affinità bombarole

rinsaldato il patto atlantico

03 giugno, 2021

laVerdi romantica

Oleg Caetani fa il suo ritorno alla guida de laVerdi per il terzo appuntamento dei sette che danno corpo a questa stagione di riapertura al pubblico.

Come si sa, le perduranti regole anti-Covid - e in particolare quelle che impongono il distanziamento -  condizionano la programmazione, che deve limitarsi ad opere che possano essere efficacemente presentate anche con una formazione orchestrale necessariamente ridotta a non più di 35-40 strumentisti, date le dimensioni del palcoscenico dell’Auditorium. (Per le recenti trasmissioni in streaming l’orchestra a ranghi completi occupava anche quasi metà della platea!)

Ecco quindi un programma - musiche caratterizzate da serenità e ottimismo, certificati dal RE maggiore che le accomuna - che fa di necessità virtù, comprendendo due brani adeguatamente gestibili da un complesso poco più che cameristico.

E tale possiamo immaginare fosse l’orchestra degli allievi del Vienna Stadtkonvikt, dove (si ipotizza) il sedicenne violinista/corista Franz Schubert vide eseguita, a fine ottobre 1813, la sua Prima Sinfonia, poi rimasta inascoltata per decenni.

Mozart, Beethoven ma soprattutto Haydn sono i chiari modelli ispiratori di questo lavoro, come testimonia subito l’Adagio iniziale, 20 battute che introducono, proprio à-la-Franz-Joseph, l’Allegro vivace in RE maggiore (4/4 alla breve) che dà corpo al primo movimento. Movimento in canonica forma-sonata, con esposizione di un primo tema spigliato e abbastanza conciso, seguito da un secondo sulla dominante LA, questo più cantabile e soprattutto assai più corposo, con motivi complementari in imitazione. É lo stesso secondo tema il protagonista dello sviluppo, chiuso sorprendentemente dal ritorno - ampliato - del tema dell’Introduzione, che prepara la ripresa: al primo tema segue il secondo, ora adeguatosi alla tonalità principale, che sfocia in una lunga e melodrammatica cadenza conclusiva a piena orchestra.

L’Andante che segue (scolasticamente in SOL maggiore, 6/8) è sostanzialmente bitematico, ma la struttura è più complessa della classica A-B-A: il tema A ha un sapore liederistico, cantabile, e viene subito ripetuto. Gli subentra, con un drammatico accordo di MI minore, il tema B, più cupo e introverso, a dispetto di qualche breve virata in maggiore. Torna il tema A, ma si direbbe inquinato dal MI (minore e maggiore) del B, fino ad una fermata in corona puntata sulla dominante RE. Poi ci sono altre 8 battute di transizione prima di tornare al tema A, che viene ripetuto e seguito dalla cadenza che porta sommessamente alla conclusione.

Come di prammatica, ecco poi il Menuetto (Allegro, 3/4) di struttura classica e semplice, ma significativamente energico, fin quasi ad anticipare certo Bruckner! Presenta una prima sezione di 18 battute (che chiude sulla dominante LA) e poi una seconda di 22 (con modulazione a SI minore) più la ripresa della prima sezione allungata (22 battute, chiusa sul RE) entrambe da ripetersi. Poi, più tranquillo e rilassato, il Trio, sempre in RE maggiore, pure in due sezioni, di 9 battute (chiusa sul LA) e 26 battute (incipit dalla dominante e chiusa sulla tonica) da ripetersi. Infine si torna al Menuetto, senza ripetizioni.

Chiude il Rondo (4/4 Allegro vivace, RE maggiore) di struttura assai articolata, che comporta l’impiego di quattro motivi fra loro mirabilmente intrecciati.

