affinità bombarole

rinsaldato il patto atlantico

20 febbraio, 2022

La Scala si trasforma in una bisca (1)

Non è detto che questo non sia il destino del teatro...

Intanto sta arrivando alla Scala un’opera che al Piermarini si presenta in media (parlo del dopoguerra) una volta ogni 15 anni: è la ciajkovskiana Pikovaya Dama (per gli amici: la donna-di-picche) che negli ultimi 62 anni è andata in scena in quattro produzioni: 1960-63-89-04, l’ultima agli Arcimboldi diretta dal venerabile (ora pensionato...) Temirkanov.   

É la penultima opera composta da Ciajkovski, dieci anni dopo Onegin e due prima di Iolanta. Opera che ha un sapore anche italiano, essendo stata composta fra il gennaio e il marzo 1890 a Firenze, dove Ciajkovski aveva fatto tappa nel mezzo del suo nuovo viaggio in Italia.

Il libretto, opera del fratellino Modest, fu derivato dall’omonimo racconto di Pushkin ma, come accade a quasi tutte le esperienze di questo tipo, non senza pesanti - ma anche ineluttabili, come vedremo - manipolazioni.

Partiamo quindi da Pushkin. Il racconto, scritto in campagna, a Bol'shoe Boldino (600Km a est di Mosca) nel 1833, si suddivide in sei Capitoli, più un’Introduzione in versi e un Epilogo (fra parentesi quadre miei commenti).

Introduzione. Dodici versi che preparano l’atmosfera generale del racconto: si gioca a carte, per soldi.

Capitolo I. Pietroburgo. A casa dell’Ufficiale di Cavalleria Narumov si gioca a carte fino all’alba. Chi vince, chi perde e chi, come Hermann (ingegnere del Genio) sta a guardare interessato. Un ufficiale, tale Tomskij, racconta una strana storia di sua nonna, la Contessa, ormai ultra-80enne, che da giovane aveva fatto furore a Parigi, attirando persino le attenzioni di Richelieu. Avendo però perso ingenti somme al gioco e rifiutandosi suo marito di continuare a ripianare i suoi debiti, era ricorsa all’aiuto del Conte di SaintGermain, noto avventuriero, alchimista e stregone, il quale le aveva consentito di recuperare le somme perse suggerendole tre carte magiche da giocare in sequenza, al faraone.  

[Pushkin qui non precisa quale fosse stato il compenso richiesto dal Conte, certo non denaro nè altri beni materiali, cosa esclusa dal medesimo. Il Capitolo V ci darà però una possibile quanto inequivocabile risposta.]

La Contessa, dopo il ritorno a Pietroburgo da Parigi, non aveva mi rivelato il segreto delle tre carte nemmeno ai suoi figli e nipoti, salvo che ad un tale Caplitskij, un giovane che aveva evidentemente attirato le sue simpatie, rimasto sul lastrico a sua volta per le perdite al gioco.

Capitolo II. [Dato che trattasi di un capitolo piuttosto prolisso su aspetti non fondamentali del plot e per di più complicato da un flash-back di non immediata comprensione, preferisco sfrondare gli aspetti secondari e invece rimettere in sequenza temporale gli avvenimenti.]

Dunque: l’indomani della nottata di gioco, il baldo Hermann non aveva fatto altro che rimuginare sulla questione del segreto delle tre carte. Lui, che fino ad allora aveva sempre resistito alla tentazione del gioco, preferendo vivere del suo modesto ma onesto compenso da militare, cominciò a pensare a come avrebbe risolto con una sola seduta di gioco tutti i problemi del suo futuro.

[Partendo da una puntata di 47.000 rubli (la somma ereditata dal padre defunto) e giocando tre mani consecutive puntando tutto ogni volta, si sarebbe trovato alla fine con 47.000 x 8 = 376.000 rubli in tasca!]

E avrebbe potuto vivere di rendita. Ma come fare? Il caso gli diede una mano, facendolo capitare proprio davanti alla residenza della Contessa, ad una finestra della quale scorse una giovin fanciulla (Liza, di fatto la dama di compagnia della Contessa) al tavolo da lavoro. Da quel giorno aveva passato ore fuori dalla casa a fissare quella ragazza e contemporaneamente aveva chiesto al commilitone Tomskij di introdurlo presso la nonna.  

Capitolo III. É occupato all’inizio dalla lunga descrizione degli approcci di Hermann a Liza: biglietti d’amore e richieste di appuntamenti, ai quali la ragazza per qualche giorno non rispose, poi rispose opponendo dinieghi sempre meno convinti, fino a fargli pervenire finalmente una dettagliata descrizione di come introdursi in casa e raggiungerla nella sua camera, una notte in cui la Contessa e lei sarebbero state fuori fino alle due del mattino. Hermann seguì a puntino le indicazioni ma, invece di salire nella cameretta di Liza per attenderne il ritorno, si fermò in quella della Contessa! E quando costei rimase sola e in procinto di coricarsi, le si presentò davanti chiedendole, con giustificazioni e pretesti umanitari (far del bene ad un bravo giovane...) di rivelargli il segreto. Al rifiuto di lei, dapprima le rinfacciò il suo diverso atteggiamento tenuto con tale Caplitskij e poi, spazientito, tirò fuori la pistola (scarica) e ciò bastò a far... secca la povera vecchia.

Capitolo IV. Liza era nella sua stanza, perplessa per non aver trovato il suo amante, del quale aveva conosciuto il nome e anche una fama non proprio raccomandabile dal nipote della Contessa (Tomskij) alla festa da cui era reduce. Proprio in quel momento Hermann entrò nella stanza e rivelò a Liza ciò che era accaduto poco prima. Lei capì in quale tranello lui l’aveva attirata: lui mirava al segreto e non a lei! Gli consentì di allontanarsi da un passaggio secondario: Hermann immaginò come da lì potesse essere uscito - 60 anni prima - anche Caplitskij dopo il proficuo incontro con la Contessa. E ci fa anche sapere come il giovane avesse... ringraziato la Contessa per il favore cartaceo concessogli.

