L’ormai affermato 36enne Stanislav Kochanovsky fa il suo gradito ritorno
sul podio dell’Auditorium per dirigere un programma di grande tradizione: Beethoven e
Schumann.
Con lui Andrea Lucchesini, che si cimenta nell’ostico Terzo beethoveniano, un’opera
che viene normalmente considerata come la vera e propria entrata nell’800 del genio di Bonn. Personalmente mi sentirei di
applicare il concetto all’orchestra, cui Kochanovsky ha impresso un piglio eroico; mentre Lucchesini si è mantenuto
su un piano ancora, diciamo, settecentesco, privilegiando leggerezza di tocco e
cantabilità. Quasi insostenibile (ma in senso positivo) la sua interpretazione
dell’agogica del Largo centrale, questo
sì uno squarcio di romanticismo.
Meritati gli applausi ritmati (compresi
quelli del suo giovane epigono Gabriele
Carcano) che accolgono la sua prestazione, ricambiati con un funambolico Improvviso schubertiano (dove Lucchesini
nulla ha da invidiare al leggendario Horowitz).
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Di Schumann
riascoltiamo la Quarta (seconda in ordine di composizione) sinfonia. Il Maestro
russo conferma le sue doti, mostrando grande attenzione ai dettagli, segno di
studio approfondito di questa partitura travagliata. Il taglio del ritornello
nel finale lascia un po’ l’amaro in bocca, ma è evidentemente una scelta
stilistica ben precisa.
Benissimo i ragazzi, guidati da Dellingshausen, nell’assecondare al
meglio le intenzioni del Direttore. Successo pieno in una sala discretamente affollata.
PS.: il Presidente Cervetti ha
preannunciato – in una lettera ai soci – che il 30 maggio verrà reso noto il
nome del prossimo (“autorevole”) Direttore
musicale: si accettano scommesse...
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