Il versatile Kolja Blacher si presenta questa settimana in Auditorium per
dirigervi (e dirigersi!) un concerto che spazia dal
classicismo di Mozart al
classi-romanticismo (!) di Brahms al proto-tardo-romanticismo-classico
(!?) di Ciajkovski.
Blacher praticamente ci riporta al ‘700,
quando l’orchestra era guidata dal primo violino: salvo che per il concerto
solistico (dove sta in piedi al centro della scena) lui si siede al posto della
spalla, traslando a quello del concertino Luca Santaniello. Così suona
quasi ininterrottamente per l’intera serata (quindi... comprensibile la
mancanza di bis dopo Brahms).
Il programma è incardinato appunto sul pezzo forte di Brahms, che Blacher
interpreta con una seriosità e severità tali da sfociare quasi nella...
freddezza, ecco. Insomma, una specie di robot (dotato però di uno strepitoso
Stradivari!) che ci fa ascoltare il Brahms probabilmente più genuino: non una
nota, che dico, un’acciaccatura fuori posto, niente invenzioni, niente rubati e
cachinni assortiti, ma solo la nordica rigorosità del burbero amburghese.
Capace però di inventare meraviglie come il tema che l’oboe (di Luca Stocco, ieri sera) canta nel
centrale Adagio, rubando
momentaneamente la scena al violino.
Al contorno stanno i due... estremi che
si toccano: il Mozart dell’Ouverture
delle Nozze (prossimamente in programmazione al Piermarini) e il
mozartiano Ciajkovski della Serenata
op.48. In entrambi i pezzi (massimamente nel secondo) il pacchetto
d’archi de laVERDI sale davvero in cattedra – a fianco del... maestro, sceso
fra i banchi! – sfoderando una compattezza e una qualità di suono davvero
esemplari.
Pubblico scarseggiante, ma più che
soddisfatto, a giudicare dal calore dell’accoglienza.
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