intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

02 dicembre, 2021

Verso la Scozia per SantAmbrogio

La corsa verso il 7 dicembre scaligero è entrata nel vivo con l’annuncio e l’apertura del programma di eventi (Prima diffusa) promosso come in anni recenti (siamo al n°10!) dal Comune di Milano.

Nel frattempo lunedi scorso si era tenuta la conferenza stampa di presentazione del Macbeth targato Chailly-Livermore. Il Direttore musicale ha ribadito le ragioni della sua scelta di proporre per tre aperture una sua particolare trilogia di opere degli anni-di-galera: Giovanna-Attila-Macbeth, che costituirebbero i pilastri di un ponte, o una piattaforma di lancio se si preferisce, che portano dal Verdi delle origini a quello della maturità (Rigoletto ed oltre).

Si potrebbe obiettare che Ernani non sfigurerebbe per nulla come primo pilastro di quel ponte... che in effetti delinea un percorso solo apparentemente ascensionale, chè il Macbeth presentato oggi è quello ben posteriore al decennio di reclusione: si parlasse della versione 1847, beh, a parte la rivoluzionaria estraneità del soggetto rispetto ai canoni del melodramma del tempo, sul piano strettamente musicale ci sarebbero pochi passi in avanti da registrare rispetto ad Attila (per dire, il Vieni, t’affretta, l’Or tutti sorgete e il Trionfai della Lady non vanno molto oltre Odabella, tanto che l’ultima di queste arie fu cassata nel 1865). E quanto al protagonista, non sarà un caso se Verdi per Parigi gli tagliò addirittura due arie: la prima (L’ira mia del finale terzo) era la classica cabaletta che gli era venuta a nausea (magari col baritono che si improvvisa ridicolmente tenore eroico chiudendo sul LA acuto!); la seconda (la morte, che Chailly - senza inventar nulla - reintroduce per omaggio a... Salsi) è grande musica, per carità, ma evidentemente Verdi si convinse a rinunciarvi, e mai più si convinse a ripristinarla, forse per non darla vinta a Macbeth con questa tardiva (apparente?) ammissione di colpevolezza.

Quanto alla messinscena, Livermore (che subdolamente afferma di aver le mani un filino legate...) porta l’ambientazione ai giorni nostri, il che non è per nulla sbagliato, visto che Macbeth non è un caso particolare dei primi anni del secondo millennio, ma l’archetipo di casi che si ripetono ogni giorno, oggi compreso: a New York, Singapore... Milano? o in qualunque altro luogo del pianeta. Lo spettacolo pare quindi assicurato, staremo a vedere.
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Tornando agli eventi preparatori, ieri pomeriggio-sera due interessanti appuntamenti con il Macbeth in vista della prima.

Alle ore 18 nel Castello Sforzesco è stato Fabio Sartorelli a proporre un coinvolgente viaggio nell’opera, sulla traccia della messinscena di Cherniakov, impreziosito dagli interventi canori di due accademici scaligeri, accompagnati al pianoforte da Michele D’Elia: Clarissa Costanzo ed Ettore Chi Hoon Lee, che hanno presentato il duetto Macbeth-Lady del primo atto, poi la scena del sonnambulismo della Lady e infine il Perfidi! di Macbeth.     

Poi alle ore 21 allo Spazio-teatro No’hma a Città Studi (si replica questa sera) è stata la volta di Stefano Jacini ad intrattenere un folto pubblico con un’esegesi dell’opera costellata da proiezioni di spettacoli diretti da Abbado, Sinopoli e Chailly. E bruscamente interrotta sul finire dall’irruzione (1h20’55” nel filmato) di... Davide Livermore, che ha sostanzialmente ribadito le linee della sua interpretazione, già esposte nella succitata conferenza stampa. Suggestivo anche il colpo di teatro (1h40’35”) con la declamazione dell’originale shakespeare-iano tomorrow-tomorrow-tomorrow...

Fra due giorni, con la primina-giovani, si entra nel vivo.

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