apparentamenti

consulta e zecche rosse

19 ottobre, 2019

Händel felicemente orfano della Cecilia


Ieri alla Scala è arrivato in Egitto Kuwait il Giulio Cesare di Händel, come sappiamo ormai da tempo orfano della sua tanto attesa Cleopatra, rimasta sdegnosamente a casa in compagnia di Semele (che si è fatta poi sostituire da... Agrippina) e Ariodante. Ciò non ha però fatto mancare il numero legale (di spettatori, nella fattispecie...): Piermarini con visibili vuoti in platea, ma al confronto con la prima di Quartett c’era un pienone... In ogni caso chi voglia apprezzare (o denigrare) la Cecilia-Cleopatra può sempre connettersi con youtube e vederle all’opera a Salzburg (con una regìa demenziale) compresi Antonini sul podio e Jaroussky come Sesto...
___
Una prima osservazione riguarda i... tagli. L’opera (edizione originale del 1724) dura al netto circa 3 ore e 3/4. Con i due normali intervalli ci si avvicinerebbe a... Wagner. Ebbene, come già indicava la locandina online del Teatro, qui lo spettacolo ha quella durata, ma incluso intervallo: il che, conti alla mano, significa che dell’originale è stata tagliata circa mezz’ora. Magari con la lodevole intenzione di non far fare troppo tardi agli stoici spettatori accorsi nonostante tutto a teatro (oppure per esigenze registiche, o per entrambe le ragioni...) Ma ahinoi, a parte alcune parti in recitativo secco (e ci può stare) si tratta di tagli invero barbari, che ci privano di grande musica. I personaggi più penalizzati quantitativamente sono Achilla (che si perde due arie e l’intera scena della confessione dei suoi misfatti e del conseguente pentimento) e Cornelia (due arie in meno).

Nel dettaglio, scompaiono:

Atto I
- Aria n°9 di Cesare Non è sì vago e bello
- Aria n°10 di Cleopatra Tutto può donna vezzosa
- Seconda strofa (Qual sia di questo core) dell’aria n°13 di Cleopatra e ripresa della prima strofa (Tu la mia stella sei)
- Prima parte della scena XI con l’aria n°15 di Achilla Tu sei il cor di questo core

Atto II
- Seconda strofa (Se così Lidia vezzosa) dell’aria n°20 di Cesare e ripresa della prima strofa (Se in un fiorito ameno prato)
- Aria n°22 di Achilla Se a me non sei crudele
- Aria n°24 di Cornelia Cessa ormai di sospirare
- Seconda strofa (Mi sveglia all’ira) dell’aria n°31 di Sesto e ripresa della prima strofa (L’aura che spira)

Atto III
- Tutta la scena I di Achilla (aria n°32 Dal fulgor di questa spada spostata però nell’atto II, a fine della scena X)
- Confessione e morte di Achilla nella scena IV
- Aria n°38 di Sesto La giustizia ha già sull’arco
- Aria n°41 di Cornelia Non ha più che temere
- Seconda strofa (In me/te non splenderà) del duetto Cesare-Cleopatra n°43 (Caro/Bella Più amabile beltà)

Come si vede, ben sette arie cassate totalmente e altre tre in parte: una bella sforbiciata! Di conseguenza si opera un solo intervallo e, per non squilibrare troppo i tempi delle due parti, la pausa è posta all’interno del second’atto, ma non - come cita il libretto di sala - dopo il ricongiungimento Cornelia-Sesto (scena VI) ma assai prima, al termine della scena II, dopo l’aria n°20 (parzialmente tagliata) di Cesare.
___
Un’altra considerazione riguarda gli interpreti: si sa che le parti di Cesare, Tolomeo e Nireno furono affidate in origine a (e quindi scritte per) contralti castrati, specie oggi lodevolmente estinta (almeno in ambito teatrale...) Ebbene, l’uso da qualche tempo invalso di impiegare dei controtenori (qui Mehta, Dumaux e Schifano) personalmente non mi convince del tutto: poichè la loro vocalità poco ha a che fare con quella potentissima (di cui esistono testimonianze concrete) dei castrati, che meglio è surrogabile - come si è quasi sempre fatto e spesso ancora si fa - con voci femminili, tipicamente di contralto. Qui - altra scelta discutibile - anche il ruolo di Sesto (in origine soprano en-travesti) è affidato ad un controtenore (Jaroussky). Insomma, si toglie l’en-travesti al personaggio per dirottarlo sulla voce!