Capitolo V. Ai funerali della Contessa, dopo averne visto la salma composta nella chiesa, Hermann ha un mancamento e stramazza al suolo. Contemporaneamente anche Liza sviene. E qui ecco una rivelazione sensazionale: un vecchio maggiordomo della Contessa rivela ad un inglese lì presente che Hermann è figlio illegittimo della defunta! Hermann, riavutosi, si ubriaca, poi va a casa ed ha una diabolica visione: è la Contessa che gli reca i segni delle tre carte: 3, 7 e Asso! Dice di essere stata obbligata a farlo, poi gli ingiunge di giocarne una sola al giorno, quindi di non giocare mai più e di sposare la sua Liza.

Capitolo VI. Hermann pensa e ripensa a dove sfruttare il suo segreto, vorrebbe persino andare a Parigi, poi il caso lo aiuta: il commilitone Narumov lo introduce presso tale Cekalinskij, un riccone (arricchitosi con il gioco) che ospitava regolarmente una bisca. Hermann gioca da solo, al faraone, i 47.000 rubli dell’eredità del padre; prende una carta e il banco cala le due carte (a destra - pro-banco - un 9 e a sinistra - pro-puntatore - un 3). Hermann scopre la sua carta, un 3, e vince, portandosi a casa 94.000 rubli. La sera successiva, stessa scena: Hermann punta i 94.000 e pesca una carta; Cekalinskij cala a destra un Fante, a sinistra un 7; Hermann scopre la carta: è un 7, ha rivinto e se ne va con 188.000 rubli. La sera successiva prende una carta e vi punta i 188.000; Cekalinskij cala a destra una Donna, a sinistra un Asso: Hermann, senza neppure guardare la sua carta, convinto fideisticamente sia quella indicatagli dalla Contessa, annuncia la vittoria dell’Asso, ma apprende dal risollevato Cekalinskij di avere in mano una Donna, di Picche!

Epilogo. Hermann è impazzito e vive rinchiuso in manicomio: continua a ripetere 3, 7, Asso; 3, 7, Donna... Liza si è felicemente sposata, Tomskij ha avuto una promozione e si è a sua volta accasato.
___
Prima di passare al libretto faccio qualche considerazione sul racconto. Cominciando dall’ambientazione temporale della storia. Dal contesto si evince che siamo praticamente contemporanei allo scrittore, diciamo all’inizio del 1800. Ma ecco subito una clamorosa fake (e relativa contraddizione): descrivendo le avventure giovanili (60 anni addietro) della Contessa, già nel primo capitolo Pushkin cita come contemporanei tre personaggi di cui solo due lo possono essere: tale Richelieu e tale Duca d’Orleans (presumibilmente Gastone). Fosse tutto qui, saremmo indiscutibilmente nella prima metà del 1600 (sotto Luigi XIII) quindi non 60, ma 160 anni addietro! In compenso 10 righe più sotto Pushkin cerca di rimettere le cose a posto facendo entrare nello stesso scenario il Conte di SaintGermain, vissuto appunto in pieno ‘700.

C’è poi in Pushkin quell’elemento (che ho messo in bella evidenza nel Capitolo V) assolutamente inquietante e allo stesso tempo poco plausibile. L’aspetto inverosimile riguarda l’età dei due protagonisti (Contessa e Hermann): lei è ormai ben oltre gli 80 (86, dice Hermann) mentre lui è un baldo giovane, diciamo parecchio sotto i 30, e anche a quei tempi la menopausa non dava scampo, nè esistevano ancora gli odierni miracolosi strumenti che consentono a nonne di divenire madri... Del resto, i due soli casi (SaintGermain e poi Caplitskij) che Pushkin ci notifica di tresche extraconiugali della donna potenzialmente sfociate in una (indesiderata?) maternità risalgono a 50-60 anni addietro, il che stride appunto con l’età del giovane del Genio. Infine: com’è possibile che un vecchio maggiordomo sia certo del rapporto di sangue fra Contessa e Hermann, quando invece la diretta interessata, ancora in vita, mostra di esserne all’oscuro? E infatti: lei è fermissima nel non rivelare il segreto al giovane che le sta di fronte, poi gli appare da morta dicendo di rivelarglielo solo perchè obbligata a farlo.

E qui ci colleghiamo all’aspetto inquietante della vicenda: rappresentato dalla possibilità che Hermann sia in realtà una reincarnazione del misterioso, inafferrabile e satanico Conte di Saint-Germain! Lo insinua il suo stesso nome: Hermann=Germain! Potremmo quindi immaginare che il Conte abbia voluto, dall’aldilà, aiutare la sua nuova incarnazione spedendo all’uopo il fantasma della Contessa a svelarle il segreto. La Contessa e non lui stesso, semplicemente perchè più credibile agli occhi di Hermann.

Ma resta tuttora da spiegare la conclusione catastrofica della vicenda. Perchè Hermann pesca dal mazzo una Donna, invece dell’Asso magicamente previsto e promesso? Difficile incolparne il giovane, che si è limitato disciplinatamente ad eseguire gli ordini ricevuti.

Una vendetta della Contessa contro Hermann? Forse che la sequenza corretta delle carte era 3-7-9 (9=Donna) cabalisticamente più consistente di quella che ha l’Asso in terza posizione? Ma se anche così fosse, Hermann avrebbe comunque perso, chè la Donna venne calata prima dell’Asso, quindi pro-banco... E poi: perchè la Contessa avrebbe dovuto vendicarsi di Hermann se gli aveva contemporaneamente affidato l’umile Liza? Meno plausibile ancora una vendetta dell’anima di SaintGermain...

