L’Orchestra milanese ha fornito il suo
contributo al MITO con un concerto (dato a Torino il 18 e replicato ieri in
Auditorium) intitolato Paesaggi spagnoli, introdotto da Gaia Varon. Sul podio un giovane
direttore, ovviamente iberico in omaggio al programma, il 34enne Andrés Salado da Madrid.
Il primo brano in programma è una
primizia per l’Italia, il Concerto per
violino e orchestra, titolato Al-Andalus, del 32enne compositore
americano Mohammed Fairouz (il nome
ne tradisce chiaramente l’origine araba). L’Andalusia è quindi il soggetto
ispiratore del concerto, composto nel 2013 per la violinista americana Rachel Barton Pine e l’Orchestra dell’Alabama e qui interpretato dalla 30enne cicciottella
albionica Chloë Hanslip.
Che dire: che nel terzo millennio
si può ancora comporre musica tonale come ai tempi di DeFalla e Ravel (che seguiranno
nel programma) senza per questo apparire retrogradi e scopiazzatori... Un brano
che nella forma, ma anche nei contenuti, è assai lontano da quella del concerto
classico, in realtà si tratta di tre fantasie, scritte si direbbe con tecnica durchkomponiert, dove è difficile, almeno
a primo ascolto, riconoscere temi ricorrenti o chiare strutture formali. I tre
movimenti si ispirano programmaticamente ad altrettanti personaggi dell’epoca d’oro
della civiltà islamica (800-1200) prosperata nella Spagna moresca e – ahinoi –
inariditasi dopo la riconquista cattolica e mai più capace di un Rinascimento quale quello maturato da
noi grazie alla progressiva conquista del principio di laicità delle istituzioni,
tuttora pervicacemente negato dal mondo islamico. Che peraltro noi tendiamo a
criminalizzare in-toto come ben sa lo stesso Fairouz, oggetto di tutti i sospetti che oggigiorno
nascono su chi ha la sola colpa di avere nomi di origine araba.
Il primo movimento (Ibn-Firnas’ flight) è un’orgia sonora
nella quale il suono del violino solista scompare, subissato da quelli dell’orchestra,
salvo sporadicamente isolarsi in slanci... aerei con salite a note acutissime
in armonici; deve durare 11 minuti, quanto il primo volo di Abbas Ibn Firnas, precursore nientemeno
che dei fratelli Wright! Per contrappasso, il secondo movimento (The Ring of Doves, tratto da un trattato
sull’amore di Ibn Hazm) è per lunghi
tratti una melopea per violino solo, cui si accompagnano qua e là il violino di
spalla, il clarinetto, il violoncello e la tromba, che ricorda scopertamente
ambientazioni orientaleggianti. Il conclusivo movimento (Dancing Boy, poesia di Ibn
Kharouf) mescola stilemi prettamente arabi ad altri andalusi e gitani, esposti
dal violino (in quattro sezioni, corrispondenti alle stanze della poesia) che
trascina l’intera orchestra verso un’esilarante conclusione.
Beh, una cosa godibile, che anche
il pubblico – ieri foltissimo, direi sopra la media delle presenze alla
stagione principale, segno che MITO attira... – ha mostrato di apprezzare
assai.
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Lilya
Zilberstein,
un’affezionata visitatrice dell’Auditorium, è poi arrivata per porgerci il
celebre Noches en los jardines de España di Manuel
deFalla, già ascoltata qui meno di un anno
fa
(con altri interpreti). La pianista russa ma ormai cosmopolita ha sciorinato la
sua solidissima tecnica e la grande sensibilità nel percorrere l’immaginario
cammino notturno da Granada a Córdoba,
dove la Spagna di deFalla, composta a Parigi, mutua atmosfere... francesi. Anche
qui grande successo e ripetute chiamate.
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Ha chiuso in bellezza il BolerodiRavel,
che laVerdi ormai suona a memoria
(anche perchè le note da ricordare sono davvero poche, solo che vanno ripetute
qualche dozzina di volte...) Ivan Fossati, primo percussionista dell’Orchestra,
ha ancora una volta preso posto sul suo trespolo proprio davanti al Direttore e
ha segnato per tutto il tempo il ritmo ai colleghi; sono (non una di meno) ben 169
ripetizioni di queste due battute:
Insomma, roba da uscirne praticamente
pazzi! Ma il bravo Ivan non manca un colpo e si merita alla fine ben due
chiamate al proscenio! Trionfo per tutti e... viva MITO!
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