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16 luglio, 2018

Muti trasloca il Macbeth da Firenze a Ravenna


Il Ravenna Festival ha proposto ieri un’edizione in forma di concerto del verdiano Macbeth diretto dal consorte della padrona di casa, tale Riccardo Muti. Si è trattato in pratica di una terza esecuzione dopo le due date al Maggio Musicale nei giorni scorsi (anch’esse senza messinscena) per celebrare i 50 anni dall’esordio del Maeschtre a Firenze. E lui non ha perso l’occasione per auto-festeggiarsi anche nella sua città di... accasamento. 

L’immenso PalaDeAndrè non è certo l’ambiente ideale per questi tipi di spettacolo e l’acustica, nonostante le diffuse pannellature, non è paragonabile a quella non solo dell’OF, ma di un qualsiasi teatro. Ciononostante la recita non ha tradito le attese e le tribune dell’arena erano gremite di gente cosmopolita (inclusi francesi e croazzi, reduci da tutt’altro tipo di spettacolo...)

Versione parigina del 1865, completa di ballabili, che è stata eseguita (abbastanza inspiegabilmente, o per accordi con il... bar) con due intervalli (1-2 e 2-3) il che ha portato la fine dello spettacolo (iniziato alle 21:00) ben oltre le 00:30 (...ma tanto siam qui in vacanza). Orchestra disposta con le viole al proscenio e cantanti dislocati proprio sotto il podio di Muti, che poteva letteralmente... imboccarli come fa una mamma con i pargoletti. E imbeccare anche il pubblico, con palesi ammiccamenti ad attivare applausi a scena aperta dopo le arie più famose.

Un Muti in gran spolvero, che quando l’oggetto è Verdi lascia infallibilmente il segno, dall’alto della sua ormai semi-secolare esperienza. Stacco di tempi esemplare, attenzione ai dettagli e alla varietà di dinamiche, attacchi a voci e coro sobri ma efficaci, insomma una direzione di livello assoluto.

Direzione assecondata al meglio dagli strumentisti e dal coro (di Lorenzo Fratini) del Maggio, esemplari nel ricreare le atmosfere ora cupe, ora irridenti (le streghe) ora meste (Patria oppressa... un capolavoro) o esaltanti che costellano la partitura.  

Le voci dei protagonisti tutte all’altezza, a cominciare da Luca Salsi, un Macbeth autorevole, voce di gran spessore e accenti sempre adeguati alla circostanza drammatica. Alla Lady di Vittoria Yeo si può forse rimproverare una certa freddezza di esposizione, ma la voce è ben impostata e la tecnica (richiesta da Verdi in alcuni passaggi assai difficili) più che apprezzabile. Ottimo come sempre Francesco Meli (Macduff) in una parte peraltro non proibitiva (una perla però, la sua Ah, la paterna mano) ed autorevole il Banco di Riccardo Zanellato, per il quale Muti ha quasi... imposto l’applauso di commiato dopo la sua brutta fine nella quarta scena dell’Atto II. Bella voce da tenore leggero ha sciorinato Riccardo Rados (Malcolm) conducendo il finale Arrivano-i-nostri. La damigella di Lady e il medico, Antonella Carpenito e Vito Luciano Roberti hanno dignitosamente completato il cast. Domestico, sicario, araldo e prima apparizione erano impersonati da artisti del coro (Vito Roberti, Giovanni Mazzei, Egidio Naccarato e Nicolò Ayroldi) mentre le altre due apparizioni erano cantate da due voci bianche (Pietro Beccheroni e Arianna Fracasso).

Successo grandissimo, siglato da ovazioni per tutti: davvero una serata da incorniciare.

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