Se consideriamo i casi di impiego dei numeri segreti, scopriamo che sono (cabalisticamente) tre: 1. La Contessa a Parigi: vince e torna alla vita normale, morendo ricca; 2. Caplitskij: vince ma poi finisce i suoi giorni in miseria; 3. Hermann: perde, il denaro e poi anche il cervello! Insomma, un continuo peggioramento di prestazioni del magico gingillo... Forse un messaggio moraleggiante di Pushkin?
___
Passiamo ora al libretto di Modest Ciajkovski. Liquidando subito il problema dell’ambientazione temporale: che è, direi ovviamente, il primo ‘800 e, per quanto riguarda i trascorsi parigini della Contessa, il ’700 inoltrato. Viene quindi escluso il riferimento a Richelieu e inserito nel testo un nuovo Duca d’Orléans (presumibilmente Luigi) insieme a riferimenti a personaggi come Madame de Pompadour e un Conte di Condè (presumibilmente Luigi Enrico di Borbone).

Molto diversa rispetto al racconto è l’impaginazione della vicenda, che segue assai poco quella dell’originale: qui i due fratelli Ciajkovski aggiungono scene corali e di popolo e una scena d’amore del tutto assenti in Pushkin, e anche un intermezzo di teatro-nel teatro (caratterizzato da musica accattivante, quanto discutibile drammaturgicamente) con tratti di grand-opéra. Insomma, da un dramma costruiscono un melodramma in piena regola (come del resto aveva richiesto, per non dire ordinato, il patron dei Teatri Imperiali, Ivan Vsevolozhky, di fatto commissionando l’opera).

La figura di Hermann è da questo punto di vista paradigmatica. La sostanza non cambia di certo: una volta venuto a conoscenza della storia delle tre carte segrete, il giovane cresciuto con sani principii diventa vittima non tanto del vizio, quanto dell’ossessione delle tre carte, un mezzo da usare una sola volta nella vita e... a fin di bene (basta ricordare gli argomenti che usa per convincere la Contessa). La differenza fra Pushkin e Ciajkovski è l’iter del rapporto fra Hermann e Liza: nell’opera c’è bisogno, appunto, della componente amorosa ed allora ecco che subito ci viene presentato un giovane follemente e sinceramente innamorato della ragazza (che nel libretto è nipote della Contessa, quindi di nobile famiglia, non sua dama di compagnia) ben prima di venire a conoscenza della storia delle carte. E tuttavia (qui torna l’aspetto inquietante della vicenda) il giovane è terrorizzato - prima di conoscerne la storia - dalla vista della Contessa. Conosciuta poi la quale, si infila in un infernale meccanismo di cause-effetti, o di mezzi-fini: vede nelle tre carte la possibilità di arricchirsi e quindi di meritare il matrimonio con la nobile Liza, ma l’ossessione dell’obiettivo da raggiungere gli fa mettere la giovane in secondo piano, fino a perderne la stima (e spingerla addirittura al suicidio); tornerà verso di lei quando sarà troppo tardi, e con un pugnale conficcato nel petto!  

E sempre da melodramma sono proprio: la tragica fine della ragazza portata alla disperazione e al suicidio (laddove in Pushkin Liza dimentica abbastanza in fretta il povero Hermann per accasarsi dignitosamente); e l’aria strappalacrime che il tenore morente canta in conclusione dell’opera.

La figura della Contessa perde certi tratti un poco caricaturali del personaggio di Pushkin, per assumere quelli più drammatici di una donna che vive di ricordi di una gioventù ormai irrimediabilmente passata (e con qualche... scheletro nell’armadio). Come già detto (a proposito di Hermann) il libretto introduce l’aspetto inquietante relativo ai rapporti pregressi (in questa o... in un’altra vita) fra i due. Notiamo poi un‘altra differenza rispetto al racconto, riguardante i trascorsi parigini della donna: lo scrittore non fa cenno della contropartita concessa dalla Contessa a SaintGermain in cambio del segreto delle tre carte (salvo sorprenderci con la clamorosa rivelazione del maggiordomo). Nel libretto, mancando quest’ultima, veniamo a sapere quasi subito (dal racconto di Tomskij, che qui non risulta essere nipote della Contessa) del rendez-vous che siglò il patto fra i due. In più Ciajkovski cambia la storia del secondo amante della Contessa (in Pushkin è Čaplitskij) che qui non viene identificato (vedremo tra poco perchè) e inventa la visita del fantasma che avverte la Contessa della sua fine, allorquando un terzo amante verrà da lei per estorcerle il segreto.       

Diverso trattamento hanno nel libretto anche altri personaggi del racconto: Čaplitskij non è più colui che fu beneficiato dalla Contessa, per poi morire in miseria, ma uno dei compagni dell’allegra combriccola di gaudenti che si ritrova sempre per giocare. Per questo Hermann non accenna alla sua passata tresca con la Contessa, al momento del drammatico incontro con essa.    

Pure a Cekalinskij vengono cambiati i connotati: anche lui è uno degli amiconi, e non il riccone che ormai gestisce una bisca in piena regola. Perderà le prime due mani con Hermann, poi abbandonerà il gioco prima della mano decisiva.

Mano che avrà come protagonista un personaggio nuovo, il Principe Eletskij, melodrammaticamente necessario a comporre il classico triangolo tenore-soprano-baritono: lui è ufficialmente fidanzato con Liza, ma si accorge che lei ha altri... interessi; la sua dirittura morale lo spinge a comprendere la ragazza, ma anche a vendicarsi del rivale in amore. Così sfida Hermann nella mano conclusiva a faraone diventando con ciò lo strumento cui il destino affida il compito di fare giustizia.

Altro personaggio nuovo è Pauline, compagna di Liza, che la affianca nella scena del duetto ed è destinataria di una romanza. Meno importante è Maša, cameriera di Liza, come pure la parte del Maggiordomo. La Governante per lo meno è destinataria di un arioso...

