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11 febbraio, 2011

Stagione dell’OrchestraVerdi - 22


Scorpacciata di Mozart per l'appuntamento di questa settimana. Sul podio un ragazzino, o poco più, Trisdee na Patalung, che va ad infoltire la schiera di giovani direttori provenienti dalle più impensabili (fino a poco tempo fa) aree del pianeta. Lui arriva dalla remota Thailandia, dove è direttore dell'Opera di Bangkok, nata da pochi anni e, oltre a dirigere orchestre e cori, compone (anche sinfonie!) e suona il pianoforte (si è già cimentato nelle bachiane Golberg). Non è nuovo al pubblico italiano, avendo diretto al ROF, all'Orchestra Nazionale RAI, alla Haydn di Trento e Bolzano. Al contrario di ciò che fanno altri direttori, giovani e vecchi, il suo è un modo di dirigere assai composto, niente agitar di braccia o contorsionismi, ma un gesto secco e preciso, quasi esclusivamente di avambraccio, efficace quanto misurato. Credo che anche da questi aspetti esteriori si intraveda una serietà di approccio che lascia ben sperare per il futuro, che il ragazzo ha ancora tutto davanti a sé.

Il programma è aperto dalla celeberrima K525, che prevede solo l'organico del quintetto degli archi: laVerdi schiera, ad occhio e croce, il 70% del suo complesso, disposto con violoncelli arretrati e viole al proscenio (Konzertmeister è Nicolai von Dellingshausen). Patalung tiene tempi abbastanza svelti, offrendoci un'esecuzione fresca e piacevole di quest'opera che ancora oggi divide i critici sul giudizio da darne: ma che sia una cosa seria o uno Spass a rovescio, a noi importa poco, se possiamo godercela al meglio!

Segue il Concerto per flauto e arpa, dove si esibiscono Cesare Bindi e la prima arpa dell'Orchestra, la bravissima Elena Piva. L'incipit ispirerà quello della Nachtmusik, scritta quasi 10 anni dopo:

Ed anche il tema del'Allegro finale si riconosce nella Romanze della K525:

Bindi-Piva ci regalano un'interpretazione impeccabile, coniugando al meglio la delicatezza e il virtuosismo di questa mirabile pagina. Le tre cadenze, che Mozart non scrisse, sono (se non vado errato) quelle di Carl Reinecke. Calorosa accoglienza e diverse chiamate per solisti e direttore.

Dopo l'intervallo, un'altra prima parte dell'orchestra, Fausto Ghiazza, interpreta il celeberrimo K622. Nonostante sia alla terza esibizione con laVerdi come solista in questo concerto (la prima 10 anni fa!) il bravo Ghiazza tradisce un po' di emozione al momento di presentarsi al proscenio. Ma appena attacca il MI, il nervosismo si scioglie e da lì è tutto un fiume di note inebrianti. Un autentico trionfo alla fine, con urla e schiamazzi da stadio, che convincono Ghiazza a proporre, a mo' di bis, la sezione conclusiva del celestiale Adagio, una delle pagine di musica che lasciano sempre sbalorditi:


Si chiude in bellezza con la Sinfonia in Sol minore. Patalung ne dà un'interpretazione nervosa, accentuandone i chiaro-scuri, aderendo in sostanza alla visione tragica di questo capolavoro, più che a quella apollinea. Rispetta tutti i ritornelli, in particolare nel conclusivo Allegro assai, ma di sicuro non ci annoia, anzi. Un bravo! a lui e a tutta l'orchestra per averci regalato una serata di grande musica.

Prossimamente un capolavoro assoluto del novecento.


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