Viene esposto subito il primo gruppo tematico A, costituito da due frasi in RE maggiore, la prima (a1, 16 battute) piuttosto delicata, danzante; la seconda (a2, 19 battute) più marziale, che chiude con un un’impertinente cellula (a3, che occuperà poi un ruolo importante) ripetuta 4 volte ad altezze diverse, finendo sulla dominante. Il gruppo tematico viene subito riproposto, ma dopo la frase a1 identica, la seconda ora viene sviluppata assai (34 battute) insistendo sulla cellula a3, e porta verso LA maggiore, tonalità del tema B. Un tema di 8 battute, esposto da fagotto e violini, subito ripetuto dagli strumentini a canone, e poi seguito dalla cellula a3, che con una lunga transizione conduce inaspettatamente al ritorno della frase a2, sempre in LA maggiore.  

Qui Schubert ne inventa una davvero nuova: il tema B si smagrisce e si oscura, in flauto e fagotto, poi diventa balbettante nei violini e infine torna (fagotto e violini) incredibilmente in tonalità di FA maggiore! Dopo essere stato ripetuto dagli strumentini a canone, lascia spazio ancora alla cellula a3, sempre in FA maggiore ma abbrunata da lamenti (quinta - sesta abbassata - quinta) di oboi e clarinetti. Sempre a3 a tener banco in una lunga transizione che lentamente degrada nei legni verso l’accordo di settima di dominante di RE. E qui torna il gruppo A, riesposto come all’inizio, salvo una battuta extra (cellula a3) alla fine. 

Ora Schubert si diverte a portare a1 in minore, poi usa la cellula a3 per virare alla relativa FA maggiore e, da qui prende la rincorsa per riproporre a2 in SIb maggiore! É sempre a3 a riportarci a RE maggiore, tonalità di impianto cui ora si adegua canonicamente anche il tema B, esposto da clarinetto e violini e ripetuto da strumentini a canone. Immancabilmente torna a3 e si ripropone una transizione che porta alla lunga, pomposa coda, basata sulla frase a2, arricchita dalla presenza di una versione di a3 ancor più marcata ed enfatica.

Insomma, il ragazzino aveva proprio imparato bene le lezioni dei grandi della prima scuola!  

___

E per un piccolo ensemble di 9 strumenti (quartetto d’archi più flauto, 2 clarinetti, fagotto e corno) era stata concepita nel 1857 (e per la prima volta eseguita due anni dopo) la Prima serenata del 24enne Johannes Brahms. Che successivamente ci fece un paio di upgrade per orchestra sinfonica quasi... (mancando tromboni, arpa e percussioni) romantica.

Insieme al concerto pianistico (Op.15) si ritiene che questa sia una delle due principali opere propedeutiche al tardivo ingresso di Brahms nell’arena sinfonica, che Beethoven aveva sostanzialmente prosciugato e che era stata poi rispettosamente frequentata solo dalla coppia Mendelssohn-Schumann.

___

Caetani, che in Schubert non aveva fatto sconti ai da-capo presenti nella partitura, qui ne ha evitati un paio, ma direi senza far danni, anzi. Se nella Sinfonia aveva tenuto un approccio classico, con una gestione misurata di tempi e dinamiche, in Brahms (diretto a memoria) ha invece sciorinato qualche personale idea interpretativa, come la foga con cui ha attaccato l’iniziale Allegro molto, o l’aplombe (forse eccessivo, per me almeno) tenuto per il Menuetto

Ma il successo non è comunque mancato, per il Direttore e per l’Orchestra, specie per la sezione dei fiati che si è ben distinta (perdoneremo una svirgolata di corno) soprattutto in Brahms.

27 maggio, 2021

laVerdi tutta rosa

Per il secondo concerto di questa mini-stagione estiva laVerdi stabilisce un record nell’applicazione delle quote-rosa: compositrice, interprete e direttrice!

Silvia Colasanti (ospite in-residence) presenta in prima assoluta una composizione commissionatale dalla Fondazione: La voce di Eschilo, per soprano e orchestra. Valentina Varriale ne è l’interprete e per l’occasione Karen Kamensek sale per la prima volta sul podio dell’Auditorium (rimpiazzando una sua compatriota yankee, Alondra de la Parra, originariamente in locandina).   

