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20 settembre, 2017

laVerdi va in Spagna col MITO


L’Orchestra milanese ha fornito il suo contributo al MITO con un concerto (dato a Torino il 18 e replicato ieri in Auditorium) intitolato Paesaggi spagnoli, introdotto da Gaia Varon. Sul podio un giovane direttore, ovviamente iberico in omaggio al programma, il 34enne Andrés Salado da Madrid. 

Il primo brano in programma è una primizia per l’Italia, il Concerto per violino e orchestra, titolato Al-Andalus, del 32enne compositore americano Mohammed Fairouz (il nome ne tradisce chiaramente l’origine araba). L’Andalusia è quindi il soggetto ispiratore del concerto, composto nel 2013 per la violinista americana Rachel Barton Pine e l’Orchestra dell’Alabama e qui interpretato dalla 30enne cicciottella albionica Chloë Hanslip.

Che dire: che nel terzo millennio si può ancora comporre musica tonale come ai tempi di DeFalla e Ravel (che seguiranno nel programma) senza per questo apparire retrogradi e scopiazzatori... Un brano che nella forma, ma anche nei contenuti, è assai lontano da quella del concerto classico, in realtà si tratta di tre fantasie, scritte si direbbe con tecnica durchkomponiert, dove è difficile, almeno a primo ascolto, riconoscere temi ricorrenti o chiare strutture formali. I tre movimenti si ispirano programmaticamente ad altrettanti personaggi dell’epoca d’oro della civiltà islamica (800-1200) prosperata nella Spagna moresca e – ahinoi – inariditasi dopo la riconquista cattolica e mai più capace di un Rinascimento quale quello maturato da noi grazie alla progressiva conquista del principio di laicità delle istituzioni, tuttora pervicacemente negato dal mondo islamico. Che peraltro noi tendiamo a criminalizzare in-toto come ben sa lo stesso Fairouz, oggetto di tutti i sospetti che oggigiorno nascono su chi ha la sola colpa di avere nomi di origine araba.

Il primo movimento (Ibn-Firnas’ flight) è un’orgia sonora nella quale il suono del violino solista scompare, subissato da quelli dell’orchestra, salvo sporadicamente isolarsi in slanci... aerei con salite a note acutissime in armonici; deve durare 11 minuti, quanto il primo volo di Abbas Ibn Firnas, precursore nientemeno che dei fratelli Wright! Per contrappasso, il secondo movimento (The Ring of Doves, tratto da un trattato sull’amore di Ibn Hazm) è per lunghi tratti una melopea per violino solo, cui si accompagnano qua e là il violino di spalla, il clarinetto, il violoncello e la tromba, che ricorda scopertamente ambientazioni orientaleggianti. Il conclusivo movimento (Dancing Boy, poesia di Ibn Kharouf) mescola stilemi prettamente arabi ad altri andalusi e gitani, esposti dal violino (in quattro sezioni, corrispondenti alle stanze della poesia) che trascina l’intera orchestra verso un’esilarante conclusione.

Beh, una cosa godibile, che anche il pubblico – ieri foltissimo, direi sopra la media delle presenze alla stagione principale, segno che MITO attira... – ha mostrato di apprezzare assai.
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Lilya Zilberstein, un’affezionata visitatrice dell’Auditorium, è poi arrivata per porgerci il celebre Noches en los jardines de España di Manuel  deFalla, già ascoltata qui meno di un anno fa (con altri interpreti). La pianista russa ma ormai cosmopolita ha sciorinato la sua solidissima tecnica e la grande sensibilità nel percorrere l’immaginario cammino notturno da Granada a Córdoba, dove la Spagna di deFalla, composta a Parigi, mutua atmosfere... francesi. Anche qui grande successo e ripetute chiamate.
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Ha chiuso in bellezza il BolerodiRavel, che laVerdi ormai suona a memoria (anche perchè le note da ricordare sono davvero poche, solo che vanno ripetute qualche dozzina di volte...) Ivan Fossati, primo percussionista dell’Orchestra, ha ancora una volta preso posto sul suo trespolo proprio davanti al Direttore e ha segnato per tutto il tempo il ritmo ai colleghi; sono (non una di meno) ben 169 ripetizioni di queste due battute:


Insomma, roba da uscirne praticamente pazzi! Ma il bravo Ivan non manca un colpo e si merita alla fine ben due chiamate al proscenio! Trionfo per tutti e... viva MITO!

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