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12 febbraio, 2022

laVerdi 21-22. Concerto 16

Moderno e antico compongono il programma del 16° concerto della stagione, diretto dall’esordiente in Auditorium Kristjan Järvi (figlio del venerabile Neeme e fratello del Paavo, di lui ancor più famoso).
Il primo brano è proprio opera del Direttore e si intitola Aurora. Un brano che si può ascoltare nella versione originale con violino solista sotto la direzione dell’Autore con la sua Baltic Sea Philharmonic. Qui invece ci viene proposta una trascrizione per sola (grande) orchestra, opera dell’amico Charles Coleman, che ha ovviamente un suono assai più corposo rispetto all’originale.
É il DO maggiore che caratterizza il breve brano, che presenta pochi languidi motivi, reiterati come a voler cullare piccoli pargoli, ai quali non a caso il pezzo è dedicato.
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Ora ecco un altro compositore contemporaneo, Riccardo Panfili, del quale il funambolico Simone Rubino - tornato qui dopo due anni - interpreta da solista il Concerto per percussioni e orchestra (commissionato a suo tempo dall’Orchestra Filarmonica Abruzzese). Che possiamo apprezzare in questa esecuzione di un anno fa a Parma con la Toscanini diretta da Pascal.

Brano bipartito, composto da Panfili (in stretta collaborazione con Rubino) nel 2020, in piena pandemia. A parte un paio di protervi interventi (all’inizio e alla fine) di grancassa e tomtom, è il vibrafono a tener banco fra le percussioni, alternando i suoi interventi spesso spiritati, a volte languidi, a quelli dell’orchestra (archi e violoncello solista in particolare). Qui Rubino accompagna un paio di momenti anche con la voce.

Panfili alla fine si porta sotto il palco ad applaudire gli esecutori e a ricevere il meritato applauso del folto pubblico. Poi, come suo costume, Rubino non ci nega un bis con la sua voce da controtenore: un omaggio a Mariangela Gualtieri (recentemente portata alla ribalta di Sanremo da Jovanotti) sul tema dei nostri cuccioli che possono salvare il mondo.
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Dopo queste moderne digressioni (con tutto il rispetto, sia ben chiaro) si fa... sul serio: con il Ciajkovski della Quinta Sinfonia. Persino troppo serio (ma mai troppo come nella Quarta, haha!)

I baltici (oltre che a Neeme mi riferisco al compianto Mariss Jansons) sono stati da sempre fra i direttori più intimamente legati alla Russia e in particolare a Ciajkovski, considerato un russo amico dell’occidente (poi l’URSS rovinò un po’ tutto, tanto che Vilnius, Tallin e Riga organizzarono una storica catena umana che anticipò - e in parte causò - la caduta del muro di Berlino...)

Kristian, dopo aver anche gigioneggiato nella sua Aurora e nel Concerto di Panfili, qui si ricompone e - sempre senza bacchetta - ci dà una lettura proprio... ciajkovskiana della Sinfonia, con sapiente dosaggio delle dinamiche e del rubato. Poi sono i ragazzi a completare l’opera (che ormai suonano a memoria) con una prestazione di eccellenza, impreziosita dai passaggi solistici, di cui mi limito qui a citare - uno per tutti - il corno magico di Giuseppe Amatulli nell’Andante.

Successo travolgente, con il Konzertmeister Dellingshausen che attiva con il piede un applauso ritmato per il Direttore, evidentemente entrato subito in piena sintonia con l’Orchestra. Ma il nordico (trapiantato a New York e poi tornato a Tallin) fa anche il modesto e ci manda subito tutti a... nanna.

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