L’opera è stata composta nell’ultimo anno sotto l’inevitabile influsso della pandemia che ha colpito il mondo seminando sciagure e morte. Ecco perchè il sottotitolo è l’ultimo verso delle Coefore, nella libera ma poeticissima traduzione di Pier Paolo Pasolini: Dove si disperde, infine spento, il Canto della Morte?

I tre frammenti di Eschilo - tratti da parti esclusivamente affidate al coro - sono proposti dalla voce (in lingua greco-antica) e supportati con grande discrezione dall’orchestra, che anima un tappeto sonoro piuttosto aspro, in omaggio al pessimismo che emana dal testo.

da Primo stasimo, versi iniziali. (La Natura scatena la sua potenza devastatrice)
Infinite cose orrende, nere visioni, 
la Terra crea...
Il mare partorisce mostri mortali...
Fra la terra e il cielo
guizzano scie di fuoco:
e tutto ciò che batte le ali
o striscia al suolo
puo testimoniare la rabbia
del vento in tempesta.

da Esodo(Meditazione sul dolore)
Nessuno di noi può passare una vita
di dolore senza portarne il segno:
è appena finita un’ansia
che un’altra incomincia.

da Esodo, versi finali. (Dilaniante rapporto con la morte) 
E ora per la terza volta ci travolge il vento…
Ma è speranza o disperazione?
Dove si dirige?
Dove si disperde, infine spento,
il canto della Morte?

I 15 minuti scarsi del brano poggiano - in omaggio a Eschilo e alla musica greca - sulle scale in modo eolio e dorico (diciamo, per gli amici... LA minore e RE minore) che si alternano in una struttura tripartita (corrispondente ai tre frammenti testuali) A-B-A. Nelle due sezioni esterne la voce insiste particolarmente sul MI, toccando anche il DO acuto. L’incedere è lento e lamentoso, come si addice al testo, e ricorda vagamente lo Sprechgesang. Curiosamente il brano chiude con la voce sola che si perde sulla sensibile melodica, SOL#...

Caloroso successo per la Colasanti, salita sul podio a raccogliere meritati applausi, per la Varriale, pienamente immedesimatasi nella parte, e per la Kamensek che ha diretto con gesto preciso e sicuro.    

___

L’Ouverture della Zauberflöte ci riporta all’utopismo massonico nella capacità dell’Uomo di progredire sulla via della conoscenza e della saggezza (cioè l'opposto del percorso di tale Salvini...)

Ma in fatto di quote-rosa c’è da dire che la massoneria non gode propriamente di buona fama, se proprio il sommo Sarastro così si esprime, rivolto a Pamina, a proposito del ruolo femminile nella società: Un uomo deve guidare i vostri cuori, poiché senza di lui suole ogni donna deviare dalla via che le è propria.

Nel ginepraio della cabala massonica sappiamo che il magico numero 3 rappresenta l’Uomo (ma non l’essere umano, no, proprio il maschio, il sole) mentre alla donna è riservato - un gradino sotto - il numero 2. Il numero 5 rappresenterebbe allora l’unione fra maschio e femmina, ovvero la femmina fecondata dal maschio!

Che c’entra tutto ciò con Mozart? Osserviamo proprio l’Ouverture: che è in MIb maggiore, tonalità quanto mai simbolica, musicalmente e... cabalisticamente (per via dei 3 bemolli); tonalità che chiuderà in gloria anche l’opera. Mozart, che la compose proprio a ridosso della prima (venerdi 30 settembre 1791) la apre con il celebre Dreimalige Akkord, i tre accordi che nel second’atto si udiranno ancora ripetutamente, nel mondo massonico di Sarastro. Quindi, esotericamente, sempre il magico 3: 3 accordi di 3 note ciascuno (tre triadi) con 3 bemolli in chiave.

Però attenzione, il triplo accordo si ripete alla fine dell’esposizione, prima dello sviluppo del tema principale, ma questa volta sul SIb maggiore (2 bemolli, la femmina!) Ed è in questa tonalità dominante, e non in MIb, che verrà ripetuto nell’opera. Perchè? Vuoi dire che Mozart si prendeva gioco di Sarastro e del magico numero 3?