Per il resto, Surin e Narumov fanno da riempitivo, come nel racconto, mentre del tutto nuovi sono i tre personaggi (non gli interpreti) della scena con Dafnis, Chloe e Pluto, tipico intermezzo da grand-opéra, inserito in barba a Pushkin, che si limitava a raccontare scampoli della festa tenutasi la notte della morte della Contessa.

Infine, non poteva in un’opera di questa portata mancare il Coro (al completo, incluse le voci bianche) subito in scena fin dall’inizio.

Tra poco un’esplorazione dell’opera.
___

(continua)

18 febbraio, 2022

laVerdi 21-22. Concerto 17

Il 34enne israeliano Yoel Gamzou ha fatto ieri il suo (brillante, devo dire) esordio sul podio de laVerdi proponendoci un programma che va dal tardissimo- al tardo-romantico: Korngold e Mahler.

É stata la 46enne Caroline Widmann (che ha rimpiazzato l’annunciata Veronika Eberle) ad aprire la serata con il Concerto per violino di Erich Wolfgang Korngold, già ascoltato qui più di sette anni fa (sulla struttura del quale rimando a qualche succinta nota scritta in tale circostanza). 

Non so se sia la prima volta che la Widman interpreta questo concerto (direi non sia nel suo abituale repertorio, visto che ha prudentemente tenuto lo spartito sotto gli occhi): una come lei che predilige i moderni e ha inciso il concerto di Berg, dedicato a Manon, la giovane figlia scomparsa di Alma Mahler-Gropius, adesso è passata ad un tardo-romantico, che 10 anni dopo Berg dedicò il concerto alla... mamma di Manon, rimaritatasi Werfel.

Come che sia, lei suona tutto divinamente, moderni e romantici. Così viene accolta da ovazioni e ci regala come bis un celebre Ysaye, l’ultimo movimento (Les furies) della celebre Obsession (Seconda Sonata in LA minore). 
___ 

La serata si è chiusa con la Prima Sinfonia di Mahler, che il programma di sala annunciava in una versione per orchestra da camera predisposta proprio dal Direttore Gamzou, che oltre a dirigere ha anche un’infinità di altri interessi nell’ambito musicale (ha fondato un’orchestra sinfonica intitolata a Mahler, del quale ha personalmente completato anche la Decima). A ottobre 2020 era già in programma questa sinfonia smagrita nell’organico (sempre causa-Covid) ma nell’edizione di Klaus Simon, poi tutto andò a... meretrici per l’arrivo, proprio poche ore prima del concerto, del nuovo blocco dovuto alla seconda ondata.

L’edizione di Simon (del quale laVerdi ha già eseguito di recente la Quarta, la Nona e la Sesta) è ascoltabile in rete, eseguita dall’ensemble minimo, mentre Gamzou ha in realtà previsto l’impiego di un organico assai ampio (5 corni, 3 trombe e 3 tromboni, tuba e timpani, tanto per dire...) apparentemente limitandosi a sottrarre qualche elemento non proprio... essenziale.

Lui fu allievo di Giulini, ma la sua mi è parsa una direzione più improntata (magari nel bene e nel male...) all’indimenticabile Lenny Bernstein: dal quale ha mutuato personalissime interpretazioni agogiche che lasciano sempre a bocca aperta, anche se magari non sono propriamente prescritte in partitura.

Come sempre, eccellente la prova dell’orchestra (pareva davvero di sentire un’esecuzione a ranghi completi) cui il pubblico (di questi tempi ancora non siamo ai pienoni) ha tributato meritatissimi applausi.

12 febbraio, 2022

laVerdi 21-22. Concerto 16

Moderno e antico compongono il programma del 16° concerto della stagione, diretto dall’esordiente in Auditorium Kristjan Järvi (figlio del venerabile Neeme e fratello del Paavo, di lui ancor più famoso).
Il primo brano è proprio opera del Direttore e si intitola Aurora. Un brano che si può ascoltare nella versione originale con violino solista sotto la direzione dell’Autore con la sua Baltic Sea Philharmonic. Qui invece ci viene proposta una trascrizione per sola (grande) orchestra, opera dell’amico Charles Coleman, che ha ovviamente un suono assai più corposo rispetto all’originale.
É il DO maggiore che caratterizza il breve brano, che presenta pochi languidi motivi, reiterati come a voler cullare piccoli pargoli, ai quali non a caso il pezzo è dedicato.
___
Ora ecco un altro compositore contemporaneo, Riccardo Panfili, del quale il funambolico Simone Rubino - tornato qui dopo due anni - interpreta da solista il Concerto per percussioni e orchestra (commissionato a suo tempo dall’Orchestra Filarmonica Abruzzese). Che possiamo apprezzare in questa esecuzione di un anno fa a Parma con la Toscanini diretta da Pascal.

Brano bipartito, composto da Panfili (in stretta collaborazione con Rubino) nel 2020, in piena pandemia. A parte un paio di protervi interventi (all’inizio e alla fine) di grancassa e tomtom, è il vibrafono a tener banco fra le percussioni, alternando i suoi interventi spesso spiritati, a volte languidi, a quelli dell’orchestra (archi e violoncello solista in particolare). Qui Rubino accompagna un paio di momenti anche con la voce.

Panfili alla fine si porta sotto il palco ad applaudire gli esecutori e a ricevere il meritato applauso del folto pubblico. Poi, come suo costume, Rubino non ci nega un bis con la sua voce da controtenore: un omaggio a Mariangela Gualtieri (recentemente portata alla ribalta di Sanremo da Jovanotti) sul tema dei nostri cuccioli che possono salvare il mondo.
___   
Dopo queste moderne digressioni (con tutto il rispetto, sia ben chiaro) si fa... sul serio: con il Ciajkovski della Quinta Sinfonia. Persino troppo serio (ma mai troppo come nella Quarta, haha!)

I baltici (oltre che a Neeme mi riferisco al compianto Mariss Jansons) sono stati da sempre fra i direttori più intimamente legati alla Russia e in particolare a Ciajkovski, considerato un russo amico dell’occidente (poi l’URSS rovinò un po’ tutto, tanto che Vilnius, Tallin e Riga organizzarono una storica catena umana che anticipò - e in parte causò - la caduta del muro di Berlino...)

