L’onore di chiudere il ROF-39 è
quest’anno toccato alla grandiosa (!) Petite
Messe Solennelle. Piazza del Popolo (ci ripasso dopo aver
circumnavigato, laggiù in riva al mare, il fontanone - acqua dolce - con la
sfera sventrata di Gio’ Pomodoro) alle 20 è già gremita di pubblico in attesa
(per nulla religiosa, hahaha) della diffusione su maxi-schermo del concerto
conclusivo del Festival, il cui inizio è stato spostato quest’anno dalle 20:30
alle 21. La piccola bomboniera del Teatro Rossini ribolle invece di preziose toilette e rumoreggia negli idiomi più
svariati, compreso (ma è quasi un’eccezione) quello italico. Nal palco del
sovrintendente prende posto anche un JDF
con anulare e mignolo della mano sinistra strettamente imprigionati in una fasciatura
rigida: forse un postumo dell’ultimo duello con Ircano (?!)
La Messa è tornata al ROF dopo l’ultima
comparsa nel 2014, allorquando fu diretta dal compianto Alberto Zedda, che con l’occasione presentò anche la sua orchestrazione del Preludio Religioso, che Rossini ha affidato al solo organo. Commentando
quell’evento, mi ero permesso di avanzare seri dubbi sull’opportumità
di presentare tale orchestrazione: non certo dal punto di vista della fattura,
davvero eccellente, ma innanzitutto da quello del rispetto della volontà
dell’Autore (visto che qui siamo nella fabbrica
delle edizioni critiche...) ma anche da quello della concezione estetica.
Per non parlare poi delle stesse argomentazioni addotte dal Maestro per la sua
iniziativa, che reputavo e continuo a reputare del tutto inconsistenti e
pretestuose. In qualche modo accettabile (secondo me) era stata la proposta di allora,
un evento eccezionale nell’ambito di un festival, ma la ritenevo da escludersi come
prassi da seguire.
Orbene, la locandina dell’odierna
esecuzione si è premurata di annunciare che il Preludio Religioso sarebbe stato eseguito anche questa volta
proprio nella versione orchestrata da Zedda (il che esclude anche l’impiego
dell’organo tout-court). Ecco quindi un bell’esempio di perseveranza nell’errore:
errore che si può scusare una volta, come omaggio al grande paladino rossiniano,
ma che rischia di diventare una colpa (diabolicum,
come dice il vecchio adagio...) se reiterato.
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Esecuzione pregevole da parte dell’OSN-RAI,
che Giacomo Sagripanti ritovava dopo
il Ricciardo&Zoraide, e del Coro del Teatro della Fortuna (Mirca Rosciani) che replicava qui la
Petite Messe dopo averla cantata a Roma poco tempo fa: picchi di merito per le
colossali fughe di Gloria e Credo.
Alti e bassi per le quattro voci soliste.
Sulle quali è spiccata ancora una volta quella di Daniela Barcellona, 22 anni di ROF e alla terza Messa (dopo 2004 e
2007): l’imponente contralto triestino si è presentata sfoggiando un décolleté
alla... Jane Mansfield (!) forse come contrappasso a tutti i petti appiattiti cui
l’hanno costretta negli anni i suoi personaggi en-travesti. Ma la voce è sempre solidissima e l’espressione
(vedasi l’accorato Agnus Dei
conclusivo) è davvero impeccabile.
Carmela
Remigio,
che tornava qui dopo 20 anni e 21 dal suo esordio al ROF proprio nella Messa,
ha un po’ stentato all’inizio (non proprio da incorniciare i suoi acuti nel Qui Tollis e nel Crucifixus). Si è però riscattata ampiamente con un O salutaris hostia davvero convincente
per purezza di canto ed espressività.
Celso
Albelo
non ha (alle mie orecchie, perlomeno) particolarmente brillato: il suo Domine Deus ha un po’ mancato di slancio
e di profondità.
Senza infamia e senza lode l’esordiente
al ROF Nicolas Courjal, forse ancora
freddo nell’iniziale Et in terra, ma
che ha fatto meglio nell’impegnativo Quoniam
tu solus sanctus.
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Alla fine gran trionfo per tutti, con ripetute
chiamate per i quattro solisti e i due direttori. Fuori, Piazza del Popolo è
ormai... spopolata, e sul grande schermo campeggia già l’arrivederci al ROF-XL
(il cui piatto forte sarà una nuova Semiramide
della premiata coppia Mariotti-Vick).
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