Beh, osserviamo allora più da vicino le due ricorrenze del Dreimalige Akkord nell’Ouverture, partendo dalla seconda, che ha una struttura assai regolare: 6 battute suddivise in tre sezioni di 2, ciascuna delle quali ospita una delle tre esposizioni della triade (fondamentale, primo e secondo rivolto: SIb-RE-FA / RE-FA-SIb / FA-SIb-RE) con scansione orizzontale di tre note: semicroma-minima-minima. Quindi tutti multipli di 3: 3 triadi, 6 battute, 9 note... ma uno dei multipli è 2 (la donna!) Come detto, a parte la diversa strumentazione, questa forma assai regolare tornerà nel corso dell’opera.

Invece l’attacco dell’Ouverture in MIb maggiore è piuttosto sghembo, oltre che più sbrigativo: 3 sole battute che recano i tre accordi. Il primo su una sola minima, il secondo e il terzo su semicroma-minima, quindi in tutto una scansione di 5 note, il 3+2 che tira i ballo la donna! Ma in più, il secondo accordo non è il primo rivolto di MIb maggiore (SOL-SIb-MIb) ma - innalzando il SIb di un tono intero - il secondo rivolto di DO minore (SOL-DO-MIb) il che abbruna provvisoriamente l’ineffabile atmosfera.

Insomma, forse sarà il caso di rivedere certe teorie (o dietrologie) che sono nate attorno ai riferimenti extramusicali dell’opera. Ma alla fine l’importante è che la simpatica e cicciottella Karen abbia guidato, anzi trascinato i ragazzi ad una prestazione maiuscola.

___

Infine la Settima di Antonín Dvořák: la seconda, stando al primitivo catalogo predisposto dallo stesso autore, che considerava evidentemente puri esercizi accademici le prime 5 (poi la 5 originale fu recuperata come 1, per poi rinumerare le future 8 e 9 come 4 e 5... insomma un divertente guazzabuglio, prima del reintegro delle sorellastre nel novero cabalistico delle nove). Opera composta nel 1884 su commissione della londinese Philharmonic Society, ma anche sull’onda del rinnovato interesse del pubblico per la sinfonia, promosso dalle ultime imprese del grande Johannes Brahms.

Che il buon ceco non esitava a citare nelle sue composizioni, compresa questa, dove il secondo tema del primo movimento è un chiaro tributo all’amico-sponsor, di cui è copiato quasi alla lettera il tema dell’Andante del Secondo Concerto per pianoforte; e anche nel secondo movimento (Poco Adagio) l’assolo del corno (discesa mediante-tonica-dominante) mostra la sua chiara ascendenza brahmsiana (dall’Adagio del concerto per violino); e infine Brahms fa capolino anche nell’Allegro conclusivo, in quell’inciso giambico chiaramente mutuato dal primo movimento della Sinfonia in DO minore. (Ma Dvořák non dimenticava nemmeno Beethoven, a giudicare da una cadenza dello Scherzo, che ricorda assai il tracotante tema dell’Egmont...  

La tonalità di RE minore, una certa cupezza di atmosfere ed anche un primitivo sottotitolo (poi rimosso dal compositore) hanno portato taluni a definirla come Tragica, ma si tratta di definizioni abbastanza arbitrarie (come, per dire, quella affibbiata alla sesta di Mahler). In realtà Dvořák sembra qui voler strafare, forse per stupire gli albionici che lo avevano onorato della commissione... Poi, certo, sentiamo immancabili tracce di folklore boemo, ma qua e là si sconfina in velleitarismi e retorica.

La Kamensek (che ha ripreso la bacchetta abbandonata per Mozart) dirige con gesto ampio ed appariscente che mi ha un po’ ricordato la Xian... L’Orchestra ha risposto alla grande e alle uscite finali ha imposto un applauso ritmato per lei, segno di un’intesa subito creatasi con questa 50enne di Chicago.

