D'inverno Rimini (Nord) è – più o meno – così…
Ma non ditelo ai crucchi (smile!) chè sennò non tornano più da queste parti, dove invece portano anche cose serie, come il Fidelio che passa in questi giorni da Ravenna, al Teatro Alighieri. Trattasi della produzione bolzanina - già lassù collaudata - dell'accoppiata Kuhn-Schweigkofler (gli stessi creatori di una notevole Elektra, un anno fa) rinforzata da interpreti austro-tedeschi.
Teatro lodevolmente stipato e pubblico che ha fatto onore allo spettacolo.
Allestimento intelligente ed interessante, con scene minimaliste di Walter Schütze e luci di Claudio Schmid: una semplice pedana vuota, circondata dai protagonisti, in costumi vagamente moderni, che vi salgono sopra via via che arriva il loro turno di intervenire nel plot. In più solo qualche sgabello e dei pali (tipo lap-dance) che scendono di tanto in tanto dall'alto, ad esempio per ricordarci simbolicamente che ci troviamo in una prigione. Programmaticamente Schweigkofler gestisce la parte attoriale secondo canoni da commedia dell'arte, il che a volte finisce per debordare in avanspettacolo, ma mai in modo volgare. Sotto questo punto di vista devo dire che tutti hanno svolto lodevolmente il loro compito.
Sul piano musicale, cito in ordine di apparizione:
Jaquino era Alexander Kaimbacher: voce leggera ma chiara e gradevole, come quella della Marzelline di Rebecca Nelsen. Insieme hanno costituito una coppia assai efficace. Molto applaudita, in particolare, la Nelsen. Il tenore ha anche fatto pro tempore il mago da circo, esibendosi in alcuni tipici trucchi (anelli che si separano e si uniscono, spade a trafiggere inesistenti corpi, fuochi fatui che si sprigionano dalle mani) durante la marcia del primo atto, che Kuhn ha tirato in lungo eseguendo puntualmente il ritornello.
Leonore era Anna Katharina Behnke. Un'ottima prestazione, la sua (notevole l'Abscheulicher) in cui trovo un unico neo congenito, per così dire, un eccesso di vibrato sulle note alte che personalmente gradisco poco. Alla fine, grande accoglienza per lei.
Il Rocco di Ethan Herschenfeld è più che dignitoso, anche se la voce è poco penetrante e più baritonale che da basso. Nel quartetto iniziale forse è mancato a lui e agli altri tre succitati un tocco di pathos in più che non avrebbe guastato.
Don Pizarro era Thomas Gazheli. Prestazione notevole, sia sul piano attoriale (un ennesimo Gouverneur con handicap fisico – tutore alla gamba sinistra – e personalità schizoide) che su quello del canto, dove è stato eccellente nei momenti di grande violenza, mentre l'eccessivo macchiettismo ne ha un poco compromesso le frasi da cantare a mezza voce. Trionfo comunque per lui.
Il Florestan di Andreas Schager (mi) ha molto convinto: voce bella e chiara, non certo da heldentenor, ma per me appropriata al personaggio. Bravo anche ad emettere correttamente i suoni, nella sua aria tremenda di esordio, pur costretto a farlo da posizioni non proprio rilassanti (tipo flessioni sugli avambracci…) Applausi convinti anche per lui.
Infine, più che dignitoso il Don Fernando di Sebastian Holecek, voce potente e presenza autoritaria, come si addice al personaggio del lungimirante Minister.
Rouwen Huther e Ruggiero Lopopolo han fatto dignitosamente la loro parte di solisti, in mezzo al coro dei prigionieri.
Impeccabile, sia nel commovente coro del primo atto, che nelle finali esternazioni di giubilo, il Vienna Philharmonia Choir guidato da Walter Zeh.
Gustav Kuhn non ha resistito alla tentazione di infilare la Leonore 3 subito prima del Finale. Scelta sempre discutibile, nonostante Mahler… Schweigkofler ha cercato di catturare l'interesse del pubblico facendo sedere i prigionieri sulla piattaforma ad assistere alla proiezione di foto dell'Archivio Provinciale di Bolzano (scattate dopo la seconda guerra mondiale) in memoriam, si potrebbe dire, dei tempi in cui i reclusi vivevano serenamente in famiglia. Un diversivo che solo in parte, a mio modestissimo avviso, ha messo riparo ai danni arrecati all'azione dalla lunga cesura imposta dal quarto d'ora sinfonico. Detto questo, un bravi! a direttore e ai professori della Haydn di BZ-TN per l'esecuzione invero trascinante e fragorosamente applaudita a scena aperta.
A parte questa discutibile scelta, Kuhn ha ben reso la duplicità del dramma: quasi commedia leggera nel primo atto, tutto in punta di piedi (Pizarro a parte) e giusta pesantezza nel secondo, condotto con serietà davvero tutta beethoveniana. Anche per lui e per l'Orchestra un gran trionfo finale.