Kristian, dopo aver anche gigioneggiato nella sua Aurora e nel Concerto di Panfili, qui si ricompone e - sempre senza bacchetta - ci dà una lettura proprio... ciajkovskiana della Sinfonia, con sapiente dosaggio delle dinamiche e del rubato. Poi sono i ragazzi a completare l’opera (che ormai suonano a memoria) con una prestazione di eccellenza, impreziosita dai passaggi solistici, di cui mi limito qui a citare - uno per tutti - il corno magico di Giuseppe Amatulli nell’Andante.

Successo travolgente, con il Konzertmeister Dellingshausen che attiva con il piede un applauso ritmato per il Direttore, evidentemente entrato subito in piena sintonia con l’Orchestra. Ma il nordico (trapiantato a New York e poi tornato a Tallin) fa anche il modesto e ci manda subito tutti a... nanna.

11 febbraio, 2022

Alla Scala una convincente Thaïs

Si segnala al pubblico che lo spettacolo include alcune scene di nudo.

Ecco perchè il Piermarini ieri sera era al tutto esaurito! (beh, veramente non è proprio così...)

Slurp! mi son detto: finalmente ci fanno vedere ciò che Massenet aveva pudicamente coperto dietro il sipario chiuso, concedendoci solo qualche erotico... massaggio musicale. E mi sono segnato accuratamente i momenti papabili, secondo il libretto, per presentare Thaïs (e magari - per par condicio - anche qualche gagliardo maschione) senza veli: 1. La visione del primo atto, primo quadro, dove Athanael sogna Thaïs esibirsi nel lungometraggio porn dal titolo Gli amori di Afrodite; 2. La fine del primo atto, ancora l’inizio de Gli amori di Afrodite, ma dal vivo; 3. L’apertura del second’atto, in casa di Thaïs (che si contempla, nuda, allo specchio); 4. Il menoso balletto del second’atto, dove qualche piccante coreografia può servire a vincere la noia; 5. La replica, ma ancora in DVD, della prima visione (secondo quadro del terz’atto). Poi ho accuratamente pulito le lenti del binocolo da marina che mi porto regolarmente a teatro, per non perdermi i primissimi piani dell’arrapante spettacolo.

Conclusione? Mah, chiappe e tette abbondano, però siamo addirittura sotto il livello che ormai raggiungono anche gli ad dei pannolini, ecco. In compenso Py e compagni sono andati pure al di là dei miei 5 punti, aggiungendovi anche la Méditation e la corsa nella notte. (Il regista ha - in parte - riesumato ciò che Massenet aveva cassato nella versione definitiva del 1898 - la pantomima dell’’Atto III - mostrandoci squarci riconducibili alle Tentazioni di Sant’Antonio; ma effettivamente, se si ipotizza che Athanaël viva da sempre con l’ossessione e le frustrazioni del sesso, allora il sesso ci potrebbe stare dal primo all’ultimo minuto dell’opera, come decise di proporci Stefano Poda a Torino nel 2008.)

Discutibili le presenze di un figurante nei panni di un Eros... erotico nella scena dello specchio (la presa d’atto di Thaïs della sua inevitabile sfioritura va ben al di là dell’aspetto puramente carnale...) e del successivo incontro con Athanaël (la statuetta di Eros evoca in Thaïs l’Amore con la A maiuscola, non il sesso...)  

Azzeccata invece l’insegna al neon posta sulla facciata della grande casa di appuntamenti che caratterizza Alessandria: insegna che riporta i versi della prima terzina della Commedia dantesca: il che pare del tutto appropriato ad evocare la selva oscura dei degradati costumi della città. (Bene ha fatto il regista a fermarsi qui con Dante, chè la disprezzata Taide dell’Inferno è quella pagana, ben avanti-Cristo, e non la santa cristiana del quarto secolo.)  

A proposito di ambientazione, Py ci porta ai tempi della composizione dell’opera, aggiungendovi poi scene (con donne-in-vetrina) mutuate dalle moderne cittadelle del vizio. Monaci e monache sono membri della Salvation-Army, con tanto di uniformi militaresche e con un appariscente scudetto con la S appuntato sul bavero. Di indubbia genialità l’idea di trasferire - nell’atto conclusivo - lo scudetto dal bavero di Athanaël a quello di Thaïs: plastica rappresentazione dei due opposti percorsi esistenziali dei due protagonisti (chapeau!)  

Peraltro ad Antinoe i monaci (escluso Palémon e un aiutante) non sono militari-militanti ma poveri clochard che mendicano un pasto come alla Caritas o al Pane Quotidiano (?!) in un’atmosfera (per di più incupita da lampi temporaleschi, caratteristici invece del secondo quadro del terz’atto) che ha ben poco dell’austerità dell’agape evocata da testo e musica. Viceversa le monache di Albine sono tutte in rigorosa uniforme (peraltro forzatamente scura e non candida come imporrebbe il testo).

Accurata la caratterizzazione dei personaggi: su tutti il Nicias, davvero l’archétipo del sibarita incallito!

Sul lungo balletto del second’atto si potrebbe discutere all’infinito: non certo di come è stato presentato qui (niente di speciale e niente da eccepire) ma sull’opportunità o meno di farlo, stante l’inevitabile calo di tensione che si crea in un momento topico della vicenda e - diciamolo francamente - la non sublimità della musica. Tutt’al più si potrebbe salvare - non saprei se sia semplice dal punto di vista musicale - il N°6 (la Charmeuse).