20 maggio, 2021

laVerdi ha riaperto al pubblico

Il 39enne Krzysztof Urbański, polacco trapiantato alla... 500Miglia, già recentissimo ospite de laVerdi per due streaming con Rachmaninov e Dvorak, ha fatto ieri gli onori di casa (si replica questa sera) per la sospirata riapertura al pubblico dell’Auditorium di Largo Mahler, tornato alla configurazione-Covid-in-presenza: circa 300 posti e meno di 40 strumentisti sul palco, per via delle regole in vigore. 

Programma ultra-classico, con Ouverture, Concerto solistico e Sinfonia: Mozart in sandwich beethoveniano.

Apre infatti l’Ouverture Coriolan, illustre rappresentante (insieme a Egmont) del Beethoven impegnato. Urbański ne mette bene in risalto i contenuti eroici e quelli romantici, quelli concitati e quelli più rilassati e contemplativi: un modo convincente per rompere il ghiaccio.

Ecco poi Dejan Lazić (da Zagabria ma ormai cittadino del mondo... Austria, Olanda) pochi anni sulle spalle più del Direttore, esibirsi nel K488 di Mozart. Un tempo criticato per qualche eccesso di esteriorità (tipo Lang Lang, per dire) oggi deve essere assai maturato e il suo Mozart ne è uscito valorizzato in pieno. Chiamato ripetutamente alla ribalta, non ci fa mancare questo bis scarlattiano (rispetto al video ieri è stato assai più... Allegro!)

Infine la Prima, l’inizio promettente di un cammino che avrà tappe memorabili e stabilirà il termine di paragone per il sinfonismo fin ben dentro il ‘900! Qui ancora aleggia qualcosa di Haydn e Mozart e la forzata riduzione dell’organico orchestrale cade a proposito, per restituirci la freschezza e la leggerezza del brano. Grande successo e applausi ritmati per questo Direttore che ritroveremo (14 e 15 luglio) agli Arcimboldi per la chiusura in bellezza (con la Nona...) di questa mini-stagione estiva.  

Infine, che dire? Grande emozione per questa rimpatriata, ragazzi accolti all’ingresso sul palco con un caldo applauso che ricordava quello della... puntata precedente (1 luglio scorso) che speriamo proprio - alla buonora i proverbi - non si debba più ripetere in futuro!

12 maggio, 2021

Ritorno alla Scala

Il neo-ottantenne Maeschtre ieri sera ha guidato i suoi Wiener nella seconda serata di riapertura del Piermarini al pubblico.

Pubblico contingentato, ma che - credo grazie alla scappatoia della congiuntivite - ha riempito i palchi come non accade spesso nelle serate operistiche delle stagioni normali:

In compenso, la platea...

Dei Wiener ovviamente non si può dir che bene, se dall’ormai lontanissimo 1842 sono sulla cresta dell’onda, grazie alla cura che han sempre messo nel coltivare l’eccellenza sul piano artistico, ma anche quella sul piano della gestione di un organismo assai complesso e delicato (il tentativo di imitazione che proprio la Scala intraprese, con Abbado, ormai quasi 40 anni fa, ha sempre stentato proprio su quest’ultimo aspetto...)

Di Muti mi par di dover constatare che con l’età tende sempre più ad... ascetizzarsi (si può dire?) Tipo Celibidache o Klemperer, ecco: dalla Meerestille alla Quarta di Schumann alla Seconda di Brahms è stato tutto un gran sostenuto, nobile e austero, per carità, ma anche un tantino pedante.

E persino il Kaiserwalzer (regalo finale, preceduto da un lungo pistolotto... commemorativo) è stato contaminato dall’ascetismo.

In ogni modo, adesso che il ghiaccio è stato rotto, aspettiamo da via Filodrammatici qualche buona notizia sul futuro.  

06 maggio, 2021

Anche laVerdi getta il cuore oltre l’ostacolo

Ieri pomeriggio Ambra Redaelli (Presidente) e Ruben Jais (Direttore Generale e Artistico) hanno presentato in anteprima le principali tappe della ripartenza.

