Il terzo
appuntamento stagionale de laVerdi
(in programma venerdi e domenica) ha avuto nel pomeriggio una speciale
anteprima (una specie di seconda prova generale) nel bellissimo Auditorium
della IULM,
la giovane quanto già affermata Università milanese (operante anche a Roma) che
ha la sua modernissima sede a 2-3 tiri di schioppo dall’Auditorium di Largo Mahler. E anche (soltanto un tiro in più...) dall’Università Luigi Bocconi, nella quale Facoltà di lingue straniere (inopinatamente
chiusa nel 1968) operavano i due fondatori della IULM: Silvio Baridon e Carlo Bo,
i quali risposero alla chiusura della Facoltà bocconiana con la creazione di un’Università
specializzata in lingue moderne, poi
allargatasi al più vasto mondo delle arti e della cultura.
Adesso però arrivano le cattive notizie... Presumibilmente
a causa di carenze nella pubblicizzazione dell’iniziativa, è accaduto che nella
sala dell’Auditorium principale dello IULM-6 di via Carlo Bo (600+ posti) fossero
sedute meno persone di quante gremivano il palchetto sul quale era sistemata l’Orchestra!
Ahi ahi... spettacolo assai desolante, devo dire, soprattutto perchè nei
paraggi era tutto un pullulare di giovani studenti che avevano appena terminato
le attività della loro giornata in ateneo e ai quali avrebbe fatto un gran bene
assistere all’evento. Così l’inossidabile Ottavia
Piccolo (voce narrante
nell’opera), il Direttore Principale Ospite
Patrick Fournillier, tutti i ragazzi dell’Orchestra e naturalmente il
compositore hanno potuto ricevere l’applauso di soli pochi intimi (sono certo
che le cose andranno diversamente venerdi e domenica in Largo Mahler).
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Il soggetto è tratto da Les sept femmes de la Barbe-Bleue di
Anatole France (1886), una simpatica,
fantasiosa e (dall’apparenza) scientifica ricostruzione della leggenda del famoso
personaggio creato attorno al 1660 da Charles
Perrault, volta a smentire tutte le dicerie (incluse altre opere letterarie
e teatrali) sorte su di lui come serial-killer
di giovani mogli. Innanzitutto Barbablù viene identificato in tale Bernard de Montragoux, signorotto
proprietario di un castello (les Guillettes) ubicato nella foresta fra
Compiègne e Pierrefonds (un centinaio di Km a nord di Parigi).
In sostanza, il tanto vituperato Barbablù era - secondo
France, e a dispetto della sua figura imponente e dello sguardo spiritato - una
persona mite e sensibile, che non ebbe alcuna responsabilità per la scomparsa
delle sei mogli ed anzi fu vittima della macchinazione della settima e della di
lei famiglia, amante compreso. In questa fiction
- un vero scoop ante-litteram, con
tanto di citazioni di fonti, testimonianze e documenti - France ricostruisce le
identità di tutte le mogli di Barbablù e le vicende che portarono alla morte (o
alla scomparsa) delle prime sei e poi all’assassinio di Barbablù da parte della
settima. Spiega anche ciò che si trovava nella famosa stanza proibita (la stanzetta delle principesse sfortunate) del castello delle Guillettes: affreschi e
dipinti fiorentini raffiguranti appunto donne sfortunate della mitologia, vittime
di vicende cruente, e il pavimento di porfido che dava all’ambiente un colore
rossiccio, facendolo sembrare imbrattato di sangue.
Prima moglie: Colette Passage,
ammaestratrice di orsi, si stancò presto del ménage familiare e si dedicò
sempre più spesso alla sua bestia preferita. Scomparve misteriosamente dopo
aver visitato la stanza segreta, e non fu mai più ritrovata.
Seconda moglie: Jeanne de la Cloche,
una donna alcolizzata che Barbablù cercò invano di riportare ad una vita più
sobria. Un giorno, dopo aver accoltellato il marito credendolo intenzionato ad
avvelenarla, lei entrò ubriaca nella stanza segreta, scambiò i dipinti per
donne in carne e ossa, assassinate, fuggì invano rincorsa dal marito ferito che
cercava di salvarla e si gettò in uno stagno, affogando.
