Ieri al Teatro Rossini (con qualche
vuoto di troppo, probabilmente dovuto al bizzarro orario di inizio, le 16:00,
quando anche i melomani più incalliti sono ancora in spiaggia o in barca) è
andata in onda la terza recita di Adina.
Prima dell’inizio si ode l’annuncio che
la protagonista Lisette Oropesa
canterà regolarmente, anche se afflitta da una non meglio precisata
indisposizione (di certo non una scottatura...) Invece un doveroso minuto di
raccoglimento per ciò di cui il Paese è ancora sotto choc è stato rispettato
solo perchè uno spettatore ne ha urlato la richiesta a Diego Matheuz, che stava ormai dando l’attacco del preludio. E meno
male che il Direttore venezuelano ha meritoriamente raccolto l’invito.
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Adina è opera notoriamente controversa, quanto
alle origini e alle circostanze della sua composizione. Fabrizio Della Seta, che alla fine del secolo scorso ne curò l’edizione critica, ne ha ricostruito i
contenuti musicali in un saggio pubblicato sul programma di sala. Da esso ho
ricavato questo schema che sintetizza la struttura del lavoro, con l’indicazione
della fonte di ciascuna sua parte, inclusi gli auto-imprestiti (dal Sigismondo).
Come si nota, oltre al compositore, le musiche sono di mano di un non meglio
identificato Collaboratore (così lo
apostrofa Della Seta) e di copisti/collaboratori capaci di predisporre i
recitativi secchi o di riprendere e adattare musiche auto-imprestate. Ma alcune
parti sono di mano del compianto Philip
Gossett e dello stesso Della Seta.
numero
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Rossini
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Collaboratore
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copista / collab.
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1. Introduzione
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X
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recitativo
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X
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2. Cavatina (Adina)
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(deriv. Gazza
Ladra)
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orchestrazione
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3. Coro
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(Sigismondo - Viva Aldimira)
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recitativo
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Gossett -
Dalla Seta (Coro 3b)
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4. Duetto
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X
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recitativo
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X
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5. Aria (Califo)
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X
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6.
Sc.-Aria (Selimo)
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(Sigismondo - Cavat.
Ladislao)
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recitativo
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X
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7. Quartetto
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X
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recitativo
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X
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8. Aria (Alì)
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(Sigismondo - Rondò
Anagilda)
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recitativo
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X
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9. Aria (Adina) - Fin.
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X
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Insomma, un bel pot-pourri che si spiega con la fretta di Rossini (che era occupato
in ben più importanti impegni a Napoli) oltre che con le difficoltà relative al
luogo della prima rappresentazione (Lisbona); difficoltà che spiegano probabilmente
anche il ritardo di ben 8 anni fra composizione e andata in scena!
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La recita di ieri (mi) ha confermato le positive
impressioni ricevute dalla prima ascoltata
in radio. Lisette Oropesa ha sfoggiato
la sua voce cristallina, oltre che una bella presenza scenica. Levy Sekgapane ha una vocina
sottile-sottile, ma adatta a questo ruolo di ragazzo timido e ingenuo. Efficace
Vito Priante nella parte del ruvido Califo,
capace peraltro anche di slanci affettuosi. Di buona fattura le prestazioni dei
due comprimari: Matteo Macchioni che
impersona la... macchietta di Alì e Davide
Giangregorio, un simpatico Mustafà. Eccellente il Coro della Fortuna (Mirca Rosciani) ben disimpegnatosi anche
sul fronte dellla presenza scenica.
Diego
Matheuz
ha diretto con sobrietà la Sinfonica Rossini, senza sbracature e
con attenzione all’equilibrio fra buca e voci.
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La farsa
fu originariamente definita come un’opera in un atto unico, di contenuto serio
o comico. La trama si fonda tipicamente su equivoci, qui-pro-quo, malintesi,
fischi-per-fiaschi, roma-per-toma e simili bizzarrie, che possono dar luogo
indifferentemente ad esiti esilaranti o tragici. Con l’andar del tempo per
farsa si è sempre più intesa una pièce di carattere umoristico e improbabile, e
il termine farsesco è divenuto
sinonimo di ridanciano, sboccato e cialtronesco.
E proprio in questa accezione Rosetta Cucchi ha interpretato il
soggetto di Adina, a dispetto del suo sottofondo potenzialmente tragico. Così
l’ambientazione è in un’allegra festa di matrimonio (fra Califo e Adina) e poco
traspare del dramma della protagonista e del suo innamorato Selimo. Salvo il loro
arresto al momento della tentata fuga, arresto peraltro eseguito da guardie
abbigliate come nelle più classiche vignette di cartoon satirici.
La scena di Tiziano Santi è assolutamente statica: una gigantesca torta nuziale
a tre piani, sui quali si muovono protagonisti e figuranti (o coristi) e
all’interno della quale si intravedono ambienti domestici. I costumi di Claudia Pernigotti nulla hanno a che
vedere con il testo del Bevilacqua,
riproducendo una fauna umana popolata da tamarri o capi-cosca (Califo) e
moderni eunuchi (Alì, che calza scarpe da donna, peraltro con tacco basso per
evitare... cadute) con la quale devono convivere i poveri Selimo e Adina (anche
loro tutt’altro che sobri nei rispettiivi abbigliamenti). Anonimo invece il
giardiniere Mustafà, con qualche vegetale in testa. Daniele Naldi firma l’impiego delle luci, piuttosto elementare:
sempre chiaro abbagliante, salvo che nel siparietto notturno.
Tutto sommato uno spettacolo
accattivante e scorrevole, che il pubblico ha mostrato di gradire assai, con
calorosi applausi e numerose chiamate per tutti.
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