Dopo
la lunga e fortunata parentesi del Mahler-Festival, l’Orchestra ha
ripreso il cammino della stagione principale sotto l’effetto di una notizia cheha davvero del clamoroso: le dimissioni – ufficializzate 24 ore prima del
concerto - del Direttore Generale ed Artistico della Fondazione, il
Maestro Ruben Jais. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno (Jais
aveva diretto meno di due settimane fa - ma non con l’Orchestra principale - il
penultimo concerto del Festival, da lui fortemente voluto) che ha colto quasi
tutti di sorpresa, anche se alcuni ricorderanno la spiacevole vicenda del 19
marzo scorso, culminata con la minaccia di sciopero – poi rientrato - dell’Orchestra,
proprio a fronte di una discutibile
iniziativa dello stesso Direttore
(che comunque ieri sera si aggirava sorridente in sala).
___
Per
questo fine settimana in calendario c’è un concerto bifronte, diretto dal
28enne fiammingo Martijn Dendievel, che ha affiancato un’Opera e un
Autore contemporanei ad una delle più eseguite sinfonie di Ciajkovski.
Del
42enne tulipano Joey Roukens è stato eseguito, in prima italiana,
In Unison, un Concerto per due Pianoforti e Orchestra del
2017 (qui l’audio della prima) interpretato
dai due connazionali dedicatari, i fratelli Lucas & Arthur Jussen,
che sono attualmente Artisti in residenza presso laVerdi.
Ecco
qui (Lucas a sinistra, al piano-1 e il fratello minore Arthur a destra, al
piano-2) la registrazione video di una
loro performance
del 2021 con l’Orchestra olandese co-dedicataria dell’opera, presente anche
l’Autore, festeggiato con loro dopo la brillante esecuzione. Verso la fine
della quale arriva un’improvvisa e lunga cadenza con un virtuosismo di timpani,
che sono percossi dal padre dei due pianisti, Paul, che in quest’altro
video di presentazione del brano viene anche simpaticamente preso in giro dai
suoi due enfants-terribles!
Il
compositore ci dice di aver scelto il titolo del Concerto ascoltando i due
fratelli suonare… e con tanto affiatamento da farglieli apparire come un unico super-pianista
che suona un super-pianoforte. Oltre al titolo, anche i tre classici
movimenti in cui il concerto si articola recano dei sottotitoli che ne evocano
l’ispirazione (fra parentesi la mia personale interpretazione delle note
esplicative dell’Autore):
1.
Neon Toccata (luminosa, estroversa, orecchiabile: le luci
psichedeliche di una discoteca?);
2.
What If (struttura A-B-A’, improvvisi cambiamenti di atmosfera:
calma, agitata, calma);
3.
Dark Ride (una corsa all’impazzata, cupa e grottesca, con un
finale a sorpresa).
Imponente
la batteria di percussioni, con tre esecutori che devono gestire,
rispettivamente, 10, 10 e 8 strumenti! Tutto sommato normale la compagine di
fiati e archi; una celesta si aggiunge all’organico.
Il
compositore raccomanda un rigoroso rispetto dei ritmi, così come
indicati in partitura, che è ricchissima di minuziose indicazioni agogiche, ad
esempio: ritmicamente quanto più preciso e stabile (assolutamente non rubato);
oppure: un oscuro, sinistro tran-tran… In altri casi invece l’Autore si
limita ad indicare, in secondi, il tempo di esecuzione di alcune
battute!
Il
primo movimento ha una struttura abbastanza aperta, tipo durchkomponiern,
con alternanza di passaggi affidati ai soli solisti, o alla sola orchestra, o
all’insieme. Difficile individuare temi ricorrenti, salvo forse alcune
figurazioni ritmiche, che talvolta si ripropongono.
Ecco
qui l’attacco dei due pianoforti, alla battuta 12 (24” nel
filmato) dopo che l’orchestra – ora zittitasi - ha imposto il tempo Molto
allegro, con fuoco:
Dopo
nove battute di silenzio l’orchestra (41”) rientra per iniziare
il suo dialogo con i solisti, che poi si limita all’intervento di percussioni,
ma prende nuovo slancio (1’31”) con metronomo raddoppiato fino a
che (2’15”) l’orchestra rimane sola a portare avanti il discorso.
È un passaggio assai rigoroso ed energico, con gli ottoni in grande
evidenza, fino al rientro dei solisti (2’44”) anticipati e poi
accompagnati anche dalla celesta.
