Il mio tour per le visioni live (tipica frase nell’idioma italico…) delle tre opere in cartellone di questo ROF è organizzato a ritroso: quindi ho iniziato ieri (in un’Arena occupata per non più dell’80%) da Adelaide di Borgogna, che è una nuova produzione, la seconda nella storia del ROF dopo quella del 2011, allora affidata a Pier’Alli. La registrazione video (mutilata della Sinfonia) è disponibile su youtube e fu effettuata al Teatro Rossini proprio alla rappresentazione del 16 agosto, quando ero anch’io presente e alla quale si riferiscono alcune mie note di commento.
Il titolo del post si spiega ovviamente in riferimento alla regìa di Arnaud Bernard. Che ha impiegato il trucco, vecchio quanto il… teatro, di mostrarci appunto un soggetto di teatro-nel-teatro, con totale commistione fra l’ambiente (falso e bugiardo per definizione) del teatro e quello, vero, prosaico e a volte miserevole, della vita di ogni santo giorno. Così lo spettacolo è infarcito di mille dettagli che nulla hanno a che vedere con il serioso soggetto originale, ma molto con l’avanspettacolo: screzi fra cantanti e fra interpreti e regista, intoppi di ogni tipo alle prove dell’opera e soprattutto privati amoreggiamenti e tradimenti. Insomma, per tornare al titolo del post, vediamo in scena un soggetto di cui è esempio preclaro il lavoro di Leoncavallo.
Peccato che per quest’ultimo il
soggetto intendesse programmaticamente presentare la citata commistione
fra teatro e vita. Nulla di più lontano quindi dalle intenzioni e dagli
obiettivi di Rossini e del suo librettista Giovanni Schmidt. Ergo
possiamo dire, senza tema di smentite e rimanendo perfettamente seri, che
questa produzione è una (simpatica perchè incruenta?) pagliacciata!
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Venendo a cose serie, il povero Francesco Lanzillotta è stato vittima di un incidente stradale, in moto, che gli è costato qualche frattura. Perciò ha dovuto dare forfait per le tre restanti recite e sul podio è salito il promettente Enrico Lombardi che, come spesso accade a chi viene inopinatamente catapultato alla ribalta (e così anni fa fu proprio per Lanzillotta chiamato a sostituire Chung), ha sfruttato a meraviglia l’occasione per confermare le sue doti, con una direzione sicura e autorevole.
L’OSN-RAI lo ha assecondato (o
forse… guidato?) nell’impresa. Così come il coro di Farina del Ventidio
Basso, cui ci verrebbe da rimproverare qualche (ehm…) sfasatura, non fosse
che fosse la volta bbuona anch’essa parte dei trucchi del regista!!!
Prima di dire delle voci soliste,
va premesso che – come sempre - dal vivo le cose appaiono (o si sentono, nella
fattispecie) sotto-dimensionate rispetto a quanto contrabbandato dalle riprese
tecnologiche (microfoni-in-bocca). Ma i maschi (e insomma, diamogli ciò
che è loro diritto naturale, una volta tanto) hanno tenuto gagliardamente botta:
primo fra… due Riccardo Fassi, un Berengario che si sentiva anche da… Rimini; ma anche l’Adelberto
di Renè Barbera, che ha sfoggiato tutto ciò che gli è concesso da madre
natura.
Non proprio così le due femminucce (Peretyatko e Abrahamyan) protagoniste
della relazione LGBTQ+, che hanno mostrato qualche problemino nella cosiddetta ottava
bassa…
Ma infine per tutti c’è stato un meritato trionfo (insomma, 7-8 minuti totali) che ripaga il cast (un po’ meno il regista…) dell’abnegazione dimostrata nell’affrontare disgrazie, sia quelle programmate che quelle materializzatesi on-the job.
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