Fra le ormai consolidate consuetudini de
laVerdi c’è quella di riaprire i
battenti a settembre con una visita
alla Scala; il che è avvenuto ieri sera in un teatro piacevolmente
affollato e soprattutto preso d'assalto anche da giovani e giovanissimi, come
raramente capita di vedere in queso tempio frequentato per lo più da matusa.
Sul podio Patrick Fournillier, che già nei mesi scorsi si era presentato in
Auditorium, dove ritornerà per i prossimi due concerti della stagione, come Direttore Principale ospite. Apre il
programma un estratto dalle due Suite dell’Arlesienne,
che combina tre brani della prima e due della seconda, e dove il famoso tema in
DO minore che apre il Preludio torna poi – in RE minore - nell’ultimo numero
della seconda Suite, dove è seguito dall’altrettanto famoso e trascinante
motivo della Farandole, in RE
maggiore:
Il Direttore francese esibisce il suo
gesto piuttosto enfatico e non ci risparmia anche qualche mossetta
gigioneggiante... ma l’orchestra suona comunque da par suo e scalda in fretta
un pubblico piuttosto infreddolito da questo autunno anticipato (almeno qui al
nord).
Alexandre
Tharaud,
un pianista che in Francia è ormai considerato un padreterno ma che, con la sua
aria da ragazzino, non dimostra per nulla i (quasi) 50 anni che porta sulle
spalle è stato interprete del Concerto in sol di Maurice Ravel, che fin dall’inizio
mostra chiaramente l’influenza di musica d’oltre oceano (jazz e blues).
Tharaud, che suona regolarmente con gli
spartiti sul leggio (evidentemente si fida più dell’autore che della sua
memoria...) tiene un approccio assai sostenuto, mettendo in risalto i caratteri
più lirici del concerto, rispetto a quelli più spigolosi. In particolare è da incorniciare
l’incipit del centrale Adagio assai, con
quelle 33 battute del mirabile recitativo del pianoforte solo, che Tharaud ha
proprio centellinato, prima di essere raggiunto da archi e legni. Da antologia l’intervento
del corno inglese di Paola Scotti (che
avrà modo poi di distinguersi anche in Dvořák e infine... nel
bis). Vibrante il breve e conclusivo Presto,
dove al virtuosismo del solista si accompagna anche quello dei due fagotti e
alla fine degli altri legni.
La sinfonia più inflazionata di Dvořák ha chiuso la parte ufficiale della serata. Una speciale
menzione per la bellissima resa del Largo, merito
della sensibilità del Direttore e soprattutto della bravura dei ragazzi, che
poi si sono scatenati da par loro nel finale. Trionfo annunciato e così
Fournillier annuncia un regalo supplementare, riportandoci a Parigi, dove il
concerto aveva preso l’avvio e dove il grande Gioachino compose la sua ultima
opera. L’Ouverture della quale è da tempo uno speciale biglietto da visita de
laVerdi, che anche ieri non ha tradito le aspettative: sugli scudi, oltre
alla citata Scotti, il pacchetto dei 5 celli, guidato da Scarpolini. Evviva!
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