Dopo
una veloce ascesa del piano-1 (3’30”) i solisti tacciono per
poco, lasciando spazio ancora ad un deciso intervento dei fiati, che porta ad
uno schianto (3’40”) seguito da un’oasi più calma, dove abbiamo
il ritorno dei due pianoforti, che a mano a mano riaccendono il ritmo,
accompagnati e sostenuti soprattutto dalle percussioni.
Si
arriva quindi (4’25”) alla ripresa del tempo molto agitato,
con i solisti a condurre la danza, trascinando i fiati fino ad un climax (5’19”)
dopo il quale si tacciono, cedendo all’orchestra il centro della scena,
caratterizzata da un’ampia e cantabile melodia nei fiati e poi negli archi,
accompagnata sempre dal ritmo serrato imposto dalle percussioni.
Ecco
ora rientrare i solisti (6’00”) per presentare una vera e propria
cadenza:
Che
è suddivisa in due parti: 14 battute dove il piano-1 suona un tremolo cangiante
e il piano-2 si libra in svolazzi di semicrome e biscrome; e 10 battute dove i
due solisti si scambiano i ruoli. Non è necessario che in ciascuna delle due
sezioni ci sia un preciso sincronismo fra i due, che va rispettato solo nel
momento (6’51”) in cui si danno il cambio.
La
cadenza sfuma (7’14”) nella coda del movimento, caratterizzata
da una progressiva entrata degli strumenti dell’orchestra (prima legni e archi
bassi, poi celesta e percussioni, infine archi alti) e da una generale accelerazione,
chiusa infine da una croma sforzata di archi e percussioni.
Il
movimento centrale (Molto tranquillo, ma ben misurato) è,
come anticipato, in forma (spuria) A-B-A’. Inizia (8’26”) con ottavino
(poi flauto) e violini che suonano una cullante melodia e i due solisti che
dettano il ritmo lento con note ribattute (questa sarà una delle
caratteristiche del movimento) supportati poi dal martellio delle percussioni.
Ora
(10’20”) con leggero aumento del metronomo, sono i due pianoforti
a prendere il centro della scena dando inizio ad un lungo e nobile passaggio,
con archi e fiati a sostenere il dialogo con lunghe note tenute; il tempo
accelera ancora impercettibilmente finchè (13’04, Con
grandezza, largamente, nobilmente) i due pianoforti tacciono mentre oboi,
corni e violini primi trascinano tutta l’orchestra verso un grandioso climax.
Che
segna (14’15”) il brusco passaggio alla sezione B del movimento,
dove il tempo aumenta del 50% (metronomo da 40 a 60 semiminime, Come
improvvisamente in un'altra dimensione) e i due solisti tornano
protagonisti, accompagnati prevalentemente da percussioni, riproponendo le loro
figurazioni con note ribattute.
Il
tempo accelera ancora in due riprese, passando da 60 a 66 e poi a 72
semiminime, fino ad arrivare (15’50”) ad un momentaneo
rallentamento, con il ritorno in primo piano anche degli archi e
successivamente dell’intera orchestra. Il tempo riprende ad accelerare
progressivamente, tornando a 72 semiminime e quindi (17’10”, energico)
a 84. I solisti tacciono ed è l’orchestra a scatenarsi ancora con un
impressionante crescendo di note ribattute, crescendo che poi si spegne
sul sommesso sussurro delle percussioni.
Siamo
quindi arrivati (18’24”, tranquillo e religioso, il metronomo
piomba a 42) all’ultima sezione del movimento (A’) dove i due solisti
riprendono l’atmosfera iniziale, accompagnati in sottofondo da archi e
percussioni, poi (19’59”) anche da flauti e tromboni. Eccoci
quindi (20’48”) alla coda, con un impercettibile aumento
del metronomo (45) e i due pianoforti (semplice, molto sereno e lirico) -
accompagnati da ottavino, clarinetto e poi dalla celesta, con i primi violini
chiamati ad emettere le note più acute possibili - che portano, in una
progressiva rarefazione del suono, il movimento alla conclusione.
Dove
troviamo una delle trovate della partitura che rasenta la bizzarria: nelle
ultime tre battute del movimento (22’35”) i due solisti devono
percuotere con le nocche della mano sinistra il legno sopra la tastiera del
pianoforte:
Il
movimento finale del Concerto (Presto, sempre molto ritmico)
è aperto (23’15”) da uno schianto della sola orchestra, che introduce
l’ingresso dei solisti (23’28) con 12 battute dal ritmo sincopato
e sghembo (5/8, 3/4. 7/8) che caratterizzerà anche gran parte del seguito,
chiuse da una rapida discesa in tutti gli ottoni.