Conclusione: una bellissima serata di musica, che conferma l'ottimo livello di queste produzioni, spesso definite con sufficienza come provinciali. Avercene!
7 commenti:
E appunto sapendo che si trattava di una bella produzione, avevo programmato la trasferta, che è purtroppo naufragata per questioni contingenti.
Peccato.
Comunque hai più che ragione, avercene di spettacoli provinciali come questo.
Ciao Daland.
http://www.nordbayern.de/riccardo-muti-wird-nach-sturz-vom-pult-operiert-1.554549
non c´entra col post, ma faccio gli auguri di pronta guarigione al maestro Muti
@Amfortas
A proposito, martedi sarò a Reggio E. per il Tannhäuser reduce da Bologna, di cui per la verità non ho letto grandi cose. Vedremo.
Ciao e grazie della visita!
@mozart2006
Ovviamente ci associamo tutti agli auguri per il maeschtro. Ma non è che Chicago gli porti sfiga, per caso?
Fidelio.Spettacolo noioso, nato dalla sfiducia del regista, dello scenografo e del maestro concertatore
nei confronti della bellezza della musica e dell'universalità del messaggio beethoveniani!
Come non denunciare l'arroganza di chi vuol riempire la scena con ogni gesto e ogni sciocca pantomima, senza una minima idea organica e unitaria ( da Pirandello, a Brecht, alla citazione di Chereau di Da una casa di morti; al Broadway più gratuito e banale, alle stelle filanti di Cassiers , alle insulsaggini circensi, culminando con una namenlose Freude urlata)rispettosa del libretto e della partitura.
E così l'importanza dell'oro va spiegato da Rocco con un disegnino a Marcellina deficiente; e così la spiega il regista ad un pubblico deficiente!
E poi il tiranno deve essere sempre rappresentato espressionisticamente, con il gesto del militarismo più caricaturale, ovviamente incarnato da uno sciancato, anche musicalmente sopra le righe! E la direzione... così lenta e monotona, anche nelle parti del dramma in cui la musica esprime la solarità della speranza e della liberazione. Occorre più attenzione e senso di rispetto: non facciamoci ingannare da tutto ciò che appare NUOVO. Rispondete almeno ad un mio interrogativo: qual è il significato drammaturgico dell'uso generalizzato in scena delle scarpe da ginnastica?
@ettorebastianini
Intanto grazie per il commento, che merita tutto il rispetto per la forma, innanzitutto, e per il contenuto. Con il quale ultimo, peraltro, dissento in gran parte.
Guarda, io sono un acerrimo nemico del Regietheater e non perdo occasione per criticarlo, ne faccio addirittura questione di principio. Ma l'allestimento di Schweigkofler, a parte qualche caduta di stile, che ho pur garbatamente sottolineato, non mi ha per nulla scandalizzato: molto peggio aveva fatto, ad esempio, quel tale Kraus che firmò nel 2008 la regìa del Fidelio abbadiano, stravolgendo completamente la prospettiva storica ed etica del dramma, e presentando un Pizarro ancora più caricaturale di quello visto a Ravenna.
Quanto a Kuhn, personalmente non l’ho trovato né lento, né monotono, anche senza riferirmi – come voglio sperare nemmeno tu faccia - alla strepitosa Leonore 3. Agli interpreti non mi sembra di aver innalzato panegirici, tuttavia considero la loro prestazione più che accettabile, visto che di Nilsson non ne nascono molte e di Heppner ce n’è uno solo, e pure usurato…
Quanto all’uso delle scarpe da ginnastica, non vedo proprio problemi: all’epoca napoleonica la gente indossava le “scarpe da ginnastica” di quel tempo, che non aggiungerebbero un grammo di interesse allo spettacolo, se impiegate oggi.
A presto!
Trovo il tuo blog interessante e originale. Bravo anche per il sottotitolo (!)
In www.uominiocaporali.it mi occupo di questioni attinenti ma, ahimè, meno auliche, essendo contemporaneamente produttore e prodotto... Un saluto.
Prof. Enrico Celestino
@enricocelestino
Innanzitutto grazie per le gentili espressioni, tanto più gradite perchè provengono da un "addetto ai lavori", e di quale livello!
Ho dato uno sguardo ai tuoi siti e blog e ti faccio i complimenti per l'impegno civile con cui porti avanti i tuoi - e dei tuoi colleghi - sacrosanti diritti.
Immagino che ascolterò la tua "voce" domani sera a Reggio in Wagner, a partire dal "molto espressivo" (LA#-SOL#-SOL-SOL-FA#) a battuta 220 dell'Ouverture...
Grazie ancora!
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