Intanto notizie confortanti (dati i tempi grami) riguardo lo stato di salute della Fondazione, che sta ormai raggiungendo l’obiettivo di riportare in termini sostenibili la propria situazione finanziaria, che in un passato lontano ma anche recente era stata un po’ un incubo perenne: dall’ipertrofico debito complessivo di quasi 55 milioni di € del 2015 si è passati a fine 2020 a meno di 10!

Alto, ma forse non disastroso, nonostante tutto, il calo di PIL del 2020, retrocesso a 7 milioni rispetto ai 9,5 del 2019 (-26,3%), nonostante i più che dimezzati proventi dal botteghino: il sostegno di istituzioni pubbliche, di generosi sponsor privati e dei numerosi appassionati ha quindi limitato i danni.

Pur fra mille difficoltà, l’Orchestra si è fatta udire in più di 150 concerti. Particolarmente positiva l’audience dei concerti in streaming, seguiti da più di mezzo milione di utenti.

___

Jais ha quindi presentato le linee-guida della ripartenza: dal 19 maggio al 1° luglio l’Auditorium di Largo Mahler (ripristinato alla configurazione Covid, max 500 posti) ospiterà 7 concerti, sempre nei giorni di mercoledi e giovedi:

19-20/5    Krzysztof Urbański (Mozart-Beethoven)

26-27/5    Alondra de la Parra (Colasanti-Mozart-Dvorak)

2-3/6       Oleg Caetani (Brahms-Schumann)

9-10/6     Alpesh Chauhan (Campogrande-Poulenc-Mendelssohn)  

16-17/6   Thomas Guggeis (Copland-Ciajkovski-Brahms)  

23-24/6   Kolja Blacher (Mendelssohn-Mozart)  

30/6-1/7 Claus Peter Flor (Mozart-Brahms)  

Da luglio a settembre l‘Auditorum verrà sottoposto ad una cura... disintossicante: sostituzione di tutti gli impianti di aerazione e condizionamento, in ottica transizione-ecologica. Nel periodo di chiusura per lavori l’Orchestra potrà provare nella sala Abanella (sala prove della Scala) per preparare i concerti successivi.

Al Teatro Arcimboldi:

7-8/7      Manuel Coves (Turina-Bizet)  

14-15/7  Krzysztof Urbański  (Beethoven 9a)

E infine concerti all’aperto tra luglio e agosto.

___

Il 12 settembre - incrociando le dita - Concerto inaugurale 21-22 alla Scala.

04 maggio, 2021

Muti torna alla Scala (con i Wiener...)

Martedi 11/5 Riccardo Muti torna alla Scala (che riapre al pubblico il 10 con Chailly) per una tappa di un tour insieme all’Orchestra viennese, che prevedeva concerti in mezza Europa ma che si ridurrà ai soli tre italiani (Ravenna il 9, Firenze il 10 e appunto Scala l’11). Cancellati tutti gli altri impegni (6 a Bruxelles, 7 a Parigi, 13-14-15-16 a Vienna): insomma, l’Italia si distingue per coraggio... aperturista!

Il programma del concerto (sempre lo stesso per tutte le date, confermate o cancellate) comprende la Calma di mare di Mendelssohn, la Quarta di Schumann e la Seconda di Brahms. (Per la verità a Ravenna il programma sarà spezzato su due appuntamenti - pomeriggio e sera - uno con Schumann e l’altro con Brahms.)

Avendo rocambolescamente arraffato uno dei rari ingressi disponibili, non vedo l’ora di tornare dentro il Piermarini, rimasto per me tabù dall'ormai remoto 16 ottobre (Mehta-Mahler).
    

03 maggio, 2021

Musica del 1° Maggio

È uscito oggi su Il Fatto Quotidiano un fulminante commento di Selvaggia Lucarelli sulla vicenda Fedez-RAI a proposito del concerto dello scorso 1° Maggio.

Come premio di consolazione... un ritorno alle origini.


23 aprile, 2021

Firenze ringrazia... Salvini

Sì, è vero che al capitano interessava riaprire soprattutto ristoranti e non teatri, tuttavia senza volerlo ha fatto un gran favore all’offerta culturale del Maggio, che si è fiondato sulla preda con fantastico tempismo, programmando la riapertura dell’OF al pubblico per lo stesso 26 sera!