In conclusione: a dispetto delle segnalate (più o meno veniali) incongruenze, uno spettacolo di alto livello, assai godibile e costruito con indubbia professionalità. Il che fa onore a tutta la compagine che cura questo allestimento (e a chi - in alto - ha deciso di proporcelo).
___
Buone se non ottime notizie sul fronte sonoro. Intanto: meno male che Viotti c’è! Il giovane Kapellmeister (pensiamo che meno di 20 anni fa suo padre dirigeva proprio Thaïs alla Fenice!) ormai è più che una certezza: evidentemente i due anni difficili, causa Covid, trascorsi dal Roméo et Juliette da lui diretto qui (già con grande successo) gli hanno dato modo di studiare, studiare e approfondire, e i risultati si... sentono.  Ovviamente poi a suonare sono i professori e va a loro il merito di aver tradotto alla perfezione le note - scritte da Massenet e... veicolate da Viotti - in suoni di assoluta purezza. Va da sè che una lode speciale sia da attribuire alla splendida... Thaïs di Laura Marzadori!  

Marina Rebeka (ebbi occasione di ascoltarla la prima volta al ROF nel 2010 nello Stabat Mater, quando era agli esordi) non aveva avuto un debutto propriamente entusiasmante qui tre anni orsono in Violetta. Poi si era in parte riscattata a settembre 2020, sempre in Violetta in forma di concerto con Mehta. Ecco, ieri direi che abbia fatto un altro bel passo in avanti, ampiamente riconosciutole dal pubblico. Se posso permettermi una modesta osservazione, è ancora la cosiddetta ottava bassa che andrebbe... potenziata, mentre la salita agli acuti è sicura e autorevole, sia in quelli spinti (vedi i RE del finale) ma soprattutto in quelli da esalare in pianissimo.

Piacevolissima sorpresa (per me almeno, che di lui conoscevo poco o nulla) è stato Lucas Meachem: il baritono yankee (ieri sera con folto... parrucchino) ha sostituito poco tempo fa l’annunciato Ludovic Tézier e devo dire che non lo ha fatto rimpiangere. Leggo che non era all’esordio nel ruolo, avendo già interpretato Athanaël negli USA, e in effetti la sua è stata una prestazione più che apprezzabile: la voce è potente e passante, senza sbavature nè sguaiatezze. E pregevoli sono anche le sue qualità attoriali, che gli hanno consentito di rendere al meglio la natura di questo personaggio complesso e... complessato.  

Ma un’altra sorpresa (conferma anche, avendo già calcato il palcoscenico del Piermarini e venendo dall’Accademia) è Giovanni Sala, un Nicias semplicemente perfetto: certo nella postura e nelle movenze, davvero azzeccatissime e perfettamente calzanti sul personaggio. Ma anche nel canto, che è poi la cosa più importante: voce chiara, squillante, del tutto appropriata a vestire questo vanesio e gaudente sibarita.

Di Caterina Sala e Anna-Doris Capitelli (le schiavette di Nicias) così come della Federica Guida (la Charmeuse) si sono potute apprezzare le qualità vocali, ma anche (non dirò soprattutto per non passare per depravato...) quelle fisiche!

Onorevoli le prestazioni di Valentina Pluzhnikova (Albine), Insung Sim (palémon) e Jorge Martínez (servitore di Nicias) così come quelle del sestetto dei cenobiti, altrettanti membri del Coro. Che a sua volta ha fatto bene la sua parte, non proibitiva.

Ecco, una bella serata, di quelle che davvero ti tirano su il morale.

08 febbraio, 2022

Una escort fa il suo vero esordio alla Scala. 4- La musica

In attesa di poter leggere quello che dovrebbe mettere online la Scala, per analizzare l’opera nei dettagli consiglio questo splendido programma di sala della Fenice, prodotto per le rappresentazioni del 2002-2003. Invece per esplorarla a volo d’uccello ascoltiamone questa edizione olandese, che non è l’unica disponibile in rete, ma personalmente è quella che prediligo (parliamo solo di suoni, ma son poi quelli che contano di più).

Atto I - Quadro 1

Atmosfera fra l’esotico e il religioso

50” Tema della Tebaide  

2’22” Agape dei monaci

5’12” Tema di Athanaël che annuncia il suo arrivo  

5’52” Athanaël espone il suo dolore per Alessandria precipitata nel peccato e per Thaïs che ne è diventata il simbolo e la causa

6’46” Arietta di Athanaël che ricorda quando in gioventù desiderò Thaïs ma fortunatamente sfuggì al pericolo di venirne soggiogato

8’27” Palémon ammonisce a non farsi coinvolgere dalle vicende - torna l’atmosfera della Tebaide e riprende l’agape

10’20” Athanaël si addormenta - interludio strumentale (ricordi di Athanaël)

12’00” Visione di Athanaël: Thaïs interpreta gli Amori di Afrodite

13’30” Tema di Thaïs sempre più seducente

14’20” Brusco risveglio di Athanaël, inorridito dalla visione

14’52” Implorazione di Athanaël al Signore perchè gli dia (!) Thaïs (da redimere...) - Tema che tornerà alla fine dell'opera

16’27” Annuncio di Athanaël ai monaci della sua missione (tema di Thaïs) e della decisione di partire per Alessandria

17’47” Palémon reitera il suo invito ad ignorare le vicende terrene

18’38” Athanaël si allontana invocando la grazia divina e i cenobiti si associano alle sue invocazioni (antifona e salmodia)
______________
Atto I - Quadro 2

20’59” Alessandria - Lussureggiante evocazione romantica (corni! e poi archi, a 21’50”) dei fasti della città (qui Massenet è chiaro ispiratore di Strauss...) 