Terza moglie: Gigonne Traignel, figlia
di un fattore di Barbablù, guardiana d’oche, sempre calzante zoccoli e
puzzolente di cipolla. Diventata con il matrimonio donna ricca e nobile, le sue
pretese di lusso divennero smodate, così come il desiderio insoddisfatto di
essere ricevuta a Corte per diventare la favorita del Re. Delusa, si prese
un’itterizia che la portò alla tomba. E Barbablù ne fece costruire per lei una davvero
sontuosa.
Quarta moglie: Blanche
de Gibeaumex, figlia di un
militare ferito-di-guerra (ad un orecchio!) che convinse un riluttante Barbablù
a sposarla. Poi lei si mise a tradirlo con diversi amanti, finchè un giorno un
amante abbandonato non la trovò nella stanza segreta in intimità con un nuovo
amante, e la infilzò con la sua spada. La scoperta del cadavere non fece che
peggiorare la reputazione di quella stanza segreta.
Quinta moglie: furono i medici a consigliare a
Barbablù, distrutto dal dolore e in preda a una grave crisi che l’aveva ridotto
in pericolo di vita, un nuovo matrimonio. Angèle
de la Garandine era
una sua cugina nullatenente e così Barbablù era certo che gli sarebbe rimasta
fedele e riconoscente. Lei era però talmente ingenua e credulona che un giorno -
mentre Barbablù era a caccia di beccacce - si fece convincere da un frate questuante
a salire sul suo asino per andare nel bosco dove l’attendeva l’Arcangelo
Gabriele per farle indossare delle giarrettiere di perle... Forse se la mangiò
un lupo (!) dato che non fu più ritrovata.
Sesta moglie: Alix de Pontalcin, una povera orfanella, spogliata di tutti i suoi
averi da uno sbifido tutore, era sul punto di entrare in convento, ma fu
convinta da amici a sposare Barbablù. Purtroppo però lei rifiutò pervicacemente
di consumare il matrimonio, tanto che il marito chiese al Santo Padre l’annullamento
del legame secondo il diritto canonico, ottenendo il divorzio anche grazie a
sostanziose donazioni alla Chiesa. Barbablù giurò a se stesso che mai più una
femmina avrebbe messo piede in casa sua!
E veniamo al clou della storia, la settima moglie: dopo alcuni anni, durante i
quali erano cresciute in paese le più fantasiose ed anche orripilanti
supposizioni sulla fine che avevano fatto le mogli di Barbablù, prese dimora
nel maniero di Motte-Giron, a poca distanza dal castello del sei-volte-vedovo
(o divorziato...) una certa signora Sidonie
de Lespoisse, vedova con quattro figli, due femmine e due maschi. Il suo
passato e l’identità del defunto marito restarono sempre un mistero: chi diceva
che lui avesse trafficato in Spagna e Savoia, chi sosteneva fosse morto in
India; alcuni giuravano che la vedova avesse immensi possedimenti, altri ne
dubitavano assai.
Sta di fatto che lei faceva gran sfoggio
di opulenza, invitando tutta la nobiltà del circondario alle feste nel suo
maniero. La sua figlia maggiore, Anne, era diventata una donna assai abile
(dopo aver pettinato Santa Caterina!);
quella minore, Jeanne, era in età da
marito, ma nascondeva dietro un’apparente ingenuità una precoce esperienza del
mondo. I due maschi erano militari: Cosme, arruolato nei Dragoni, era un poco
di buono, gran briccone e abile cornificatore. Il fratello Pierre,
Moschettiere, al confronto era una brava persona, anche se era a sua volta un
donnaiolo e si manteneva con le vincite al gioco delle carte. La signora
Lespoisse era in realtà povera in canna e tutto ciò che possedeva erano
prestiti ricevuti da usurai parigini, che pretendevano che lei sposasse una
delle sue figlie a qualche facoltoso signorotto, minacciando in caso contrario
di toglierle tutto: ormai si vedeva nuda in una casa vuota...
