posto, si badi bene, della statua del Re e pronta ad accogliere il collo di Pizarro) e la sua successiva moltiplicazione, accompagnata alla richiusura della prigione che nasconde la luce abbagliante del sole, proprio mentre il coro esplode il tripudio generale, sa di eccessivo cinismo e di realpolitik fuori posto.

Al pari del presentare Dom Fernando nei panni di un cardinale (poteva starci bene anche G.W.Bush, in visita a Guantanamo di ritorno dalla missione compiuta del ripristino della legalità in zone infestate da saddam-pizarri).

Insomma: secondo Kraus noi spettatori di oggi saremmo troppo scafati per emozionarci di fronte a messaggi ingenui e naif quali quelli che ci volle mandare un ingenuo-naif a nome Beethoven; siamo nel terzo millennio e ancora dovremmo dar retta a slogan come vogliamoci bene (IX sinfonia) o la giustizia trionferà (Fidelio) ???

Ma a parte questi dettagli migliorabili, farà fortuna, il Kraus, non c’è da dubitarne, date le lodevoli premesse.
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Dato a Kraus ciò che è di Kraus (e glielo lasciamo volentieri) l’emozione è stata grande, grazie agli interpreti (tutti: strumentisti, cori e solisti) guidati da un Abbado in formissima - anche fisica, si direbbe proprio - che davvero ha tirato fuori tutto ciò che sul Fidelio deve aver distillato in almeno 30 anni di studio... Giusto venerdi scorso, RAI FD5 aveva riproposto il Fidelio di Karajan del ’71: in questi giorni di ricorrenza, e di immancabili (spesso insensati) confronti, l’accoppiata non poteva essere più felice.

Nel generale altissimo livello dell’esecuzione (perdoneremo la defaillance del corno proprio all’incipit dell’Ouverture ed altre piccole sbavature) val la pena ricordare alcune perle, che Beethoven ci regala, e che Abbado&C hanno saputo splendidamente valorizzare. Quei passaggi dove voci e strumenti davvero si sposano meravigliosamente, dialogando quasi in forma concertata (qualcuno critica Beethoven per aver usato le voci come strumenti, ma Fidelio è opera unica anche in questo): gli oboi con Marzelline (andante con moto, n.2); i corni e fagotti, con Leonore (adagio e poi allegro con brio, n.9); fagotti, clarinetti e flauti, col coro (allegro, ma non troppo, n.10, strepitoso qui l’incipit in pianissimo degli archi); gli oboi con Florestan (poco allegro, n.11) e ancora corni e oboi, con tutte le voci (nel sostenuto assai, del finale).








Le ovazioni, interminabili e soprattutto meritate (con copiosa pioggia di fiori dai loggioni) hanno avuto il senso di un premio alla carriera per un artista, che oggi è bello ricordare così...

03 aprile, 2008

Aspettando Fidelio - Leonore III, sì o no?

A quanto si apprende, Abbado non si sarebbe piegato alla moda di infilare la Leonore III fra le ultime due scene dell’opera. L’idea venne a Gustav Mahler, ma non per questo non deve essere criticata (cosa che oggi succede anche alle raffinate, ma inquinanti riorchestrazioni schumanniane del grande direttore e compositore boemo).

Naturalmente, come in tutte le cose, anche Mahler aveva qualche motivazione per quella scelta. Intanto la durata complessiva dell’opera (versione 1814, sia chiaro): la sola pura musica è attorno alle due ore... poco per le abitudini di fine-ottocento, dove la gente pretendeva, in cambio del prezzo del biglietto, di ricevere in cambio anche (se non soprattutto) quantità. Non per nulla le opere brevi (Mascagni, Leoncavallo, tanto per fare qualche nome) magari in atto unico e di durata attorno ai 90 minuti, venivano sempre abbinate, per riempire la serata.

Naturalmente il Fidelio - di ciò ci si scorda troppo spesso - è un Singspiel, e come tale infarcito di recitati (intere scene!) che integrano i numeri musicati: se i dialoghi vengono eseguiti integralmente, già l’opera si rimpingua di almeno mezz’ora. Però la cosa, non da oggi, è pochissimo apprezzata, persino dai pubblici di madrelingua crucca: la trama è arcinota, e si vuole venire al sodo... la musica! Senza troppi chiacchiericci. Abbado ha scelto - come altri - una via di mezzo, “sforbiciando” parte del recitato.

Invece nell’800 - a Parigi soprattutto - ci furono dei Kapellmeister un po’ pazzoidi che, pur di rimpolpare il programma con della musica, infilarono qua e là nel Fidelio altri pezzi strumentali di Beethoven (tutta grande musica, s’intende!) Ad esempio l’allegretto della Settima Sinfonia.

L’idea di Mahler ha anche alcuni pregi, il meno importante dei quali è la copertura del passaggio di scena, dalla buia prigione alla piazza solare (che oggi le moderne tecnologie rendono possibile in tempi record) mentre più serio è il perfetto raccordo musicale (in DO maggiore) che la Leonore III viene a stabilire con il finale dell’Opera.

Tuttavia è innegabile che tale accorgimento introduce una eccessiva lungaggine nell’azione, contravvenendo agli stessi sforzi fatti da Beethoven per stringerla; per di più ci fa risentire, a pochi minuti di distanza, quel doppio squillo di trombetta in SIb, che così drammaticamente aveva rotto la tensione del confronto Pizarro-Leonore; ed è una ripetizione che finisce per banalizzarlo.

Come ha affermato Abbado, in fondo la Leonore III è già presente tutta, pure se diluita, o latente, all’interno del Fidelio.
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Tirate le somme: meglio così.