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Il nostro è l’attuale - e di gran lunga - recordman di direzioni a Bayreuth: 161 (incluso un concerto) contro le 138 del venerando (e da tempo pensionato) Horst Stein: per un ebreo non è davvero poco (alla faccia dei teorizzatori del sofisma Wagner=Hitler) e non è detto che il Daniel non torni prima o poi a calcare il torrido podio dell’Orchestergraben.
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Non che tutti siano concordi sul tasso di wagnerianità del suo sangue (ma del resto anche Karajan - tanto per far un nome a caso - era considerato, dai molti schizzinosi, essere privo del peculiare e quasi introvabile “gene”) e peraltro di Furtwängler o Knappertsbusch o Solti forse non ne nasceranno più, e nemmeno di Toscanini o di deSabata, per restare ai wagneriani di casa nostra (il più grande dei quali ci ha prematuramente lasciato, ahinoi, nel 2001...)
Insomma, non siamo forse in presenza del non-plus-ultra, ma oggi come oggi -diciamola pure tutta - è difficile trovare sul mercato qualcuno di meglio: Mehta, Levine, Gergiev, Salonen, Rattle, Thielemann, tutti hanno grandi qualità, ma non c’è nessuno che “si stacca” dal gruppo...
Dice il nostro: «Non faremo il Tristan “definitivo” perché in musica di definitivo non c’è nulla. Ma lo faremo come se fosse il nostro ultimo Tristan».
Ohibò, per la Scala è un gran bel complimento! Evidentemente il maestro argentino si sta affezionando per davvero alla nostra maggiore Opera-House...
E ancor più grosso è il regalo che Barenboim ha deciso di farci nel 2008, con l’integrale delle sonate per piano di Beethoven, ripetendo qui da noi lo storico exploit di Berlino 2005!
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