I
due pianoforti conducono questa corsa ostinata, fatta di quartine e terzine di
crome in tre delle quattro mani accompagnate da note lunghe nella quarta,
mentre legni e archi scandiscono il ritmo; poi (23’55”) sono la
tromba e la tuba a suonare le note lunghe, mentre la quarta mano del pianoforte
passa al ritmo.
Si
arriva così a 24’43”, molto energico e ben articolato, con
mordente, dove i solisti tacciono ed è l’orchestra a riprendere il
discorso, dando ulteriore corposità al suono, che poi improvvisamente si calma
(24’55”) in vista del rientro dei solisti. I quali poco dopo (25’25”)
si inoltrano in un’atmosfera più rarefatta, dominata dalle note lunghe: un passaggio
lirico, liquido e sognante. Il brusco risveglio (25’54”) vede
impegnati quasi esclusivamente i solisti in una specie di cadenza accompagnata
da percussioni e archi, che poi si arricchisce dei suoni del resto
dell’orchestra.
Il
passaggio è chiuso da una veloce salita dei due pianoforti (con slancio)
fino ad uno schianto, seguito (27’05”, Sostenuto) da una breve
oasi di calma, protagonista solo l’orchestra e chiusa (27’24”) da
un altro colpo secco di legni, ottoni, tamburo e archi bassi. Si torna al Tempo
I, ma ancora più veloce, dove la cavalcata generale riprende e poco dopo (27’41”,
grottesco e molto energico, come un pazzo) diventa davvero travolgente,
fino a spegnersi (27’58”) seguita da 5 battute grevi di fiati e
archi bassi.
Ora
(28’20”, Poco meno) è l’ottavino (più tardi raggiunto dal
clarinetto, quindi dal flauto e con svolazzi della celesta) ad esporre una
lenta melodia, mentre i due pianoforti creano una specie di sottofondo liquido.
Un lento crescendo porta ad un nuovo scossone (28’54”) che
prelude al colpo di teatro finale, protagonista la famigliola Jussen: mentre
Lucas e Arthur si scatenano in veloci (e barbare) figurazioni su terzine
di crome e semicrome, papà Paul (29’01”) si deve sottoporre ad un
minuto di sfrenato tour-de-force ai timpani, chiuso da un’autentica (brutale)
gragnuola di colpi.
Inizia
ora (29’57”) la coda del Concerto, con i solisti,
inizialmente accompagnati dalla celesta, che stringono il tempo, poi
momentaneamente lo rallentano come a prender la rincorsa per lo sprint
finale: dopo tre glissando (30’16”, discesa, salita, discesa) i
pianoforti tacciono momentaneamente ed è l’orchestra (30’26”) che
attacca (Quasi presto) e poi (30’35”, Prestissimo)
introducendo quindi i due solisti (30’46”) che sparano le ultime
cartucce.
Un
ultimo momento di stasi, con l’intera orchestra che tiene lunghissime note in
un crescendo sonoro che si arresta prima delle due battute conclusive del
concerto (31’05”) dove i due solisti, rimasti… soli, all’unisono
suonano contemporaneamente (su due ottave) l’intera scala dei tasti bianchi:
LA-FA-RE-SI / SOL-MI-DO-LA:
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Che
dire? È un ennesimo esempio di musica contemporanea composta per divertire insieme
pubblico ed esecutori, dopo che per decenni – nel secolo scorso – molta della musica
(allora) contemporanea sembrava scritta per esasperare il pubblico e compiacere
ristrette élite di penitenti dediti all’auto-flagellazione (!)
Travolgente
successo per i due fratelli, per il Direttore e per l’Orchestra, così
Lucas&Arthur ci hanno regalato questo bel bis sognante.
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Ha
chiuso la serata la tremenda Quarta di Ciajkovski.
L’Orchestra la potrebbe ormai suonare a memoria e forse anche senza Direttore. Direttore
che in ogni caso si è fatto valere, guidando i ragazzi con gesto misurato e mettendo
nel dovuto risalto i passaggi più lirici dell’opera, per poi scatenare ottoni e
grancassa quando e quanto dovuto.
Inutile
dire dell’accoglienza frenetica, con ovazioni per le prime parti e le diverse
sezioni dell’Orchestra e ripetuti battimani ritmati all’indirizzo del
Direttore.