intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

17 dicembre, 2021

laVerdi 21-22. Concerto 10

L’ultimo concerto di questa prima parte di stagione vede il ritorno (dopo 2 anni) sul podio dell’Auditorium del giovane e poliedrico Jaume Santonja (percussionista in origine, poi compositore, ha fondato l’ensemble AbbatiaViva per il quale ha arrangiato anche Mahler) per dirigere un programma interamente dedicato a Ciajkovski.   

Con lui entra in scena la bella 36enne russa Alëna Baeva per proporci un pezzo forte, ma che dico... fortissimo del repertorio violinistico: l’Op.35 del 1878 (eseguita qui con la Sinfonica di Düsseldorf nella storica sala del Concertgebouw).

Il simpatico Eduard Hanslick ebbe a recensire il Concerto in questi termini:  

“Il compositore russo Ciajkovski non è sicuramente un talento ordinario, ma piuttosto gonfiato, con un'ossessione da genialoide senza sensibilità nè gusto. Tale è anche il suo ultimo, lungo e pretenzioso Concerto per violino. Per un po' si muove sobriamente, musicalmente e non senza carattere. Ma presto la volgarità prende il sopravvento e si afferma fino alla fine del primo movimento. Il violino non viene più suonato; viene stirato, strappato, bastonato. L'Adagio torna al suo miglior comportamento, per rappacificarsi con noi e convincerci. Ma ben presto sbrocca per far posto ad un finale che ci trasferisce nella brutale e miserabile allegria di una festa russa. Vediamo precisamente facce selvagge e volgari, ascoltiamo bestemmie, sentiamo odore di vodka. Friedrich Vischer una volta osservò, parlando di immagini oscene, che puzzano alla vista. Ecco: il Concerto per violino di Ciajkovski ci porta per la prima volta a fare la pessima constatazione che ci può essere musica che puzza all’orecchio.”

Basta sostituire la vodka con un brandy ed ecco che il Concerto torna protagonista di feste e brindisi:

Sempre Hanslick dava un giudizio mixed su Bizet e le sue opere, considerate per metà come operette. E invece, guarda caso, Ciajkovski amava l’autore di Carmen à la folie. Come dimostra proprio il tema principale dell’Allegro moderato del Concerto, preso di peso da Don José:

La bell’Alëne in verità ci ha propinato suoni che per le nostre orecchie (purtroppo assuefatte a molto peggio) appaiono come profumati e inebrianti. Poi la sua tecnica sopraffina fa anche restare a bocca aperta e il publico ha accolto la sua prestazione con meritate ovazioni, ricambiate da aforistico bis (forse... Ysaye?)
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La seconda parte del concerto è costituita dalla Prima Sinfonia, originariamente composta 12 anni prima del Concerto per violino, ma poi rimaneggiata più volte, fin al 1874. Come ho scritto parecchi anni fa in occasione di un’esecuzione qui in Auditorium, si tratta di un’opera assai acerba e velleitaria, come è tipico (e non solo in campo musicale) di molte prime esperienze.

Tuttavia oggi la possiamo apprezzare proprio perchè dopo di lei sono arrivate cose decisamente migliori. Ieri sera mi è parso che Santonja non sia riuscito sempre a controllare al meglio le dinamiche: spesso i fiati (ottoni in specie, ma non solo) hanno coperto eccessivamente il suono degli archi. A convincere di più è (come sempre, per me) lo Scherzo che sovrasta gli altri movimenti sia per inventiva che per equilibrio.

In ogni caso il successo non è mancato. Ora aspettiamo l’inizio della prossima parte di stagione (dal 29 dicembre con la Nona di Capodanno).

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