23’10” Sprezzante accoglienza del servo di Nicias - Athanaël lo convince a chiamare il suo padrone

24’14” Torna l’evocazione romantica di Alessandria, ora arricchita dalle parole (in arioso) del ricordo che ne porta Athanaël

26’03” Breve intermezzo cupo, con Athanaël (in declamato) che lancia la sua maledizione sulla città perduta, sul tempio profanato

26’31” Torna il nobile richiamo agli angeli del cielo, che scendano a ri-purificare l’aria opprimente del peccato 

27’54” Si odono le voci spiritate di Crobyle e Myrtale, schiavette di Nicias

28’12” Dialogo fra Nicias e Athanaël, accolto come un figliol prodigo - Il monaco gli chiede di Thaïs e Nicias gli rivela che è la sua amante - Athanaël a sua volta rivela il suo disegno di redimere la donna - Nicias lo scoraggia, ma Athanaël intende incontrare Thaïs alla festa e chiede abiti consoni alla cerimonia

32’11” Arrivano Crobyle e Myrtale ad acconciare il monaco per la festa - scena (quartetto) della vestizione, con Athanaël che si difende dalle adescanti schiavette, mentre Nicias...  

33’53” ...attacca un motivo da operetta (che ricorda il tema di Thaïs) per convincere l’amico ad assecondare le fanciulle, invece che respingerle

35’30” Sta arrivando Thaïs e Nicias ne avverte Athanaël

36’10” Ecco il codazzo di filosofi e ammiratori che introduce ed accompagna la diva, su un tema allegramente godereccio

37’40” Nicias trattiene Thaïs - duetto: entrambi ricordano il breve periodo passato insieme, che la sera stessa finirà

41’32” Thaïs scorge Athanaël e chiede notizie di lui a Nicias, che l’avverte delle intenzioni del monaco

43’00” Athanaël si avanza e predica il rifiuto della carnalità e l’austera penitenza - Thaïs lo irride, proprio in nome dell’amore - Athanaël le ingiunge di non bestemmiare

43’49” Thaïs attacca un’aria da operetta, rimproverando al monaco le sue convinzioni ed invitandolo ad unirsi alla compagnia, come ripetono anche Nicias e gli invitati

46’14” Athanaël rifiuta l’invito Thaïs, promettendole di farle visita a casa sua per convincerla alla fede

46’40” Nicias, Thaïs e gli altri ripetono l’invito ad Athanaël, che ribadisce la sua promessa di far visita alla donna - Thaïs, mentre si prepara ad interpretare per gli ospiti gli Amori di Afrodite (e tornano i motivi della visione di Athanaël) lo sfida e lo invita a non mettersi contro Venere.
______________
Atto II - Quadro 1

49’25” Introduzione strumentale sul tema godereccio della festa, ma qui piuttosto dimesso, lontano

49’43” Sui suoi temi della visione, Thaïs attacca il recitativo in cui medita sulla vita e sul suo futuro  

52’13” Aria dello specchio (prima parte)

53’42” Seconda parte dell’aria, dove Thaïs sente il peso del passare del tempo e dello sfiorire della sua bellezza

55’15” Ripresa della prima parte, chiusa sulla mediante sovracuta REb

56’50” Arrivo di Athanaël e inizio del duetto che chiuderà il Quadro

57’26” Athanaël spiega alla donna, scettica, il suo interessamento per lei: è amore, ma un amore speciale e diverso da quello che lei pratica, e che dà una felicità eterna

59’17” Thaïs lo irride, il vero amore non ha che baci - lui ribatte che lei non conosce l’amore vero - lei fa l’offesa

1h00’36” Athanaël (arioso) si abbandona ad un’implorazione: chi lo aiuterà a redimere la donna, conducendola alla vita eterna?

1h01’58” Thaïs ora lo adula, dicendosi pronta per lui - accende un incenso e richiama la presenza di Venere - Athanaël implora il Signore di dargli la forza di resistere - Thaïs prosegue con le invocazioni a Venere

1h03’48” Athanaël ora esplode nella rivelazione della sua identità - Thaïs ne rimane turbata e quasi atterrita, implorandolo di non farle del male, di non farla morire

1h05’54” Athanaël la rassicura: lei avrà la vita eterna - la donna sembra allora invasa da improvvisa beatitudine, e si chiede quale sia il potere di quell’uomo

1h06’39” Si ode da lontano la voce di Nicias che non sa rinunciare a Thaïs - lei ormai è assalita dal dubbio: lui realmente non l’ama, desidera solo il suo corpo  

1h07’27” Thaïs chiede ad Athanaël di comunicare a Nicias il suo disprezzo - il monaco le promette di attenderla fuori dalla sua dimora fino al mattino

1h07’49” Thaïs ha una reazione disperata: lei resta una cortigiana, non crede più a nessuno: a Nicias, a lui e al suo Dio - si abbandona ad una risata isterica

1h08’16” Chiusura della scena a piena orchestra

1h09’24” Silenzio - L’orchestra accompagna Thaïs alla sua meditazione

1h10’19” Méditation  
______________
Atto II - Quadro 2

1h17’23” Alba, atmosfera esotica, suoni da una festa in lontananza - Thaïs esce di casa e incontra Athanaël, che ha atteso sul selciato - gli confessa di volerlo seguire e gli chiede in che modo

1h19’31” Athanaël (quasi salmodiando) la informa che la condurrà al monastero di Albine

1h20’47” Thaïs è sorpresa, sapemdo che Albine è una nobile romana - Athanaël risponde che laggiù lei dovrà restare in clausura in una cella, fino all’arrivo di Cristo, suo redentore - Lei lo sollecita a portarla in quel luogo

1h21’50” Athanaël molto severamente le ingiunge di disfarsi di tutto ciò che ha e che ricorda il suo passato dissoluto: deve bruciare tutto!

