Singolari le analogie che accomunano le
vicissitudini della nascita e poi della vita di quest’opera verdiana con quelle
del Siège de Corinthe di Rossini. Verdi percorse infatti nel 1847
(quasi) pari-pari la strada aperta 20 anni prima dal grande Gioachino per la conquista di Parigi (strada che già
era stata battuta anche da Donizetti): proporre come prima opera francese un adattamento-rifacimento di un lavoro già
presentato e collaudato in Italia. Rossini scelse Maometto II e lo fece usare ai librettisti franco-italiani (Soumet&Balocchi) come base di
partenza per la creazione del Siège, poi
musicato impiegando buona parte delle note del Maometto, accanto a moltissime
composte all’uopo. Successivamente il Siège venne ritradotto in italiano e
importato da noi come L’assedio di
Corinto, la cui fortuna per la verità fu assai modesta, schiacciato fra i
due originali, napoletano e parigino.
Ebbene, una trafila quasi identica caratterizzò la
nascita e la vita della Jérusalem:
Verdi, richiesto dal più grande teatro parigino di un’opera francese, decise –
per ragioni di tempo ma soprattutto per evitare rischi e brutte sorprese – di riciclare
una sua opera già collaudata con discreto successo in Italia: I Lombardi alla prima crociata. Così ne
affidò la trasformazione (in Jérusalem)
ai librettisti francesi Royer&Vaëz, che scrissero un nuovo testo sul quale Verdi trasportò in parte la
musica dei Lombardi e ne compose
parecchia di completamente nuova (inclusi gli immancabili balletti,
tassativamente previsti dal capitolato
tecnico de l’Opéra). A fronte del
buon successo dell’impresa, Jérusalem
fu tradotta in italiano (in Gerusalemme)
per essere importata sul nostro mercato. Dove però, proprio come il rossiniano Assedio, fece completamente cilecca,
anche lei schiacciata fra l’originale italico e la versione parigina.
Un eccellente studio di David R.B. Kimbell (apparso a gennaio del 1979 sulla rivista Music and Letters) intitolato Il
primo rifacimento di Verdi: Lombardi e Jérusalem, analizza le
principali differenze (testo e musica) fra le due opere. Il confronto fra i
libretti di Solera e di Royer&Vaëz è abbastanza
impietoso (per il povero Solera): il testo francese appare nettamente superiore
a quello italiano, sia dal punto di vista strettamente drammaturgico (l’organizzazione
dell’intero soggetto) che da quello letterario.
Quanto alla musica, Kimbell analizza le differenze
fra le due opere distinguendo fra imprestiti
(parti riprese pari-pari o con minimi ritocchi), rifacimenti (dove l’originale venne modificato in funzione del
nuovo testo, ma a volte semplicemente... migliorato) e novità (musica quasi completamente scritta ad-hoc); vengono poi
elencate le parti dei Lombardi puramente
cassate. Riassumo nella tabella sottostante (l’oggetto è Jérusalem) queste differenze (i numeri esposti si riferiscono a
singoli movimenti musicali, es.: recitativo, tempo di mezzo, cabaletta, scena,
etc.)
atto
|
totale
|
imprestiti
|
rifacimenti
|
nuovi
|
esclusi
|
I
|
20
|
7
|
4
|
9
|
8
|
II
|
16
|
5
|
5
|
6
|
8
|
III
|
15
|
2
|
3
|
10
|
2
|
IV
|
10
|
-
|
6
|
4
|
6
|
Totale
|
61
|
14
|
18
|
29
|
24
|
Come si può notare, quasi la metà (29 su 61) dei
movimenti è nuova, mentre ben il 42% degli originali dei Lombardi è stato escluso da Jérusalem
e solo 1/4 sono quelli re-impiegati nella nuova opera senza sostanziali
modifiche.
L’analisi di Kimbell può essere riassunta – proprio nei
minimi termini – così: nei meno di 5 anni che separano Jérusalem dai Lombardi, e
grazie al mercato francese, Verdi smise di usare la vanga!
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