Qualunque sarà il risultato della scommessa di Draghi (incrociamo le dita...) di sicuro un eventuale e disgraziato esito negativo potrà essere imputato a chiunque fuorchè agli appassionati dell’arte e della musica, che nessuna occasione concedono allo sbifido Covid per diffondersi ulteriormente: perchè a teatro si va come ad una funzione religiosa, non certo come ad una movida o ad una partita di calcio.

Quindi, complimenti e in bocca al lupo al Maggio!

 

22 aprile, 2021

Brahms da Torino e Milano

In attesa di capire che succederà dal 26 in fatto di musica in presenza, continuiamo ad accontentarci di quella in... assenza.

Poco fa da Torino abbiamo potuto ascoltare e vedere l’OSN RAI che ci ha proposto due esecuzioni a mio giudizio (sempre con i limiti legati all’ascolto tecnologico) di grande livello: la Terza (soprattutto, per me) e la Prima di Brahms dirette da Daniele Gatti, che ritornerà il 29 per completare il ciclo con Seconda e Quarta.

Domani laVerdi prosegue a sua volta il suo ciclo sinfonico di Brahms propio con la Terza diretta da Flor, ciclo che si chiuderà a maggio con la Quarta.


16 aprile, 2021

Si parla solo di riaperture

Mentre continuiamo a dover accontentarci dei pur meritori streaming (poco fa laVerdi ha ripreso dopo la sosta pasquale con una pregevole Seconda di Bramhs diretta da Flor) si comincia a parlare di riaperture serie e... irreversibili (questa me la segno subito).

Al primo posto c’è sempre qualunque cosa non abbia rigorosamente a che fare con la cultura: quindi avanti col cibo, con il fitness, con la cura della persona (dai capelli ai... piedi) e naturalmente con lo sport più popolare, il calcio, che ormai si appresta ad ammettere sugli spalti migliaia di tifosi che non vedono l’ora di sfogare il loro... tifo appunto e di assembrarsi gioiosamente ad ogni gol o numero degli eroi della pedata.

A chi osserva che in cinema e teatri non si va normalmente a fare il tifo, ma ad assistere - in religiosa compostezza e opportunamente distanziati - a spettacoli prodotti con i massimi livelli di sicurezza, si fa osservare come si tratti pur sempre di luoghi chiusi, dove il virus rischia comunque di circolare e poi c’è il solito problema di tutto ciò che accade fuori (prima e dopo lo spettacolo): insomma... meglio soprassedere ancora per un po’, ecco.  

___

Chi può offrire spettacoli all’aperto gode ovviamente di qualche vantaggio: ad esempio Macerata e Martinafranca hanno già annunciato i rispettivi Festival che potrebbero risentire poco dei problemi da Covid.

Invece nel panorama comunque un po’ depresso delle iniziative culturali spicca un caso di apparente irresponsabilità, quello del ROF-XLII, il cui programma presenta la stessa identica struttura che ha caratterizzato almeno le ultime 20 edizioni (2020 esclusa): tre opere principali in cartellone, per 4 repliche ciascuna, una serata concertistica (lo Stabat) la serata conclusiva con un Gala al rinnovato Palafestival, più i due Reims accademici e concerti di canto quanto basta. E il tutto esclusivamente in luoghi chiusi! Non solo, ma le piante dei luoghi del festival ripropongono pari-pari la struttura di posti standard: ad esempio quella del Teatro Rossini sembra prevedere l’intera platea disponibile per il pubblico... (e gli orchestrali tornano in buca con tanti saluti a distanziamenti e sicurezza?) Stessa cosa per la Vitrifrigo Arena, che presenta come disponibili tutti i suoi 1200 e più posti!

Insomma, pare che a Pesaro abbiano intenzione di esorcizzare tutti i virus e varianti messi insieme... a noi non resta che fargli (e farci) i migliori auguri!