Ieri alla Scala è arrivato in Egitto Kuwait il Giulio
Cesare di Händel, come
sappiamo ormai da tempo orfano della sua tanto attesa Cleopatra, rimasta
sdegnosamente a casa in compagnia di Semele (che si è fatta poi
sostituire da... Agrippina) e Ariodante. Ciò non ha però fatto mancare il numero legale (di spettatori, nella
fattispecie...): Piermarini con visibili vuoti in platea, ma al confronto con
la prima di Quartett c’era un pienone... In ogni caso chi voglia apprezzare (o
denigrare) la Cecilia-Cleopatra può sempre connettersi con youtube e vederle all’opera a Salzburg (con una
regìa demenziale) compresi Antonini sul podio e Jaroussky come Sesto...
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Una prima osservazione riguarda i...
tagli. L’opera (edizione originale del 1724) dura al netto circa 3 ore e 3/4.
Con i due normali intervalli ci si avvicinerebbe a... Wagner. Ebbene, come già
indicava la locandina online del Teatro, qui lo spettacolo ha quella durata, ma
incluso intervallo: il che, conti
alla mano, significa che dell’originale è stata tagliata circa mezz’ora. Magari
con la lodevole intenzione di non far fare troppo tardi agli stoici spettatori
accorsi nonostante tutto a teatro (oppure per esigenze registiche, o per
entrambe le ragioni...) Ma ahinoi, a parte alcune parti in recitativo secco (e
ci può stare) si tratta di tagli invero barbari, che ci privano di grande
musica. I personaggi più penalizzati quantitativamente sono Achilla (che si
perde due arie e l’intera scena della confessione dei suoi misfatti e del conseguente
pentimento) e Cornelia (due arie in meno).
Nel dettaglio, scompaiono:
Atto I
- Aria n°9 di Cesare Non è sì vago e
bello
- Aria n°10 di Cleopatra Tutto può donna
vezzosa
- Seconda strofa (Qual sia di questo core)
dell’aria n°13 di Cleopatra e ripresa della prima strofa (Tu la mia stella sei)
- Prima parte della scena XI con l’aria n°15
di Achilla Tu
sei il cor di questo core
Atto II
- Seconda strofa (Se così Lidia vezzosa) dell’aria
n°20 di Cesare e ripresa della prima strofa (Se in un fiorito ameno prato)
- Aria n°22 di Achilla Se a me non sei
crudele
- Aria n°24 di Cornelia Cessa ormai di
sospirare
- Seconda strofa (Mi sveglia all’ira) dell’aria n°31
di Sesto e ripresa della prima strofa (L’aura che spira)
Atto III
- Tutta la scena I di Achilla (aria n°32
Dal fulgor di
questa spada spostata però nell’atto
II, a fine della scena X)
- Confessione e morte di Achilla nella
scena IV
- Aria n°38 di Sesto La giustizia ha
già sull’arco
- Aria n°41 di Cornelia Non ha più che
temere
- Seconda strofa (In me/te non splenderà) del duetto Cesare-Cleopatra n°43 (Caro/Bella Più
amabile beltà)
Come si vede, ben sette arie cassate
totalmente e altre tre in parte: una bella sforbiciata! Di conseguenza si opera
un solo intervallo e, per non squilibrare troppo i tempi delle due parti, la
pausa è posta all’interno del second’atto, ma non - come cita il libretto
di sala - dopo il ricongiungimento Cornelia-Sesto (scena VI) ma assai
prima, al termine della scena II, dopo l’aria n°20 (parzialmente tagliata) di Cesare.
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Un’altra considerazione riguarda gli
interpreti: si sa che le parti di Cesare, Tolomeo e Nireno furono affidate in
origine a (e quindi scritte per) contralti
castrati, specie oggi lodevolmente estinta (almeno in ambito teatrale...)
Ebbene, l’uso da qualche tempo invalso di impiegare dei controtenori (qui
Mehta, Dumaux e Schifano) personalmente non mi convince del tutto: poichè la
loro vocalità poco ha a che fare con quella potentissima (di cui esistono
testimonianze concrete) dei castrati, che meglio è surrogabile - come si è
quasi sempre fatto e spesso ancora si fa - con voci femminili, tipicamente di
contralto. Qui - altra scelta discutibile - anche il ruolo di Sesto (in origine
soprano en-travesti) è affidato ad un
controtenore (Jaroussky). Insomma, si toglie l’en-travesti al personaggio per dirottarlo sulla voce!
