Zelensky e l'alternativa lose-lose, fra perdere:

la dignità VS l’alleato che ti chiede di perderla 

30 novembre, 2025

Tjeknavorian da camera al Gerolamo.

Come pre-riscaldamento per il concerto russo del pomeriggio in Auditorium, questa mattina il Tjek ha portato nella preziosa bomboniera del Teatro Gerolamo alcuni archi della sua Orchestra Sinfonica di Milano per offrirci, al loro fianco e non sul podio, un concerto cameristico davvero sontuoso: Brahms e Strauss!

Ecco quindi lo splendido Sestetto op.18 n°1, per tre coppie di violini, viole e violoncelli. Con il Tjek erano, da sinistra a destra, Nicolai Freiherr von Dellingshausen (spalla dell’Orchestra), le viole di Kirill Vishnyakov e Miho Yamagishi, e i celli di Nadia Bianchi e Tobia Scarpolini.

Esecuzione da incorniciare. Il Tjek non ha nemmeno bisogno di indicare gli attacchi, tanta e tale è la perfetta intesa con gli amici che lo accompagnano; si limita a sguardi d’intesa con il dirimpettaio Scarpolini. E per il resto mostra un perenne sorriso di beatitudine nel condividere, con gli altri cinque e con noi, questo Brahms giovane, ancora non austero e burbero, ma laicamente sereno e distaccato.

L’emozione è grande, quasi a strappare lacrime di appagamento.

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Poi ecco le profondissime Metamorphosen straussiane, un autentico distillato di tutta la musica occidentale, prodotto da un protagonista assoluto del passaggio dall’epico tardoromanticismo al turbolento ‘900, proprio nei giorni più bui della nostra storia. Qui il brano, composto per 23 strumenti ad arco (10-5-5-3) viene eseguito in una trascrizione per settimino (Rudolf Leopold, 1996, sulla base di un manoscritto di Strauss rinvenuto nel 1990): ai sei musicisti del sestetto di Brahms si aggiunge, dietro agli altri, tra viole e celli, il contrabbasso di Joachim Massa.

Beh, se davvero quel manoscritto è autentico, bisogna dire che Strauss aveva visto giusto a pensare ad un organico ridotto (sul tipo del sestetto di Capriccio) poi ampliato a 23 archi per compiacere il committente/dedicatario/benefattore Paul Sacher. Naturalmente, se ad eseguirlo è un gruppo di autentici solisti, trascinati dal loro ispirato leader.  

Sotto l’ultimo rigo della partitura, dove è citato il tema della Marcia funebre della Quinta beethoveniana, Strauss vergò il motto IN MEMORIAM!

Il Tjek ha voluto perciò rispettare un minuto di silenzio (del tutto appropriato peraltro rispetto alle presenti luttuose circostanze…) tenendo l’archetto a mezz’aria: qualcuno fra il pubblico ha cominciato ad applaudire assai prima, poi zittito dal… silenzio generale.


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