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04 ottobre, 2018

Il futuro del teatro musicale italiano, secondo Isolde


No, Tristan non c’entra (o c’entra da lontanissimo...) ma è Paolo Isotta il soggetto di questo post.

Il nostro ha scritto ieri sul benemerito (complimento mio personale) Il Fatto Quotidiano un autentico libello contro la situazione attuale del teatro musicale in Italia.

Già il titolo la dice lunga:

Abbassiamo subito tutti i sipari. Per 5 anni


La premessa è lapidaria:

Attorno a me non vedo che desolazione, rovine, e un livello artistico e culturale così abietto da toglierti per sempre la voglia di andare all’Opera. 

Poi ci fa sapere a cosa, secondo lui, dovrebbero servire le Fondazioni lirico-sinfoniche:

...Come i musei, le gallerie, i monumenti. Ma questi sono tenuti in vita per preservare e offrire al pubblico il più ricco patrimonio artistico mondiale, quello della civiltà italiana. L’essenziale fisionomia di questo patrimonio d’arte e di cultura si completa solo con la musica. La sola ratio per la quale le Fondazioni ricevano le centinaia di milioni di euro loro destinati sarebbe che fossero i musei della civiltà musicale, italiana in primis, mondiale poi.

E invece, ecco come siamo messi (sempre selon Isolde):

I teatri servono in gran parte per le demenziali masturbazioni dei registi (Michieletto, De Rosa, etc), lodati da quei marchettisti dei cosiddetti critici musicali che nessuno legge più e hanno a disposizione spazi irrisori su giornali che nessuno legge più.

E chi va a teatro? e chi li governa, i teatri?

A teatro vanno solo sfaccendati, pensionati, vedove benestanti, che non capiscono nulla e applaudono sempre; o turisti ancor più ignari. Non conosco un sol soprintendente che abbia un minimo di cultura e persino di intelligenza: sono solo furbastri, capaci di galleggiare e animati da cupiditas serviendi persino quando non ne ricavano utile.

Ci sono anche nomi e cognomi di buoni e cattivi:

In tutti i teatri italiani esistono solo tre direttori artistici competenti e colti (posso fare i nomi: Meli, Nicolosi, Vlad) ma sovente sono costretti a fungere da segretari artistici a sovrintendenti che o preferiscono farsi preparare le compagnie dalle agenzie o fanno lavorare i raccomandati di Nastasi – o, adesso, il figlio della Casellati. 

Ora le proposte radicali:

Paghiamo i dipendenti lasciandoli a casa fino alla pensione. Si risparmierebbe su tutto il resto.

e infine:

Ma chiuderli tutti (i teatri, ndr) e subito. Per cinque anni. Poi, scrivere una nuova legge che li consideri musei, non circhi equestri, impedendo che diventino il ricettacolo di Nino D’Angelo, Alessandro Siani, Maradona, Bellavista…. Musei con lo scopo di far conoscere il patrimonio della cultura musicale.

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Beh, la terapia sarà pure contestabile, ma - secondo me - la diagnosi non è proprio così sballata...

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