Ma a parte queste considerazioni di
principio, devo dire che tutti gli interpreti hanno mostrato grande padronanza
dei rispettivi ruoli, a partire dalla Danielle
de Niese, voce robustissima anche se spesso non tenuta adeguatamente a
freno (mi riferisco alla tendenza a sbracare gli acuti a piena voce) e
soprattutto alla Sara Mingardo, una
Cornelia davvero perfetta, che non meritava lo scippo di due arie. Scippo subito
anche dall’Achilla di Christian Senn,
al quale però rimprovero (e non è la prima volta) un eccesso di forzature dei
toni che finisce per compromettere una prestazione che sarebbe più che
discreta. Oneste le figure di contorno e bene il coro di Casoni, impegnato poco (inizio e fine) ma sempre all’altezza. Giovanni Antonini si conferma solido
interprete di questo repertorio e l’Orchestra barocca della Scala prosegue con successo il percorso di
approfondimento di questo repertorio: impressionante in particolare lo
schieramento di corni naturali.
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Torno ora alla Mingardo per dire come già
l’avessi apprezzata in Cornelia anni fa a Torino e per introdurre qualche
considerazione sulla regìa di Robert
Carsen. Non ripeto qui le premesse esposte proprio in occasione di quella produzione torinese, dove mettevo in evidenza le difficoltà che un regista creativo incontra con questo repertorio.
Devo dire che Carsen, forte della sua esperienza, ha saputo metter su uno
spettacolo godibilissimo senza minare la struttura e nemmeno i dettagli del soggetto originale.
L’ambientazione da subito pare spostata
dall’Egitto al Golfo Persico, poichè si capirà alla fine che c’è di mezzo il
petrolio (quasi introvabile nella terra dei Faraoni). Cesare potrebbe essere il
generale Norman Schwarzkopf della
guerra contro Saddam in Kuwait e Tolomeo uno sceicco troppo ambizioso che farà
una brutta fine, lasciando spazio a colleghi di lui più accomodanti con gli yankee. Fin qui niente di nuovo sotto il
sole, se è vero che il petrolio ha già sostituito persino l’oro in un Ring a Bayreuth!
Non manca qualche tocco di Kitsch, ma sempre contenuto entro i
limiti del buon gusto. Un paio di cadute di tono e di stile (giudizio mio
personale) nelle scene degli approcci di Tolomeo a Cornelia e poi dello stesso
a Cleopatra, che sfiorano, pur senza valicarne i confini, la volgarità.
Carsen risolve, o cerca di risolvere, il
problema capitale di come presentare le interminabili (quanto musicalmente
divine!) arie col da-capo con invenzioni
a volte geniali, altre un po’ meno. Ad esempio è strepitosa l’interpretazione
dell’aria n°14 di Cesare (Va tacito e nascosto) nella scena IX del primo
atto: trattandosi di un incontro diplomatico fra romani ed arabi, ecco che
assistiamo ad un esilarante scambio di doni fra le due delegazioni, quella di Roma
che porta preziosi oggetti targati FENDI e un pallone da calcio (Qatar-2022) e
quella araba che reca capi d’abbigliamento locali e un’anguria!
Magistrale anche la resa della scena del
Parnaso (aria n°19 di Cleopatra/Lidia V‘adoro, pupille) introdotta da immagini tratte
da famosi film su Cleopatra. Un poco fredda l’ambientazione delle scene III e
IV del second’atto (quelle del giardino): qui siamo in una palestra dove Cornelia
lava il pavimento e dove Tolomeo canta l’aria n°23 (Sì, spietata, il tuo rigore) in cui Carsen rischia di cadere un po’
in basso, ecco... Come fa poi con l’aria n°34 (Domerò
la tua fierezza) sempre di Tolomeo (scontro con Cleopatra, scena II del
terz’atto).
Simpatica e intelligente la resa dell’aria
di Cleopatra n°40 (Da tempeste il legno infranto) che comporta la
presenza di una vasca da bagno in cui la principessa si immerge (come da
leggenda) e ne esce, sempre schermata da un provvidenziale (o molesto, a
seconda dei punti di vista...) lenzuolo retto dalle ancelle.
Anche Carsen però non sempre può tutto,
e così spesso e volentieri si rifugia in... corner, o meglio in proscenio, dove
relega il/la cantante per la conclusione di parecchie arie, calandogli/le alle
spalle uno schermo, che serve anche a mascherare il cambio-scena. Sempre curata
nei dettagli - ma qui il regista canadese è davvero un maestro - la recitazione
di singoli e masse.
Alla fine ecco la sorpresa: i romani
sono proprio... italiani! Barili di petrolio rossi e divise rosse di addetti
alle trivellazioni recano un marchio inconfondibile: il cane cammello a sei zampe! Il coro finale vede un enorme
oleodotto la cui saracinesca viene aperta da un romano e da un arabo e le due
delegazioni (ENI e... Q8?) scambiarsi in pompa magna protocolli di accordo (e
perchè non pensare, ehm, anche a qualche corposa mazzetta?)
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Grandissimo successo finale (dopo gli
applausi seguiti sempre alle arie) con minuti e minuti di ovazioni per tutti
indistintamente: complessi musicali e team di regìa.
Da non perdere!
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