Nel suo consueto editoriale domenicale Eugenio
Scalfari si lancia in arditi quanto bizzarri paralleli fra sistemi
politici e categorie musicali (!?)
Riporto il passaggio incriminato (le evidenziazioni
in azzurro sono mie):
Resta
tuttavia una realtà: le opinioni dei cittadini sono più variegate di due
soltanto. Due sono il fondamento, ma i dettagli di quel fondamento si
dividono su tre o quattro varianti. Possono convivere tra loro ed anzi
alimentarsi reciprocamente al meglio, purché di quelle varianti si tenga
conto.
Se
vogliamo un esempio usiamo la musica che è la più adatta a farci capire di
che si tratta: la chiave musicale non può che
esser comune a uno dei due schieramenti e l’altro avrà una chiave diversa; ma
le tonalità sono diverse anche in ciascuna delle chiavi che governano la
melodia. Vi ricordate certamente che i cantanti di un’opera lirica
vanno dal basso al baritono e al tenore. Ciascuno
dei tre canta nella stessa chiave ma con tonalità molto diverse l’uno dall’altro.
Queste sono le varianti anche in un sistema politico bipolare. Per
realizzare questo che consente a ciascuno dei due schieramenti contrapposti
di suonare in chiave unica con tonalità diverse e
quindi più attraenti per gli elettori, si ottiene autorizzando le liste di
coalizione al voto.
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Apperò, il vegliardo Eugenio ha inventato la
politonalità in politica! Dove basso e tenore cantano però nella stessa chiave
(quella di basso per lo schieramento 1 e quella di tenore per lo schieramento
2).
Che dite, gli diamo un premio Abbiati?
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