1h22’09” Thaïs chiede di poter conservare la statuetta di Eros - Intona un’arietta dedicata all’elogio dell’amore, chiedendo al monaco di portarla in qualche luogo sacro - Aggiunge che era stata un regalo di Nicias

1h24’56” All’udire il nome di Nicias, Athanaël ha un sussulto collerico, infrange la statuetta e ripete che tutto deve essere dato alle fiamme - Thaïs si sottomette e insieme si avviano

1h26’18” Dalla strada si odono i suoni del tema godereccio degli amici di Nicias: è lui che arriva con loro; ha vinto al gioco e ciò lo ripaga della perdita di Thaïs, così organizza una nuova festa in piazza, accendendo fuochi e svegliando la gente; fa chiamare una danzatrice asiatica e si siede fra le sue due schiavette

1h27’39” Iniziano le danze - Divertissement (balletto)

1h38’15” Nicias invita le due schiavette ad accompagnare la Charmeuse

1h38’47” Crobyle e Myrtale introducono ed accompagnano i gorgheggi della Charmeuse

1h42’09” Ripresa del Divertissement, con coro finale

1h44’51” Nicias scorge Athanaël uscire dalla casa di Thaïs

1h44’51” Lui e gli amici irridono il monaco, che avrebbe ceduto alle lusinghe di Thaïs

1h45’13” Athanaël li zittisce, ammonendoli che Thaïs ora è sposa di Dio

1h45’39” Thaïs esce di casa, modestamente abbigliata e contrita - Athanaël fa per andarsene con lei - Tutti si oppongono - Nicias cerca di bloccare Thaïs, ma Athanaël glielo impedisce - La folla si fa minacciosa, partita Thaïs molti temono di perdere i loro affari - Qualcuno cerca di passare a vie di fatto - Nicias li calma gettando denaro

1h47’36” Mentre la sua dimora va a fuoco, Thaïs riceve l’addio di Nicias, che agevola la sua fuga verso il monastero, trascinata via da Athanaël.
______________
Atto III - Quadro 1

1h49’20” Nel deserto - mesta atmosfera esotica, pace dell’oasi e mormorio dell’acqua

1h52’34” Athanaël guida Thaïs, affaticata, e la obbliga a marciare

1h54’07” Il monaco rinfaccia alla donna le sue passate colpe, aver prostituito il suo corpo che Dio aveva creato come suo tabernacolo: ora deve espiare i suoi peccati  

1h56’01” Improvvisamente Athanaël è mosso a compassione dalla vista dei piedi sanguinanti di Thaïs, le chiede perdono, la chiama santa! - Lei vorrebbe riprendere il cammino

1h57’20” Athanaël la trattiene e si reca all’oasi a prendere frutta e acqua per lei

1h58’19” Thaïs resta ad attenderlo e il tema della sua meditazione ne introduce le lodi per il monaco che le ha dato la beatitudine spirituale

2h01’04” Duetto - Thaïs e Athanaël cantano la loro comunione spirituale: Dio ha unito le loro due vite nella fede

2h03’37” Si odono le voci delle monache che arrivano recitando il Pater Noster

2h05’18” Athanaël saluta Albine e le annuncia di recarle un’ape smarrita, che lui ha soccorso e salvato - Albine accoglie Thaïs nella sua comunità

2h06’38” Athanaël si congeda da Thaïs, raccomandandole la penitenza - Lei piange nel doverlo lasciare, lui è in esaltazione, lei gli dà l’arrivederci in paradiso

2h08’25” Il tema della meditazione di Thaïs ritorna per accompagnare il lungo e disperato addio di Athanaël, conscio di non rivederla mai più.
______________
Atto III - Quadro 2

2h11’01” Tebaide - atmosfera temporalesca - Tema della Tebaide - Coro dei Cenobiti - Palémon li invita a ricoverare le provviste - Athanaël non si fa vedere da 20 giorni

2h13’44” Tema di Athanaël che annuncia il suo arrivo - Athanaël racconta in disparte a Palémon di essere tornato pieno di orgoglio, ma poi di aver perso la pace   

2h15’00” É posseduto dal demonio, il pensiero di Thaïs lo tormenta continuamente

2h16’00” Palémon lo rimprovera di non aver seguito il suo consiglio (non impicciarsi degli affari del mondo) e lo congeda

2h17’20” Athanaël prega ferventemente, poi si addormenta

2h18’00” Appare Thaïs che gli ripete (tema compreso) l’ironica adulazione del loro primo incontro presso Nicias

2h19’12” Athanaël si risveglia inorridito - Thaïs esplode nella sua spiritata risata

2h19’55” Ora ecco una nuova visione: Thaïs morente, circondata dalle sorelle al monastero

2h20’55” Athanaël ripete ossessivamente Thaïs muore! - Deve averla, si slancia fuori e fugge all’impazzata

2h22’03” Interludio orchestrale (Corsa nella notte)

2h24’20” Ripresa del tema della meditazione
______________
Atto III - Quadro 3

2h26’10” Thaïs è stesa all’ombra di un fico, morente - Le sorelle cantano una salmodia - Albine ricorda i tre mesi di penitenza della donna ora redenta e perdonata

2h28’24” Arriva Athanaël (tema della Corsa nella notte) - Albine lo accoglie e lo informa che Thaïs ha compiuto la sua penitenza ed è pronta per vedere la luce eterna

2h30’08” Athanaël si prostra angosciato al capezzale di Thaïs - Lei lo riconosce

2h31’16” Il tema della meditazione accompagna il duetto finale - Lei ricorda il viaggio nel deserto - Lui le dice di ricordare solo la sua bellezza mortale - Lei ricorda le sue sante parole - Lui confessa di averle mentito, in realtà desiderava il suo corpo

2h33’04” Lei vede angeli e profeti, l’aurora del mattino eterno - Lui nega l’esistenza del cielo  e del soprannaturale

2h34’15” Thaïs vede due Serafini con bianche ali planare su lei a portarle la luce eterna (motivo di Athanaël dopo la visione del primo atto - là gli angeli erano desolati - in un‘entusiasmante ascesa belliniana-wagneriana, dove il soprano per due volte tocca il RE sovracuto)

2h36’03” Lei vede il cielo... vede Dio!

2h36’27” Lui la vede morire; disperato, non gli resta che chiedere pietà.
___
Ecco, giovedi 10 staremo a sentire come la farà il duo Rebeka-Meachem con Viotti (e a vedere cosa ci propinerà il genialoide Olivier Py).

(4. fine)