Ma a parte queste considerazioni di principio, devo dire che tutti gli interpreti hanno mostrato grande padronanza dei rispettivi ruoli, a partire dalla Danielle de Niese, voce robustissima anche se spesso non tenuta adeguatamente a freno (mi riferisco alla tendenza a sbracare gli acuti a piena voce) e soprattutto alla Sara Mingardo, una Cornelia davvero perfetta, che non meritava lo scippo di due arie. Scippo subito anche dall’Achilla di Christian Senn, al quale però rimprovero (e non è la prima volta) un eccesso di forzature dei toni che finisce per compromettere una prestazione che sarebbe più che discreta. Oneste le figure di contorno e bene il coro di Casoni, impegnato poco (inizio e fine) ma sempre all’altezza. Giovanni Antonini si conferma solido interprete di questo repertorio e l’Orchestra barocca della Scala prosegue con successo il percorso di approfondimento di questo repertorio: impressionante in particolare lo schieramento di corni naturali.  
___  
Torno ora alla Mingardo per dire come già l’avessi apprezzata in Cornelia anni fa a Torino e per introdurre qualche considerazione sulla regìa di Robert Carsen. Non ripeto qui le premesse esposte proprio in occasione di quella produzione torinese, dove mettevo in evidenza le difficoltà che un regista creativo incontra con questo repertorio. Devo dire che Carsen, forte della sua esperienza, ha saputo metter su uno spettacolo godibilissimo senza minare la struttura e nemmeno i dettagli del soggetto originale.

L’ambientazione da subito pare spostata dall’Egitto al Golfo Persico, poichè si capirà alla fine che c’è di mezzo il petrolio (quasi introvabile nella terra dei Faraoni). Cesare potrebbe essere il generale Norman Schwarzkopf della guerra contro Saddam in Kuwait e Tolomeo uno sceicco troppo ambizioso che farà una brutta fine, lasciando spazio a colleghi di lui più accomodanti con gli yankee. Fin qui niente di nuovo sotto il sole, se è vero che il petrolio ha già sostituito persino l’oro in un Ring a Bayreuth!

Non manca qualche tocco di Kitsch, ma sempre contenuto entro i limiti del buon gusto. Un paio di cadute di tono e di stile (giudizio mio personale) nelle scene degli approcci di Tolomeo a Cornelia e poi dello stesso a Cleopatra, che sfiorano, pur senza valicarne i confini, la volgarità.

Carsen risolve, o cerca di risolvere, il problema capitale di come presentare le interminabili (quanto musicalmente divine!) arie col da-capo con invenzioni a volte geniali, altre un po’ meno. Ad esempio è strepitosa l’interpretazione dell’aria n°14 di Cesare (Va tacito e nascosto) nella scena IX del primo atto: trattandosi di un incontro diplomatico fra romani ed arabi, ecco che assistiamo ad un esilarante scambio di doni fra le due delegazioni, quella di Roma che porta preziosi oggetti targati FENDI e un pallone da calcio (Qatar-2022) e quella araba che reca capi d’abbigliamento locali e un’anguria!

Magistrale anche la resa della scena del Parnaso (aria n°19 di Cleopatra/Lidia V‘adoro, pupille) introdotta da immagini tratte da famosi film su Cleopatra. Un poco fredda l’ambientazione delle scene III e IV del second’atto (quelle del giardino): qui siamo in una palestra dove Cornelia lava il pavimento e dove Tolomeo canta l’aria n°23 (Sì, spietata, il tuo rigore) in cui Carsen rischia di cadere un po’ in basso, ecco... Come fa poi con l’aria n°34 (Domerò la tua fierezza) sempre di Tolomeo (scontro con Cleopatra, scena II del terz’atto).

Simpatica e intelligente la resa dell’aria di Cleopatra n°40 (Da tempeste il legno infranto) che comporta la presenza di una vasca da bagno in cui la principessa si immerge (come da leggenda) e ne esce, sempre schermata da un provvidenziale (o molesto, a seconda dei punti di vista...) lenzuolo retto dalle ancelle.

Anche Carsen però non sempre può tutto, e così spesso e volentieri si rifugia in... corner, o meglio in proscenio, dove relega il/la cantante per la conclusione di parecchie arie, calandogli/le alle spalle uno schermo, che serve anche a mascherare il cambio-scena. Sempre curata nei dettagli - ma qui il regista canadese è davvero un maestro - la recitazione di singoli e masse.

Alla fine ecco la sorpresa: i romani sono proprio... italiani! Barili di petrolio rossi e divise rosse di addetti alle trivellazioni recano un marchio inconfondibile: il cane cammello a sei zampe! Il coro finale vede un enorme oleodotto la cui saracinesca viene aperta da un romano e da un arabo e le due delegazioni (ENI e... Q8?) scambiarsi in pompa magna protocolli di accordo (e perchè non pensare, ehm, anche a qualche corposa mazzetta?)
___
Grandissimo successo finale (dopo gli applausi seguiti sempre alle arie) con minuti e minuti di ovazioni per tutti indistintamente: complessi musicali e team di regìa.

Da non perdere! 

Nessun commento: