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31 ottobre, 2016

Un Sogno si aggira per la Lombardia. 2


Ieri pomeriggio nella preziosa bomboniera del Fraschini è andata in scena la sesta (seconda per Pavia) recita di A Midsummer Night’s Dream proposto da Opera Lombardia. Prima dell’inizio, un doveroso pensiero ai nostri connazionali che vivono giorni di ansia e di lutto (e purtroppo vivranno mesi – come minimo – di disagi e difficoltà inimmaginabili). Pubblico piuttosto scarsino all’inizio e divenuto scarsissimo (ahi ahi) dopo i due intervalli, pur se assai caloroso con tutti i protagonisti.

L’attuale produzione (per la regìa di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani e la concertazione di Francesco Cilluffo) riporta l’opera dalle nostre parti a piu di 7 anni di distanza dall’ultima apparizione: era il giugno 2009 alla Scala, e in quell’occasione venne ripreso lo storico (si può dire, visto che parliamo del 1991) allestimento di Robert Carsen ad Aix. Ebbene, mi sentirei di dire che lo spettacolo visto ieri nulla abbia da invidiare a quello, per concezione drammaturgica ed efficacia interpretativa, nel sostanziale rispetto di testo e partitura.

L’abbinamento dello spettacolo musicale a quello parallelo della commedia originale - programmata proprio a ridosso dell’opera e ripresa dall’affermata produzione del Teatro dell’Elfo, impiegando le stesse scene di Carlo Sala, con piccoli mutamenti - ha in qualche modo avvicinato Shakespeare a Britten-Pears (o viceversa) senza però comportare squilibri o stravolgimenti della struttura britteniana: chi si sorprende di fronte alla scena iniziale, che presenta un grande arco di trionfo, simbolo di Atene, al posto del bosco di Britten, intuisce però assai presto trattarsi di una semplice anticipazione dell’ambiente che caratterizzerà poi il finale dell’opera: gli abitanti del bosco lo stanno semplicemente... sognando e poi, poco a poco, il bosco medesimo si insinuerà sulla scena fino ad occuparla interamente. Apprezzabili i costumi (senza tempo, o di tutti i tempi) di Ferdinando Bruni ed efficacissime le luci di Nando Frigerio.

Ma è la musica, ovviamente, la protagonista dello spettacolo, e qui va lodato il Maestro Cilluffo per aver saputo porgerla con grande accuratezza, aiutato in ciò dall’Orchestra I Pomeriggi Musicali, la cui spiccata vocazione cameristica ha consentito al concertatore di mettere in luce le mille sottili sfaccettature del mondo sonoro creato da Britten per questa deliziosa commedia di Shakespeare.

E gli interpreti non sono stati da meno, a cominciare dalle Voci bianche del Musiké SMIM Vida di Cremona (Raul Dominguez) quattro delle quali munite di folte barbe (gli elfi Cobweb, Peaseblossom, Mustardseed e Moth) per continuare con le voci di tutti i protagonisti, tra cui spiccano le coppie di amanti (Alex Tsilogiannis, bella e squillante voce tenorile, Cecilia Bernini, una convincente Hermia, Paolo Ingrasciotta, baritono dalla voce calda e potente e Angela Nisi, efficacissima Helena) coppie benissimo assortite ed amalgamate (unico neo, ma per fortuna non musicale, la statura fisica relativa di Hermia ed Helena); e poi le altre due coppie regali (l’Oberon di Raffaele Pe, controtenore dalla voce penetrante e sempre perfettamente impostata, Anna Maria Sarra, una Tytania fin troppo esuberante e con qualche eccesso di... intemperanza, Federico Benetti e Arina Alexeeva, austera accoppiata... greco-amazzonica); e infine i sei simpaticissimi artigiani, protagonisti di uno straordinario ed esilarante spettacolo nello spettacolo: su tutti il Bottom di Zachery Altman, gran voce di basso-baritono e imponente portamento scenico, Roberto Covatta, un Flute che si traveste da spassosissima Thisby, e poi ancora il Quince di Nicholas Masters, lo Snout di Claudio Grasso, lo Starveling di Dario Shikhmiri e lo Snug di Rocco Cavalluzzi. E come non entusiasmarsi per il parlante Puck di Simone Coppo, semplicemente perfetto!  

Insomma, ancora uno spettacolo (cosiddetto) di provincia che rivaleggia alla grande con le produzioni di paludate (e ricche di aiuti pubblici!) istituzioni metropolitane. E che meriterebbe di godere di molta maggior visibilità. Chi appena può non si lasci scappare le restanti quattro recite (Brescia 4-6 e ReggioE 18-20 novembre).  

(2. continua con... approfondimenti sulle note)

24 ottobre, 2016

Un Sogno si aggira per la Lombardia. 1


Ed anche un po’ per l’Emilia, a dir il vero...)

A riportare uno spicchio d’estate in questo autunno ormai inoltrato ci pensa il Circuito Lirico Lombardo, ora rimesso a nuovo con la dizione Opera Lombardia, mettendo in scena, fra i primi di ottobre e quelli di novembre, la britteniana A Midsummer Night’s Dream. Partita (con grande successo, dicono) da Cremona (7-9/10) la bella stagione è transitata a Como (21-23/10) e di lì si porterà a Pavia (28-30/10) prima di chiudere a Brescia (4-6/11). Essendo compartecipe della produzione, anche la terrona ReggioEmilia ospiterà il Sogno a fine novembre (18-20).
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Per i pochi (o tanti) che non ne sono a conoscenza, ricordo che la traduzione corrente italiana del titolo (Sogno di una notte di mezza estate) è piuttosto fuorviante, dato che collocherebbe la vicenda attorno ai primi giorni d’agosto (la metà dell’estate astronomica, appunto). In realtà in GranBretagna (e in altri paesi nordici) Midsummer sta normalmente ad indicare un periodo attorno al solstizio (cioè l’inizio dell’estate) e in particolare si associa alla festa di SanGiovanni (24 Giugno). Ecco perchè in altre lingue il titolo viene tradotto più semplicemente e genericamente come Sogno di una notte d’estate.

Si tratta quindi di un periodo al quale si riferiscono anche altre opere musicali, quali ad esempio: Una notte sul Monte Calvo (Musorgski) dove assistiamo ad un sabba delle streghe, ma anche i Meistersinger (Wagner) e Feuersnot (Strauss) ambientati temporalmente proprio nei giorni o precisamente nella notte di SanGiovanni. Una notte tutt’altro che popolata solo da ingenue fatine ed elfi canterini, come vorrebbe certa agiografia (cui si legano spesso anche gli allestimenti del Sogno...) ma una notte piena di trasgressione ed erotismo (se non proprio di sconci riti di streghe) e quindi di incubi (à la Berlioz...) come si può constatare proprio leggendo il testo di Shakespeare ripreso da Britten.

Per restare alla collocazione temporale, va rilevato però come anche il genio di Stratford sia caduto in una certa contraddizione, quando fa dire a Theseus che il periodo in cui si svolge la vicenda è quello dell’arrivo e dei conseguenti riti del (primo di) Maggio, il che contrasta con il titolo della commedia (che avrebbe dovuto a questo punto recitare: A Midspring Night’s Dream!)
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La premiata coppia Benjamin Britten – Peter Pears approntò il libretto dell’opera impiegando proprio il testo di Shakespeare: non tutto, chè ne sarebbe uscita una cosa tipo Parsifal (!) ma quanto basta per mantenere intatte le caratteristiche della commedia originale, anzi addirittura apportandovi, se possibile, del valore aggiunto. La tabella sottostante riassume le differenze fra struttura e contenuti dell’originale di Shakespeare e quelli del libretto di Britten-Pears. Le sezioni colorate rappresentano porzioni di testo originale diversamente riallocate nel libretto; laddove la colonna Britten-Pears reca un no, trattasi di parti espunte; laddove reca un =, trattasi di parti del testo originale replicate (attenzione: quasi mai integralmente!) nel libretto.   

Shakespeare
Britten-Pears
Atto I – Scena 1 – Palazzo di Theseus

Theseus annuncia le nozze con Hippolyta.

Giudizio di Theseus sul diritto di Demetrius a sposare Hermia (figlia di Egeus) che dichiara invece di amare, corrisposta, Lysander.
no
Lysander ed Hermia progettano la fuga nei boschi per sottrarsi alla legge di Atene.

Lysander ed Hermia rivelano il loro progetto ad Helena, innamorata (prima corrisposta e poi respinta) di Demetrius. Helena progetta di rivelare il segreto a Demetrius, come mezzo per ottenerne comprensione e stargli vicino.
no
Atto I – Scena 2 – Casa di Quince

Gli artigiani Quince, Snug, Bottom, Flute, Snout e Starveling si riuniscono per mettere a punto lo spettacolo teatrale (la tragedia di Pyramus and Thisby) da proporre e poi recitare per le nozze di Theseus. Si danno appuntamento per una prova generale l’indomani sera nel bosco.

Atto II – Scena 1 – In un bosco di Atene
Atto I – Il bosco - Imbrunire
Il folletto Puck incontra una fata. Le racconta che i due rispettivi sovrani (Oberon e Titania) sono in crisi poichè lei non vuol cedere a lui un fanciullo indiano da lei adottato. Arrivano da parti opposte Oberon e Titania, con seguiti di elfi e fate. I due sovrani si rinfacciano accuse e tradimenti. Titania se ne va. Oberon ordina a Puck di portargli la viola-del-pensiero, il cui succo versato sugli occhi di un/a dormiente lo/a fa innamorare del primo essere vivente incontrato al risveglio. Oberon intende usarlo su Titania per strapparle poi il fanciullo indiano.
=

Lysander-Hermia
Arriva Demetrius inseguito da Helena. Lui respinge le profferte di lei (Oberon ha visto e udito tutto). Torna Puck con i fiori chiesti da Oberon, il quale si propone di usarne il succo su Titania e ordina a Puck di usarlo a sua volta su Demetrius per farlo innamorare di Helena.
=

Artigiani (ma nel bosco)
Atto II – Scena 2 – Altra parte del bosco

Arriva Titania con le sue fate, che le cantano una ninna-nanna e la fanno addormentare, Arriva Oberon e le versa il succo del fiore sugli occhi.
Arrivano Lysander ed Hermia. Stanchi, decidono di fermarsi per dormire. Lui vorrebbe starle vicino, ma lei gli impone di coricarsi separati. Arriva Puck e, scambiandolo per Demetrius, versa il succo sugli occhi di Lysander. Arrivano Helena e Demetrius. Lui la respinge nuovamente e se ne va. Lei vede Lysander e lo sveglia. Lysander si innamora immediatamente di lei, che ne rimane sconcertata e fugge. Lysander va alla sua caccia. Hermia si risveglia e si dispera, non trovando più il suo Lysander.
=

Titania-Oberon
Atto III – Scena 1 – Il bosco
Atto II – Il bosco – Notte fonda
Titania dorme. Arrivano i sei artigiani per la prova dello spettacolo. Puck assiste non visto. Bottom si allontana per poco. Quando torna ha la testa di un asino. I compagni fuggono. Bottom canta e sveglia Titania, che immediatamente si innamora di lui e gli mette a disposizione i suoi valletti.
=

Titania-Bottom
Atto III – Scena 2 – Altra parte del bosco

Puck racconta ad Oberon dell’innamoramento di Titania per Bottom, cui lui ha messo la testa d’asino. Oberon se ne rallegra e chiede conferma a Puck anche dell’incantesimo su Demetrius. Arrivano Demetrius ed Hermia, che lo accusa di aver ucciso Lysander. Puck rivela che non è quello l’uomo cui ha fatto l’incantesimo. Hermia fugge, Demetrius si addormenta. Oberon rimprovera Puck per l’errore commesso con lo scambio di persona. Ordina a Puck di rintracciare Helena e versa il succo sugli occhi di Demetrius. Arriva Helena sempre seguita da Lysander, al quale rinfaccia ancora il suo... voltafaccia. Demetrius si sveglia e si innamora istantaneamente di Helena. Lei si sente presa in giro, mentre Lysander si ingelosisce. Arriva anche Hermia che chiede conto a Lysander della sua fuga. Appresa la novità, accusa Helena di averle strappato l’amato. Fra i quattro nasce una baruffa generale. Lysander e Demetrius si allontanano per sfidarsi a duello. Hermia ed Helena se ne vanno infuriate. Oberon rimprovera ancora Puck per il suo errore e gli consegna il succo di un’erba che toglierà l’incantesimo a Lysander. Puck si prende gioco di Demetrius e Lysander attirandoli presso di lui finchè si addormentano. Arrivano una dopo l’altra anche Helena e Hermia, che si addormentano a loro volta. Puck spruzza il succo dell’erba sugli occhi di Lysander, mettendo fine alla magia.
=
Atto IV – Scena 1 – Stessa parte del bosco

Titania e Bottom vivono la loro relazione, fra servizi di valletti e danze e canti di fatine. Finalmente si coricano insieme, abbracciati.


Atto III – Il bosco – Primo mattino
Arrivano Puck e Oberon, che racconta di aver finalmente avuto il fanciullo indiano e così può liberare Titania dall’incantesimo. Lei si sveglia e crede di aver fatto un brutto sogno. Oberon le indica Bottom, cui fa togliere la testa d’asino da Puck.
=
Oberon e Titania si allontanano, riconciliati. È quasi l’alba. Arrivano Theseus e Hippolyta, con seguito, per una battuta di caccia mattutina. C’è anche il padre di Hermia (Egeus) che scorge i quattro ragazzi addormentati. Theseus ordina una fanfara di corni per svegliarli.
no
I ragazzi raccontano la loro strana avventura notturna. Theseus benedice le due coppie, cassando la richiesta originale di Egeus.

I quattro ragazzi stentano a credere a quanto è successo, pensano di aver sognato, e si avviano verso la città. Bottom si risveglia a sua volta, ancora incredulo di ciò che gli è successo durante la notte: ci vuol far comporre sopra una ballata.
=
Atto IV – Scena 2 – Casa di Quince

Riunione degli artigiani per gli ultimi preparativi. Manca Bottom, che poi arriva, e nonostante sia ancora stordito per la sua avventura dà gli ultimi ritocchi e consigli per la recita della sera, alla festa di nozze di Theseus.  
= (ma nel bosco)
Atto V – Scena unica – Palazzo di Theseus
Atto III – Palazzo di Theseus
Theseus e Hippolyta commentano la strana avventura dei quattro ragazzi.
no

Theseus-Hippolyta
Racconto dei ragazzi
Ora ci si prepara per lo spettacolo. Viene scelta la tragedia proposta dai sei artigiani. Esibizione degli artigiani in Pyramus and Thisby. Dopo la bergomask, Theseus dichiara chiusa la festa e manda tutti a letto (per dormire?) Puck, Oberon, Titania e i loro seguiti arrivano per chiudere la commedia. Puck chiede benevolenza al pubblico, poi ringrazia e saluta.
=

Come si può notare, il libretto di Britten-Pears (B–P nel seguito) è assai più conciso e meno dispersivo della commedia (la quale ha però esigenze di spettacolo un po’ diverse). Il primo atto di Shakespeare viene rimosso, salvo però riallocarne tre sue sezioni in parti successive. Da esso viene espunto radicalmente il dibattimento - di fronte al giudice Theseus - che oppone Egeus-Demetrius a Lysander-Hermia a proposito del dovere di quest’ultima di accettare Demetrius come sposo (o alternativamente di finire in convento o... sul patibolo) così come il successivo incontro di Lysander-Hermia con Helena e la sua conseguente esternazione. Di Theseus e Hippolyta verremo a sapere solo nel finale dell’opera, e ciò costrinse (purtroppo?) B-P a cassare i piccanti riferimenti a relazioni equivoche intercorse fra costoro, ciascuno separatamente, e Titania e Oberon... Cassati i particolari relativi alla scoperta dei poteri magici della viola-del-pensiero da parte di Oberon; così come il dettagliato racconto che Puck fa ad Oberon delle prove dei sei artigiani, in occasione del suo sortilegio (la testa d’asino) a Bottom. Alleggerito parecchio il testo della baruffa fra i quattro giovani amanti, così come l’altro dettagliato racconto di Oberon a Puck, con la descrizione dell’incontro durante il quale Titania (tuttora in tresca con Bottom) accetta di consegnargli il fanciullo indiano. Espunta anche la comparsa mattutina nel bosco, all’alba del giorno delle nozze, di Theseus, Hippolyta ed Egeus (quest’ultimo personaggio è totalmente ignorato nell’opera). Dall’atto conclusivo eliminate le lungaggini relative ai preparativi dello spettacolo dei sei artigiani e la figura del ciambellano Filostrato. Poi: una serie di micro-tagli qua e là un po’ ovunque e qualche verso isolato che passa da un personaggio all’altro.
  
Shakespeare introduce il soggetto presentandoci il mondo degli umani, ad Atene: prima - noblesse oblige... - gli altolocati (Theseus, Hippolyta, Egeus, i quattro giovani) e poi i popolani (i sei artigiani aspiranti-attori); solo nel second’atto ci introduce al mondo soprannaturale e fantastico di fate ed elfi (Titania, Oberon) mettendolo poi a contatto con quello degli umani (solo altolocati) che penetrano nel bosco. Nel terz’atto arrivano nel bosco anche i popolani ed abbiamo l’osceno accoppiamento fra la regina delle fate ed un umano asinizzato (!) dalla magia di un elfo-carogna. Dopodichè il bosco diventa terreno di scontro – per motivi sentimentali - fra i quattro umani, giovani rampolli della buona società ateniese. Nel quarto atto si materializza – presenti Theseus, Hippolyta ed Egeus - la riconciliazione generale (Oberon-Titania, Lysander-Hermia, Demetrius-Helena). Ormai si torna in città, dove troviamo ancora i popolani, per l’ultima messa a punto dello spettacolo. L’atto conclusivo è praticamente monopolizzato da detto spettacolo (la tragedia di Pyramus e Thisby, con un finale tipo Romeo&Juliet, cui Shakespeare lavorava nello stesso periodo del Sogno) in onore dei ducali sposi e dalla conclusiva apparizione dei fantastici abitanti del bosco.

B-P invece ci fanno subito entrare in-medias-res, precisamente nel bosco abitato da fate ed elfi, il mondo del soprannaturale, del fantastico, che però mostra subito problemi simili (la baruffa fra Oberon e Tytania) a quelli degli umani. Questi ultimi (dapprima le due coppie di giovani nobili – in ordine d’arrivo invertito rispetto a Shakespeare - poi i popolani-attori) occupano la parte centrale dell’atto, chiuso dal ritorno di Oberon che affattura Tytania. B-P invertono anche l’ordine dei sortilegi: prima quello (erroneo) di Puck su Lysander e poi quello di Oberon su Tytania, che chiude l’atto. La principale innovazione di B-P nel second’atto consiste nel riunire, senza soluzione di continuità, due momenti che in Shakespeare sono separati, ma che sono in stretta relazione causa-effetto: il primo essendo la vicenda (nata dall’incantesimo di Oberon su Tytania e da quello di Puck su Bottom) che porta la regina delle fate ad innamorarsi di un uomo-asino (ma anche deretano al quadrato, come si deduce dal nome Bottom (fondo-schiena) e dal sostantivo ass, che sta per asino sì, ma anche per culo!); e il secondo (che in Shakespeare apre l’atto quarto, subito prima della rimozione dell’incantesimo e della riconciliazione fra Oberon e Tytania) che ci presenta squarci della vita sregolata di questa scellerata coppia fata/uomo-asino. Per il resto, il testo di B-P segue quello originale, salvo ignorare, come detto, la comparsa di Theseus e seguito nel bosco e poi inserire – a metà dell’atto conclusivo – le battute che Shakespeare aveva messo in bocca a Theseus e Hippolyta proprio in apertura, e il racconto della riconciliazione delle due coppie di amanti. 

La compattazione e ristrutturazione operate da B-P aprono anche qualche piccola falla (cosa praticamente inevitabile, stante il principio seguito di non modificare il testo originale) a livello di plausibilità di alcune situazioni. Il primo esempio riguarda Lysander ed Hermia: nella commedia di Shakespeare i due giovani, a seguito del dibattimento davanti a Theseus, prendono la coraggiosa decisione di fuggire all’indomani, rifugiandosi dapprima nel bosco, per poi trasferirsi presso la zia di lui e colà sposarsi. Questa parte dell’azione viene da B-P spostata nel primo atto, che si svolge già nel bosco: ecco quindi che abbiamo una palese incongruenza di due persone che a parole stanno ancora progettando la fuga, mentre nei fatti sono già fuggitivi! E poi gli stessi due personaggi ritornano in scena, ancora nel bosco, dopo aver evidentemente girovagato a vuoto, invece di procedere verso la loro meta. Insomma, questo spostamento di tempo e luogo del primo incontro Lysander-Hermia lascia parecchio a desiderare sul piano del realismo e della logica. Un caso analogo a questo riguarda gli artigiani, il cui primo incontro preparatorio viene spostato da B-P dal giorno precedente (Shakespeare) in casa di uno di loro, alla sera nel bosco. Anche qui abbiamo due incontri abbastanza ravvicinati, che non lasciano il tempo ai personaggi di imparare le loro parti, come accade invece nella commedia, dove i sei hanno un intero giorno di tempo per farlo. E a proposito di artigiani, ecco un’altra piccola smagliatura: in Shakespeare Bottom si addormenta nel bosco, con Tytania (Atto IV, Scena 1) e il giorno successivo (Scena 2) non è quindi presente in casa di Quince per gli ultimi ritocchi allo spettacolo; poi però arriva e reca la notizia che il duca ha desinato ed ha accettato che la sera stessa si dia il loro spettacolo. Evidentemente, tornando dal bosco, Bottom ha potuto ragguagliarsi sulla situazione a palazzo ed ora ne riferisce ai compagni. Ebbene, in B-P la riunione degli artigiani avviene ancora nel bosco, subito a ridosso del risveglio di Bottom; il quale ricompare appena dopo, con la buona notizia relativa allo spettacolo: il che presuppone che nel breve frattempo lui sia corso ad Atene, abbia raccolto l’informazione, e poi sia tornato precipitosamente nel bosco  a riferirla ai compagni! Infine, abbiamo una chiara contraddizione fra la sequenza degli avvenimenti e ciò che ascoltiamo dalla bocca di alcuni protagonisti: si tratta del matrimonio delle due coppie di amanti. In Shakespeare abbiamo una successione assolutamente coerente e logica: Theseus incontra i quattro al mattino nel bosco e benedice la loro unione, disponendo che le due coppie si sposino quel giorno stesso insieme a lui e Hippolyta; quindi alla festa serale avremo tre coppie di sposi. Viceversa B-P, avendo cassato la scena della caccia nel bosco e spostato il racconto delle coppie e le conclusioni di Theseus alla festa, cadono purtroppo in un evidente controsenso: laddove Theseus, reduce dalle sue nozze, proclama che le due coppie di giovani (che sono appena arrivate dal bosco e non sono ancora sposate) si sposeranno insieme a lui (!?)

C’è poi una libertà che B-P si prendono rispetto al testo di Shakespeare, e che val la pena di mettere in evidenza. Essa concerne gli effetti dei poteri magici di Oberon e del suo tirapiedi Puck. Si tratta del succo di viola-del-pensiero e di altre erbe, capaci di far innamorare una persona - al suo risveglio - del primo essere vivente (uomo o bestia, fa lo stesso...) incontrato, oppure di rimuovere l’incantesimo; e della facoltà di Puck di cambiare i connotati alle persone, trasformandole in bestie umane. Tali poteri vengono impiegati nei confronti di Titania, di Bottom, di Lysander e di Demetrius. Ma mentre nei primi tre casi la magia viene revocata e le vittime tornano al loro precedente stato, il che fa apparire a loro - e a noi spettatori - gli effetti di tali magie niente più che manifestazioni oniriche (da cui il titolo della commedia), nel caso di Demetrius le cose stanno assai diversamente: su di lui la magia (che lo ha fatto re-innamorare di Helena, dimenticando Hermia) continua ad agire. Insomma, mentre per gli altri la vita riprende il decorso normale, lasciando solamente il ricordo di un incubo (Titania accoppiata ad un asino: la bella e la bestia) o di un bel sogno (Bottom che se la spassa con la regina delle fate) o di un sogno frutto di desideri repressi (Lysander che ama Helena), per Demetrius la vita cambia materialmente e radicalmente proprio a causa della magia di Oberon: in sostanza, per lui, e solo per lui, il sogno (non proprio piacevole) si dissolve in una realtà che adesso lui accetta entusiasticamente laddove, prima di sognare, la aborriva! E non è un caso che Helena, la vittima più bistrattata dei due incantesimi (quello erroneo di Puck su Lysander e quello meditato di Oberon su Demetrius) alla fine fatichi ad accettare quella realtà (l’amore di Demetrius, che lei pure aveva vanamente inseguito) proprio perchè materializzatasi inspiegabilmente: E mi pare d'aver trovato Demetrio come, per caso, si trova un gioiello... mio e non mio. Ebbene, B-P mettono le parole di Helena in bocca anche agli altri tre giovani amanti (sostituendo ogni volta il nome dell’amato)! Come dire: la vita è comunque come un sogno per tutti, poichè non se ne comprende la razionalità...

B-P rimuovono la contraddizione shakespeare-iana relativa alla data in cui si svolge la vicenda: per loro è certamente la notte di SanGiovanni, e (anche) a tale scopo hanno cassato la comparsa di Theseus nel bosco, dove il duca accenna al Rite-of-MayQuanto alla durata complessiva dell’azione, si osservi lo schema riportato qui sotto:

Shakespeare
Britten-Pears
Giorno 1 – Atto I

                Atene - Palazzo di Theseus

                Atene - Casa di Quince

Giorno 2 – Atto II
Giorno 1 – Atto I
                Sera, nel bosco
                Sera, nel bosco
                Atto III
                Atto II
                Notte, nel bosco
                Notte, nel bosco
Giorno 3 – Atto IV
Giorno 2 – Atto III
                Alba, nel bosco
                Alba, nel bosco
                Atene - Casa di Quince
                Nel bosco
                Atto V

                Sera, Atene - Palazzo di Theseus
                Sera, Atene - Palazzo di Theseus
                Mezzanotte – arrivo degli elfi
                Mezzanotte – arrivo degli elfi

Come si vede, B-P tagliano l’intera prima giornata (dove, in Shakespeare, abbiamo l’annuncio delle nozze di Theseus, la causa intentata da Egeus e poi i quattro giovani e ancora, separatamente, i sei artigiani, che si danno appuntamento nel bosco per la sera del giorno successivo). Il resto dell’azione si svolge su due notti e nel giorno che le separa. Al proposito, c’è un altro piccolo appunto da muovere a Shakespeare: nel suo indirizzo iniziale, Theseus afferma che mancano quattro giorni (e Hippolyta rincara la dose: e quattro notti) al loro matrimonio (che deve attendere la luna nuova). Dopodichè la festa nuziale viene data già alla sera del terzo giorno... Assai più coerenti sono B-P, che infatti a Theseus mettono in bocca Questo giorno ci porta una nuova luna...

Quanto ai luoghi, Shakespeare ambienta la prima e l’ultima riunione preparatoria degli artigiani a casa di uno di loro, mentre B-P li fanno incontrare sempre nel bosco e mostrano il Palazzo soltanto in chiusura dell’opera.
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E la musica?
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(1. continua)

21 ottobre, 2016

laVERDI 2016 – Concerto n°31


Il versatile Kolja Blacher si presenta questa settimana in Auditorium per dirigervi (e dirigersi!) un concerto che spazia dal classicismo di Mozart al classi-romanticismo (!) di Brahms al proto-tardo-romanticismo-classico (!?) di Ciajkovski.

Blacher praticamente ci riporta al ‘700, quando l’orchestra era guidata dal primo violino: salvo che per il concerto solistico (dove sta in piedi al centro della scena) lui si siede al posto della spalla, traslando a quello del concertino Luca Santaniello. Così suona quasi ininterrottamente per l’intera serata (quindi... comprensibile la mancanza di bis dopo Brahms).

Il programma è incardinato appunto sul pezzo forte di Brahms, che Blacher interpreta con una seriosità e severità tali da sfociare quasi nella... freddezza, ecco. Insomma, una specie di robot (dotato però di uno strepitoso Stradivari!) che ci fa ascoltare il Brahms probabilmente più genuino: non una nota, che dico, un’acciaccatura fuori posto, niente invenzioni, niente rubati e cachinni assortiti, ma solo la nordica rigorosità del burbero amburghese. Capace però di inventare meraviglie come il tema che l’oboe (di Luca Stocco, ieri sera) canta nel centrale Adagio, rubando momentaneamente la scena al violino.

Al contorno stanno i due... estremi che si toccano: il Mozart dell’Ouverture delle Nozze (prossimamente in programmazione al Piermarini) e il mozartiano Ciajkovski della Serenata op.48. In entrambi i pezzi (massimamente nel secondo) il pacchetto d’archi de laVERDI sale davvero in cattedra – a fianco del... maestro, sceso fra i banchi! – sfoderando una compattezza e una qualità di suono davvero esemplari.

Pubblico scarseggiante, ma più che soddisfatto, a giudicare dal calore dell’accoglienza.

18 ottobre, 2016

laVERDI annuncia la stagione 2017, la prima dell’era post-Corbani


Domanda: chi manca da questo tavolo?


Manca, per la prima volta, un tale che ha fondato (1992!) laVERDI medesima. Che - dallo scorso luglio - è quindi orfanella anche del suo papà-2 (il papà-1, ahinoi, scomparve assai presto).

Già che siamo in tema di mancati (per ora) ricambi, aggiungiamo che l’uscente – dopo 7 stagioni - Direttora Musicale Zhang Xian non viene per il momento rimpiazzata: il 2017 servirà a trovare il/la sostituto/a (oh, mica qui siamo i Berliner, che al prossimo boss ci pensano con 3 anni, minimo, di anticipo!) Anche John Axelrod decade da Direttore Principale Ospite, come pure (questo lo arguisco io, non avendo egli neanche una presenza nel 2017) la meteora uzbeka Aziz Shokhakimov (questa in sè non è una cattiva notizia...)

Buona notizia è che, tuttavia, Xian, Axelrod e anche Bignamini (che ormai è decollato verso l’iperspazio dello star-system) si vedranno più di una volta sul podio dell’Auditorium, accompagnati dalle star-in-fieri D’Espinosa e Khochanovsky. Flor e Caetani terranno vivi i ricordi dei tempi eroici(-tragici) dell’orchestra, che pare aver assoldato due nuovi vessilliferi in Patrick Fournillier ed Elio Boncompagni.

Ritorno prestigioso quello di Leonard Slatkin (purtroppo per un solo concerto...) e piacevole ricomparsa quella di Pietari Inkinen. Si rivedranno anche il violista-direttore Rysanov e l’autarchico (in senso buono ) Giuseppe Grazioli (con Respighi-Marinuzzi). A Pasqua consueto appuntamento con le Passioni di Bach (tocca a Matteo) sempre con Jais. Una primizia sarà la comparsa di Fazil Say in veste di autore e pianista, un’altra quella di Robert Trevino.

laVERDI scambierà convenevoli (cioè a dire: visite incrociate) con due orchestre italiane: la Haydn TN-BZ (Bayl) e la Toscanini (Lanzillotta).

La deflazione, oltre all’economia, tocca anche i palinsesti, così da 38 concerti-a-stagione, nel 2017 si passa a 34 (sempre tanti, comunque) in cambio di altri impegni: il Crescendo-in-musica (10 concerti, per i più giovani),  il ciclo di 5 concerti Giovani talenti, dove si esibiranno altrettanti vincitori dei Corsi di Perfezionamento CIDIM (integrati dalle 5 sinfonie di Mendelssohn) e il ciclo di 5 concerti denominato laVERDI festeggia, con omaggi a Corghi, Burgmein, Carpi, Guarnieri e Sciarrino. Prosegue anche l’apprezzata iniziativa di suonare musiche da film, proiettando... il film (4 concerti: Ritorno al futuro, Indiana Jones, Star Trek 2009 e Nosferatu).

Infine, nella sede de laVERDI (al M.A.C. in piazza Tito Lucrezio Caro) si terranno ben 19 concerti di musica da camera, grazie ad intese con Universal Music e CIDIM. (il sito ne cita solo 16... ?)

laBAROCCA di Jais-Capuano pare invece un’araba fenice: sembra per ora rotto (ma solo dal punto di vista economico) il cordone ombelicale con la Fondazione; si procede a vista, applicando la massima: dare moneta, vedere cammello (!?)  

Tutti i dettagli della prossima stagione si trovano qui (a sinistra della pagina il menu delle altre 5 stagioni ancillari).


16 ottobre, 2016

Filologia 2.0: la Rosmonda ri-ri-scoperta


A costo di sembrare pedante.

Dopo che alla prima di domenica scorsa a Firenze (non so cosa sia successo alla seconda) era stato presentato un finale dell’opera (cantato dal coro) spacciato come autentico (Ella spira!... Duolo, amor, testo pubblicato anche sul programma di sala) ieri sera l’opera (radiotrasmessa) si è conclusa sui versi di Leonora (come da libretto originale di Romani) Trema Enrico! Io regno ancor!

A 'sto punto, chissà se a Bergamo recuperano (finalmente!) la splendida cabaletta Tu spergiuro. E già che ci sono, pure Ti vedrò, donzella audace e il fuori-scena di Arturo... 

...il est temps encore.

15 ottobre, 2016

laVERDI 2016 – Concerto n°30


Tutta Spagna – in occasione della Festa Nazionale - nell’appuntamento settimanale in Auditorium. Iberici sono i due autori presentati (DeFalla e Albéniz) come pure (almeno di origine) i due... presentatori: il Direttore José Antonio Montaño e il pianista (nato a Cuba da genitori spagnoli) Jorge Luis Prats. I due – lo dico con la massima simpatia – visti insieme paiono proprio Don Quixote e Sancho Panza!

Si inizia con una composizione per pianoforte e orchestra di Manuel deFalla, che ebbe una lunga gestazione: dopo aver composto alcuni notturni per pianoforte durante il soggiorno  parigino (1909-14) nel 1915, trasferitosi presso Barcelona in una villa del pittore Santiago Rusiñol, deFalla fu colpito da alcuni quadri aventi per soggetto diversi famosi giardini spagnoli. Da qui l’idea di trasformare i notturni in una grande composizione per solista e orchestra. Ecco quindi nascere Noches en los jardines de España, la cui prima esecuzione ebbe luogo a Madrid poco più di un secolo fa, domenica 9 aprile 1916: sul podio l’amico Enrique Fernández  Arbós, che ritroveremo poi a fianco di Albéniz.

La struttura sembra, ma è solo apparenza, quella di un concerto, con i classici tre movimenti; si può in realtà apparentare - come contenuti extramusicali - ai poemi sinfonici romani di Respighi (pini, fontane, folklore): ciasuno dei tre brani si ispira infatti ad un diverso giardino e a danze popolari dell’Andalusia. Ma è soprattutto all’impressionismo francese (Debussy, Ravel, che deFalla ben conobbe e frequentò nei suoi soggiorni parigini) che si richiama invece scopertamente l’orchestrazione.

I. En el Generalife - Allegretto tranquillo e misterioso. Siamo all’Alhambra, Granada, precisamente nel giardino dell’architetto, fra cipressi, frutteti, fiori, fonti e specchi d’acqua pura. La tranquillità vi regna sovrana, rotta soltanto da improvvise irruzioni sonore, quasi fossero zampilli d’acqua che si aprono nelle fontane del giardino, o cascatelle che si animano improvvisamente.

II. Danza lejana – Allegretto giusto. A differenza di quanto fece per gli altri due, deFalla non lasciò mai indicazioni specifiche riguardo il luogo ispiratore di questo secondo brano, una tipica danza gitana. C’è chi ipotizza che l’aggettivo lejana (lontana) stia a significare musica che arrivava all’orecchio dell’autore da Albaicìn (che si trova a nord-ovest dell’Alhambra) poco distante dalla sua casa di Granada.

III. En los Jardines de la Sierra de Córdoba - Vivo. La scelta del riferimento geografico per questa danza a sfondo erotico-spirituale potrebbe essere dipesa dalla conoscenza che deFalla aveva della figura del filosofo arabo Ibn Masarra, che aveva stabilito la sua dimora, circondata da giardini, appunto nella foresta attorno a Córdoba.
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Seguiamo la musica facendoci guidare dalla venerabile Martha Argerich.

I. C’é praticamente un solo tema che spazia lungo l’arco del brano, in forma originale e variata o derivata, prima in modo minore, poi in maggiore, ed è un tema languido dove la melodia si muove per gradi congiunti e continui ondeggiamenti. Il pianoforte la ripete, aggiungendovi, con l’arpa, figurazioni liquide, proprio ad evocare – con taglio decisamente impressionista - l’ambiente naturale.

In tempo Allegretto tranquillo e misterioso il tema conduttore viene subito anticipato da viole ed arpa, punteggiato da accordi dell’orchestra. A 29” il corno, poi il corno inglese e infine i violoncelli lo sviluppano ulteriormente, preparando l’ingresso del solista (1’06”) che espone il tema, insieme al clarinetto e poi al corno, subito ripetendolo e arricchendolo. A 1’44” ancora corni, poi flauti e clarinetti reiterano il motivo, finchè (2’08”, Poco più animato) arriva la prima irruzione: è il pianoforte ad innescarla, trascinandovi l’intera orchestra, che sembra rispondere con scrosci d’acqua.

A 2’34” sono i fagotti, con i violoncelli in pizzicato, a proporre una variante del tema, presto raggiunti dal pianoforte che prosegue in crescendo fino a tacere (3’01”, Tempo giusto) lasciando all’orchestra il compito di presentare un’ennesima variante del tema che porta (3’18”) al ritorno del solista con un motivo cantabile, in modo maggiore, chiaramente derivato dal tema principale. A 3’51” è l’orchestra a rispondere con piglio nobile (si noti la perorazione dei corni) alla sollecitazione del solista, per poi spegnersi (4’20”, Tranquillo, ma non tanto) in corni, clarinetti e flauti e, dopo un cupo intervento degli archi bassi in tremolo, riprendere il tema principale (4’44”) con l’accompagnamento arpeggiato del pianoforte. Due stentorei interventi (5’11 e 5’20”) di trombe e corni portano (5’28”, Poco calmo) ad un intermezzo orchestrale che richiama un classico stilema andaluso.

Poi (5’59”) il solista si imbarca in una specie di cadenza arpeggiante, con clarinetto e archi a cantare sempre il motivo principale; al termine della quale (6’37”) l’orchestra ribadisce la cadenza andalusa. Il solista (6’54”) e poi corno inglese e fagotto (7’34”) ripropongono spezzoni del tema, con tempi allargati, quindi (7’57”) accompagnato con discrezione da pochi strumenti dell’orchestra, il pianoforte riespone, sviluppato al massimo grado, il motivo principale, conducendolo... in braccio all’orchestra (8’40”).

Qui abbiamo un colossale crescendo orchestrale, che sviluppa il tema in volute sempre più alte portando (9’07”, Largamente, ma non troppo) ad una grandiosa perorazione, sfociante (9’35”) nella dimessa coda conclusiva, con il tema che si spegne lentamente, nel corno, fino agli accordi in pianissimo di DO# maggiore.

II. A 10’55” in tempo Allegretto giusto sono le viole su un sottofondo del contrabbasso solo che richiama ancora il tema del primo movimento, ad introdurre questa danza gitana, il cui nucleo di base (3/4) è costituito da minima, doppia croma e minima, terza minore ascendente e poi discendente. È esposto inizialmente (11’03”) da corno inglese e flauti, che al motivo di base fanno seguire uno svolazzo per terze (qualcosa che ci ricorda... Carmen, guarda caso!)

A 11’18” tocca al clarinetto ribadire il motivo elementare e poi, dopo quattro piccoli schianti dei legni, entra il solista (11’29”) che espone il nucleo di base e poi lo sviluppa ampiamente con una seconda sezione più ricca, dal sapore intensamente andaluso, ben supportato a turno dai diversi strumenti dell’orchestra. Si arriva così a 12’21”, Poco animato, dove l’orchestra (si noti l’ingresso della celesta) ripresenta la seconda sezione del tema. Questa (12’32”, Tempo giusto, molto ritmico) viene ribadita con protervia dal pianoforte e da tutta l’orchestra.

Adesso il solista tace e Accelerando pochissimo, ma gradualmente (12’42”) sono i corni e poi le trombe con sordina a ribadire la seconda parte del tema, sopra un ribollire degli archi e i secchi accompagnmenti di arpa e legni. A 12’51”, Poco più vivo che prima, è ancora il solista a subentrare, rimbeccato poi (13’16”) dall’orchestra.

A 13’24” (Doppio meno vivo) tocca ai corni esporre la cellula di base, successivamente ripresa con il seguito (13’34”) arricchito ulteriormente dai legni sull’accompagnamento del pianoforte.

Si arriva così (14’34”, Stringendo sempre, ma gradualmente) ad un culmine (Tempo giusto, ma vivo, 14’45”) chiuso dal classico stilema andaluso in arpa e archi bassi. Adesso il tempo torna Tranquillo (14’59”) e sul tremolo dei violini è la celesta (con flauti e ottavino) a riproporre il motivo di base, con agogica dilatata, seguita e poi accompagnata da trombe, corno inglese e flauti.

A 15’40”, Poco animato, il pianoforte si imbarca in un crescendo che porta direttamente, senza alcuna soluzione di continuità al...

III. Tempo Vivo (15’53”, 3/4). L’Andalusia qui la fa davvero da padrona, fin dall’attacco di archi e legni che prefigurano il primo tema, esposto poi (16’15”) dal pianoforte che lo reitera e lo chiude con un classico stilema gitano.

Violini e strumentini (16’36”, Calmando appena e gradualmente) con una scala discendente portano verso un secondo tema (Allegro moderato) introdotto da corni, violini e viole (16’52”) con un motivo di chiara matrice andalusa. È il pianoforte (17’00”) ad esporre il nuovo tema, tipicamente fandango di Malaga, la cui prima sezione è seguita dal motivo introduttivo (corni, violini e viole) mentre poi la seconda (17’21”) si dispiega compiutamente, intercalata (17’33”, Tenuto e pesante) da accordi di archi, corni e fagotti prima di procedere (17’37”) ad una discesa plagale, autentico stilema flamenco. L’episodio si chiude su una specie di cadenza del pianoforte, caratterizzata da ubriacanti svolazzi, prima che torni (17’59”) il motivo che ha introdotto il secondo tema.

Ora (18’08”) gi archi ritornano al primo tema, assai variato e mosso da veloci figurazioni del pianoforte e dei legni, con i corni a contrappuntare con possenti figurazioni di sapore andaluso. Si arriva quindi ad un accordo generale (18’51”) che dà il via all’esposizione di un terzo tema (18’51”, Ben misurato) molto pesante, ripreso poi (19’14”) dal pianoforte in continuo dialogo con l’orchestra.

 A 19’52” (Più liberamente, con espressione) il tema viene reiterato dal solista, accompagnato da incisi dei fiati. A 21’10” ecco una transizione dove il tempo rallenta gradatamente, portando (21’12”) ad una stasi in cui il tema viene esposto con grande larghezza, finchè (22’05”) il pianoforte riprende il tema del fandango.

A 23’01” (Con ampiezza, ma non troppo) l’orchestra riprende il terzo tema, seguita dal solista, e il suono si perde in lontananza nei corni e in tre sommessi rintocchi di piano, timpani e pizzicato degli archi bassi. 
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Prats ci dà dentro come un forsennato, mettendo a dura prova le corde dello strumento, e garantendo così il posto di lavoro all’accordatore (!) Si tiene lo spartito sul leggìo, il che evidentemente significa che il pezzo non è proprio nel suo repertorio abituale, ma non significa che la sua interpretazione sia improvvisata o approssimativa, al contrario: per dire, la sua esposizione del tema di fandango del movimento conclusivo è stata davvero trascinante.

Grandi applausi per lui, che regala non uno, nè due, ma addirittura tre encore, a base di... cubalibre, con un’ammaliante malagueña e un pirotecnico glissando!
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Seguono le due Suite da El sombrero de tres picos, il balletto che deFalla aveva derivato (su richiesta di Diaghilev) da una sua precedente pantomima. L’esilarante storiella – vittima il Corregidor (Podestà lo chiameremmo noi...) - che fa da soggetto al balletto fu opera di Gregorio Martinez Sierra, che si ispirò ad un racconto di Pedro Antonio de Alarcòn. Per la prima londinese del 1919 venne ingaggiato anche Pablo Picasso, che disegnò i fondali e i costumi.

Gli 8 numeri delle due Suite (5 + 3) rispettano fedelmente la sequenza dei brani delle due parti del balletto, come riportato nel seguente schema:

balletto
suite
I-1
Introduzione
1-1
Allegro ma non  troppo

  voce



  Introduzione (ripetuta)


2
Meriggio



  Il mugnaio e il merlo



  La moglie del mugnaio



  La fonte



  Il bellimbusto



  La processione
2
Allegretto mosso (dal segno 11)
3
Danza della mugnaia
3
Allegro ma non troppo (Fandango)

  Il Podestà
4
Moderato

  I grappoli d’uva
5
Vivo

  Danza della mugnaia (ripresa)

Vivo
II-1
Danza dei vicini
II-1
Allegro ma non troppo (Seguidilla)
2
Danza del mugnaio
2
Poco vivo (Farruca, fino al segno 12)
  
  La guardia del corpo



  La  mugnaia



  voce



  Il Podestà


3
Danza del Podestà


  
  Il Podestà e la mugnaia



  Il mugnaio


4
Danza finale
3
Poco mosso (Jota)

  Il mugnaio braccato dalla guardia

Poco più mosso

  Il lancio in aria del Podestà

Più vivo ancora, ma non troppo

Complessivamente le due Suite incorporano circa i 2/3 (di durata) dell’intera musica del balletto, che contiene anche un paio di interventi cantati (per mezzosoprano).

Montaño guida con sicurezza un’Orchestra in gran forma, che non perde un colpo nell’affrontare una partitura davvero difficile come questa. La jota conclusiva in particolare trascina il pubblico all’entusiasmo.
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Di Isaac Manuel Francisco Albéniz ecco infine le Cinque impressioni da Iberia nell’arrangiamento per orchestra di Enrique Fernández Arbós. Composta fra il 1905 e il 1909, l’opera originale è costituita da 12 pezzi pianistici raggruppati in quattro quaderni. Dopo un abortito tentativo di orchestrarli, il compositore, ormai vicino alla morte prematura, chiese all’amico Arbós di farne una versione strumentale, e costui ne cavò una suite di 5 brani.

La tabella sottostante riporta la struttura dell’opera originale e la sequenza dei 5 brani orchestrati da Arbós:

quaderno
Albenìz
Arbós
tempo
I
1. Evocación 
1
Allegretto espressivo

2. El Puerto 
4
Allegro comodo

3. Fête-Dieu à Séville
2
Allegro gracioso
II
4. Rondeña 

Allegretto

5. Almería

Allegretto moderato

6. Triana 
3
Allegretto con anima
III
7. El Albaicín
5
Allegro assai, ma melancolico

8. El Polo 

Allegro melancolico

9. Lavapiés 

Allegretto bien rythmé mais sans presser
IV
10. Málaga

Allegro vivo

11. Jerez

Andantino

12. Eritaña 

Allegretto grazioso
  
Come per le Noches di deFalla, anche Albéniz si focalizza sull’Andalusia, che ispira la quasi totalità dell’opera (l’eccezione è Lavapiés, piazza di Madrid). L’orchestrazione di Arbós è forse troppo carica e spesso fa perdere leggerezza e freschezza ai quadretti di Albéniz che, come testimoniano le indicazioni agogiche, si muovono quasi sempre in punta di piedi e raramente lasciano spazio ad enfasi e affettazione. 

Il pubblico – non proprio oceanico, direi – riserva comunque a tutti applausi calorosi: fuori, dopo le note dell’assolata Andalusia, lo attende la fastidiosa pioggerella milanese di un inverno precoce.