istruzioni di voto

scrivere pescivendola

07 dicembre, 2021

Il Macbeth televisivo

Le mie impressioni a caldo dopo ascolto-visione TV sono tutto sommato positive, con buoni voti alla parte musicale (cui però farò l’esame vero fra qualche giorno, dal vivo) e discreti per lo spettacolo, che ho l’impressione sia stato pensato (come pure la Tosca del ’19) più per il piccolo schermo che per il teatro.  

Al netto delle solite messe-in-guardia, doverose quando si ascoltano i suoni portati all’orecchio dai bit e non dall’aria, devo dire che tutte le voci hanno fatto bella figura: Salsi è un Macbeth ormai super-collaudato e la Netrebko canta come doveva cantare ai tempi di Verdi la Tadolini (quindi non sarebbe piaciuta al Peppino...): se proprio le devo trovare un pelo nell’uovo, citerei la caduta di ottava sui due REb della chiusa del sonnambulismo, che lei ha separato e non legato (ma forse ne è responsabile la posizione... imbragata cui l’ha costretta Livermore). Abdrazakov e Meli hanno messo tutta la loro professionalità nei due ruoli-mignon che impersonano e lo stesso han fatto gli altri comprimari. Eccellente come da tradizione il coro passato nelle mani di Alberto Malazzi da quelle di Mario Casoni, che mantiene però la salda guida delle Voci bianche.

Chailly in gran spolvero: tempi ben misurati e buon dosaggio delle dinamiche (da verificare dal vivo, in rapporto alle voci). Orchestra in stato di grazia, evidentemente preparatasi al meglio per l’occasione.

I ballabili: da elogiare la scelta di farne delle pantomime e di coinvolgervi i protagonisti (la Netrebko ha un futuro per quando si stancherà di cantare!) Tuttavia non si può non arricciare il naso (come sempre) riguardo l’effetto-calmante che hanno sulla drammaturgia. 

Davide Livermore, parlando delle sue regìe di Attila (ieri) e Macbeth (oggi) ogni due parole aggiunge distopico. L’Italia ai tempi della comparsa dell’Attila era distopica. Il mondo di oggi che viene rappresentato nel suo Macbeth è distopico. Qualunque cosa voglia dire... Al solito si è preso ovazioni e ululati; personalmente manterrei una posizione di benevola indifferenza, non avendo lui preteso di re-inventare il soggetto, il che mi basta, ecco.

Patria oppressa sembra non si addica all’Italia di oggi, almeno a giudicare dall’interminabile applauso che ha accolto il Presidente.

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