Fu allora che mise gli occhi su Barbablù
e gli fece visita con la prole in pompa magna e per ben 15 giorni, insieme ad
un certo cavaliere de la Merlus, che organizzava battute di caccia e scherzi
notturni, vinceva regolarmente al gioco e soprattutto non toglieva mai gli
occhi dalla bella Jeanne (senza che Barbablù sospettasse di nulla... lui si era
bevuto che i due fossero fratelli di latte) con la quale si appartava nottetempo,
finite le feste e i giochi.
Finalmente Barbablù si decise e chiese
la mano proprio della più giovane delle due sorelle. Il matrimonio fu celebrato
con gran sfarzo a Motte-Giron, anche se gran parte delle preziose suppellettili
e dei lussuosi abiti della padrona di casa e dei suoi congiunti erano stati affittati
da ebrei parigini, che se li riportarono via subito dopo il termine della
cerimonia.
Fu così che, sotto la sapiente regìa
della madre - la più gran filibustiera di Francia - l’intera famiglia di Jeanne
si installò presso Barbablù, incluso l’intraprendente de la Merlus, che non si
staccava un attimo dalla sposa. Un bel giorno Barbablù dovette fare un viaggio
di sei settimane per gestire l’eredità di un cugino, morto in battaglia come un
eroe, ehm... colpito da una palla vagante di colubrina mentre giocava a dadi su
un tamburo! Prima di partire invitò la moglie a trascorrere i giorni in sua
assenza invitando amici e avendo un buon tempo; le diede anche tutte le chiavi
del castello (appartamenti, dispense, casseforti) compresa quella della stanza
segreta.
Ma mentre Perrault narra che le proibì
severamente di accedere a quel luogo, in realtà Barbablù si limitò a metterla
in guardia dal visitarlo, a causa della sua cattiva fama (dalla quale le
precedenti mogli avevano tratto parecchio nocumento). Invece la disinvolta
Jeanne non esitava ad abbandonare la compagnia degli amici che le rendevano
visita per correre proprio nella stanza segreta. Ma non - come scrive sempre
Perrault - per morbosa curiosità, bensì per... interesse sessuale: laggiù
l’attendeva regolarmente il brillante (e ben dotato, evidentemente) de la
Merlus!
Ma se si fosse trattato solo di corna,
la cosa avrebbe fatto in fin dei conti poco scandalo: anche il più severo dei
moralisti avrebbe trovato qualche vaga ragione per giustificare quei comportamenti,
abbastanza usuali. No no, la cosa grave è che Jeanne progettò a mente fredda
l’assassinio del marito! In combutta con la sorella Marie (artefice del
complotto); con i fratelli (dietro la promessa di una brillante carriera
miliare); con la madre e - ça va sans dire - con il suo amante de la Merlus.
Barbablù ritornò a casa un po’ prima del previsto, ma non per cogliere la
moglie in flagrante, bensì convinto di farle una bella sorpresa. Lei gli
restituì le chiavi, ma Barbablù si accorse che quella della stanza segreta
doveva essere stata usata: così si disse dispiaciuto, augurandosi che quella
visita non dovesse portare qualche disgrazia a tutti. In quel momento Jeanne
gridò che la stavano ammazzando, richiamando l’amante e i fratelli. De la Merlus
balzò fuori da un armadio ma, da solo, fu presto immobilizzato dal corpulento Barbablù.
Allora Anne, accorsa sul posto, chiamò finalmente i fratelli che fecero
irruzione nella stanza e trafissero alle spalle il padrone di casa.
Jeanne rimase unica ereditiera di tutte le sostanze del marito: diede una
dote alla sorella, acquistò i gradi di capitano per i fratelli e sposò
felicemente de la Merlus, che divenne istantaneamente un uomo di specchiata
onestà!
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Il melologo di Campogrande (tre
quarti d’ora o poco più) prevede una voce narrante, la splendida 70enne (più
una settimana!) Ottavia Piccolo, che
espone il racconto, una libera riduzione del testo di Anatole France tradotto
da Paola Verdecchia, mentre
l’Orchestra ne sottolinea i passi salienti, un po’ come accade alle musiche di scena di buona memoria. Sono
in tutto 20 numeri musicali con
agogica prevalentemente di Andante e Largo (una sola punta di Allegro) che normalmente si intercalano
con le parti del racconto, raramente sovrapponendosi alla voce.
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